Nobel per la Medicina per i vaccini contro il Covid
Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato a Katalin Karikó e Drew Weissman, biochimica e immunologo, per i loro studi sull’mRNA
Quest’anno il premio Nobel per la Medicina è un riconoscimento al lavoro di Karikó e Weissman, che da molti anni studiano il funzionamento dell’RNA messaggero, la molecola chiave per lo sviluppo dei vaccini contro il Covid-19. Dalla fine degli anni ’80 Karikó porta avanti ricerche su questa molecola, ma è solo dal 2010 che l’interesse intorno al lavoro suo e di Weissman si è ampliato, prima per le possibili applicazioni contro il MERS-Cov e contro lo Zika, poi contro il Covid-19.
Il Nobel per la Medicina 2023
Il 2 ottobre è stato assegnato il Nobel per la Medicina 2023 a Katalin Karikó e Drew Weissman, per le loro “scoperte sulle modifiche alle basi azotate dei nucleosidi che hanno reso possibile lo sviluppo dei vaccini a mRNA efficaci contro il Covid-19”.
La biochimica ungherese e l’immunologo statunitense da anni studiano il potenziale dell’mRNA contro molte malattie e lo sviluppo in tempi così rapidi di un vaccino efficace contro il Covid-19 (approvato nel dicembre 2020) è stato possibile grazie alle loro ricerche, che hanno portato a una nuova comprensione del funzionamento della molecola di mRNA rispetto al sistema immunitario.
Weissman ha commentato l’assegnazione dell’ambito riconoscimento sottolineando come questo risultato non sarebbe stato possibile se fossero stati soli e non avessero unito le loro risorse e ricerche, grazie alle quali “milioni di vite sono state salvate e il mondo è tornato ad aprirsi”.
Il premio consisterà in una somma in denaro, 11 milioni di corone svedesi (circa 1 milione di euro), e la cerimonia di premiazione si terrà come ogni anno il 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel, fondatore del premio, a Stoccolma.
Gli studi di Karikó e Weissman
Katalin Karikó è una biochimica ungherese e dalla fine degli anni ’80 lavora negli Stati Uniti come ricercatrice, prima all’Università della Pennsylvania, dove tuttora insegna, e poi come vicepresidente della BioNTech RNA Pharmaceuticals. Oggi insegna anche all’Università di Szeged in Ungheria, dove lei stessa ha iniziato il suo percorso di studi.
È la tredicesima donna ad aver vinto il Nobel per la Medicina (fra queste anche l’italiana Rita Levi-Montalcini nel 1986), ma per arrivare a questo risultato ha incontrato numerosi ostacoli, primo fra tutti lo scetticismo verso le sue ricerche sull’mRNA, che per buona parte della sua carriera hanno faticato a trovare finanziamenti.
L’incontro negli anni ’90 con l’immunologo Drew Weissman, anche lui all’Università della Pennsylvania dal 1997, è decisivo per entrambi. Nel 2005 raggiungono un risultato fondamentale: capiscono come modificare le basi azotate dei nucleosidi dell’mRNA al fine di ottenere un vaccino funzionante, che riduca la risposta infiammatoria e aumenti la produzione di specifiche proteine, utili contro determinate malattie.
Se l’applicazione contro virus come il MERS-Cov e lo Zika non ha dato risultati particolarmente brillanti, come tutti sappiamo così non è stato per il vaccino contro il Covid-19. I grandi investimenti del 2020 hanno portato Moderna e BioNTech/Pfizer alla messa in commercio di un vaccino a mRNA contro il Covid-19 con un’efficacia del 95% e che secondo le stime dell’Agenzia Europea per i Medicinali ha salvato 20 milioni di vite.
I vaccini a mRNA
L’RNA messaggero, scoperto nel 1961, è una molecola incaricata di fornire istruzioni alle cellule per produrre proteine necessarie al funzionamento di tutto l’organismo. Karikó e Weissman avevano capito da tempo le sue potenzialità applicate alla prevenzione di alcune patologie.
Il principio dei vaccini a mRNA è quello di inoculare una molecola di RNA messaggero, appunto, che contenga le istruzioni per produrre una determinata proteina, ma per molto tempo l’interazione con il sistema immunitario non h portato ai risultati sperati. Questo almeno fino alla scoperta di Karikó e Weissman (2005) delle modifiche da apportare alle basi dell’RNA messaggero affinché da un lato riducesse la risposta infiammatoria e dall’altro aumentasse la produzione di proteine.
I vantaggi dei vaccini a mRNA riguardano la loro versatilità e la facilità di aggiornamento rispetto ai metodi tradizionali (che prevedono l’inoculazione del virus inattivato o attenuato), e questo apre a nuove possibilità di vaccini contro l’influenza, l’AIDS e i tumori.