Human-centered design nel marketing farmaceutico
Un design di prodotti e servizi a misura d’uomo si presta facilmente a essere impiegato nei settori healthcare e pharma
Che cos’è lo human-centered design?
Lo human-centered design ribalta il canonico processo di design di prodotti e servizi, partendo dalle persone intese come esseri umani prima ancora che utenti finali. Con questo termine, infatti, si intende un vero e proprio mindset con cui viene affrontata la realizzazione di nuove soluzioni per risolvere i problemi e soddisfare i bisogni delle persone, una cornice che fa tenere conto della prospettiva umana in ogni step del processo di design.
Per comprendere meglio, si possono osservare alcuni dei principi sui quali si basa lo human-centered design quando ben applicato. Innanzitutto con questo approccio il focus deve essere sulle persone, che sono quelle che useranno concretamente il prodotto o usufruiranno del servizio, non utenti astratti, ma esseri umani veri e propri. Sono loro, non altri, che avranno tra le mani un qualcosa di nuovo e sempre loro lo utilizzeranno per ottenere benefici o raggiungere determinati obiettivi, per questo bisogna sempre immaginare per chi si sta costruendo.
Agire secondo lo human-centered design vuol dire anche non concentrarsi su un’unica fase dello user journey, ma pensare all’intera esperienza che fa l’utente, che dovrebbe essere sempre positiva in ogni suo momento. A tale scopo, lo human-centered design si propone anche di fare continui test per individuare eventuali problematiche: questi test, però, devono essere verosimili, fatti cioè coinvolgendo persone reali che siano rappresentative del target a cui il prodotto o il servizio sono destinati.
Quali differenze tra human-centered design, design thinking e user experience design?
Accanto allo human-centered design convivono discipline molto affini, ma che differiscono dallo l’human-centered design per alcuni aspetti. Per meglio dire: l’human centered design è un concetto che sta sopra diversi approcci di design e che raccoglie al suo interno metodologie di sviluppo come come il design thinking o lo user experience design, che hanno fatto nascere anche l’esigenza di nuove professionalità e verso le quali le aziende in cerca di innovazione hanno rivolto la loro attenzione.
Lo human-centered design è dunque un mindset, un modo di approcciarsi che mira ad assicurarsi che prodotti o servizi in via di sviluppo migliorino realmente le vite degli utenti finali. Implica coltivare una certa empatia con le persone per cui si sta disegnando qualcosa, condividendo con loro idee e prototipi.
Il design thinking è invece, secondo una definizione di IDEO, un approccio human-centered all’innovazione, che fa attenzione all’essere umano, ma soprattutto alle persone, intese come utilizzatore finale di prodotti e servizi: infatti, è l’approccio usato solitamente per realizzare soluzioni che si basano sul mercato di riferimento.
Per quanto riguarda lo user experience design, questa è una delle discipline che utilizza un approccio human-centered e mira ad aumentare la soddisfazione dell’utente attraverso usabilità e accessibilità date dall’interazione con il prodotto o servizio.
Quali sono i vantaggi dello human-centered design?
Un design pensato a misura d’uomo ha indubbiamente dei benefici sia per gli utenti che per le aziende produttrici: i design realizzati secondo questo approccio, infatti, riescono a soddisfare le esigenze degli utilizzatori, con meno intoppi, difficoltà d’uso, effetti avversi, perché sono sicuramente facili da usare o comunque semplici da capire, più intuitivi. Questo è anche un modo di scongiurare un impegno eccessivo all’area di supporto tecnico, con un risparmio in termini di risorse anche economiche.
I clienti delle aziende che lavorano secondo i principi dello human-centered design sono più appagati, soddisfatti, perché ciò che hanno tra le mani risponde alle loro esigenze. Ecco che l’impresa sarà anche più competitiva, pronta sicuramente ad avere maggiori profitti.
Human-centered design in sanità e nelle imprese pharma
Un tempo il marketing aveva al centro del suo messaggio esclusivamente il brand e persino l’approccio cliente-centrico sembra ormai qualcosa di superato, perché adesso si tende sempre più a dare una risposta ai veri bisogni delle persone. Tutto questo è possibile se l’azienda lavora con una metodologia human-centered, quindi appare chiaro come questo approccio si sposi perfettamente con le attività di sviluppo di imprese farmaceutiche o di aziende che erogano servizi relativi alla salute.
I designer che lavorano con questo mindset, infatti, ascoltano e comprendono il pubblico a cui si rivolgono, creano per lui dei messaggi adatti alla capacità che ha di capire e realizzano soluzioni che si calano perfettamente nel contesto di riferimento. Nel caso dell’industria farmaceutica ciò permette di innovare e creare prodotti e servizi che siano in sintonia con il paziente, perché la sua esperienza viene messa al centro di tutto il processo che porta al risultato finale.
L’obiettivo del design thinking è indubbiamente affine a quelli che dovrebbero essere gli obiettivi del settore healthcare, come raggiungere il paziente con informazioni e procedure chiare, migliorare le tecnologie che utilizza per il suo benessere, semplificare i trattamenti che può fare a casa. Pure il mondo farmaceutico ha davvero molte possibilità di applicazione del design thinking, grazie ai vari touchpoint che ha con i pazienti, dalla sperimentazione alla diagnosi, fino naturalmente al trattamento.
Immettere sul mercato prodotti o servizi human-centered per un’impresa pharma potrebbe significare fare la differenza rispetto ai competitor: oltre a dare una migliore esperienza all’utente, infatti, tale approccio permette di raccogliere dati fondamentali per ricerca e sviluppo. Basti pensare alla difficoltà e lentezza che si riscontrano nel radunare dei big data non strutturati, quando la velocità di analisi degli eventi avversi potrebbe fare la differenza per la sicurezza dei pazienti ma anche per i profitti dell’azienda stessa.
Il flusso di questi dati in tali aziende è infatti ormai sempre maggiore e sempre più veloce, dunque è necessaria una trasformazione all’interno dell’impresa. Lo human-centered design, quindi, si rivela una chiave per sfruttare al meglio i big data e la loro gestione, ma come? I designer per esempio possono creare delle rappresentazioni visive dei big data, analizzarle e condividerle con tutti gli stakeholder aziendali, che recepiscono le informazioni catalogate a diversi livelli di comprensione e profondità.
Il design thinking, quindi, non è solo più una disciplina appannaggio dei creativi, ma dovrebbe entrare a far parte nelle competenze aziendali, a maggior ragione nelle industrie che si occupano di farmaceutica e benessere in generale. Se si pensa al primo principio alla base di questo approccio appare evidente il perché: il primo passo dell’human-centered design è l’empatia e sicuramente una capacità di questo genere è indispensabile quando si fa qualcosa che incide sulla vita delle persone che nella loro quotidianità hanno a che fare con malattie, farmaci e cure. Per di più, ponendo un forte accento sulle fasi di prototipazione e di test, i risultati si avvicineranno il più possibile alle reali esigenze dei pazienti, così che l’idea iniziale, verificata con casi reali, si faccia concreta ed effettivamente utile.
Esempi di applicazione di human-centered design nell’healthcare
Ci sono svariati esempi concreti di utilizzo dell’approccio human-centered nel design di prodotti e servizi dedicati al benessere delle persone. Spesso si tratta di oggetti di tecnologia che migliorano il momento della diagnosi o il percorso ospedaliero, ma sono molte anche le soluzioni che fanno riferimento alla cura in generale o alla terapia farmacologica. A vantare gran parte degli strumenti di successo partiti dal design thinking è IDEO, l’azienda che ha contribuito alla diffusione di questo approccio.
- Prime, la piattaforma digitale per gestire la schizofrenia. Questa piattaforma è nata per contribuire ad alleviare i sintomi tipici di questa patologia e migliorare la qualità della vita dei pazienti, specialmente dei giovani. In particolare si ha a che fare con un’app intuitiva, che propone stimoli e comportamenti ideali per combattere l’isolamento.
- PillPack, un servizio online per gestire meglio la terapia domiciliare. Come funziona? Il medico può mandare le ricette con la prescrizione direttamente online e il sito farmaceutico si occupa di far arrivare a casa pillole e medicine di ogni genere già preparate in maniera personalizzata, suddivise per giorni della settimana e momento della giornata in cui vanno assunte, dunque un ottimo aiuto per la gestione in autonomia.
- Countour Next One, per monitorare la glicemia. Il sistema è fatto da un dispositivo che misura in maniera classica la quantità di glucosio nel sangue, che i diabetici sanno gestire da soli, ma associato a un’app per il monitoraggio dell’andamento, che dà anche dritte sull’attività fisica e i pasti da preparsi.
- App di ospedali e cliniche. Non solo all’estero, ma anche in Italia, molte realtà ospedaliere si sono dotate di applicazioni per mobile attraverso le quali gli utenti possono visionare i propri risultati degli esami di laboratorio, prendere appuntamenti e ricercare professionisti per le proprie visite specialistiche.
- Macchinari per la diagnostica. Il momento di un esame è sempre un momento di tensione, che genera ansia, paura e spesso è causa di una scarsa cura di sé, tanto che a volte determinate malattie vengono scoperte troppo tardi proprio perché si è evitato di sottoporsi a una semplice risonanza magnetica o mammografia. Due particolari soluzioni da citare sono proposte dalla GE Healthcare: una è un apparecchio per risonanze adattato ai bambini, che cerca di edulcorare il momento dell’esame trasformandolo in quella che per loro è un’avventura, l’altra è un apparecchio per la mammografia che cerca di rassicurare le donne con suoni, colori, musiche in un ambiente tranquillizzante.
L’empatia con le persone e in questo caso con i pazienti può dunque fare la differenza. Come suggerisce Marie Hartmann, Design Director e Partner di Designit, piuttosto che pensare a come curare una malattia, l’industria farmaceutica dovrebbe chiedersi come la vita di tali pazienti possa essere migliorata.