Orti urbani: i vantaggi che germogliano dagli spazi verdi

Le realtà sostenibili per coltivare frutta e verdura in città

La pandemia ci ha fatto capire quanto sia importante pensare alla propria salute anche a partire dall’alimentazione. Avere frutta e verdura fresche a km 0 oggi è possibile ovunque, anche in città. Abitare in un centro urbano, infatti, non ci preclude la possibilità di consumare prodotti bio coltivati sui balconi e i rooftop, all’interno di serre adeguatamente attrezzate, oppure in spazi collettivi a pochi passi da casa.

Se per riuscire a far crescere qualcosa di buono in modo autonomo fra le mura di un appartamento ci sono alcuni ostacoli innegabili, per coltivare la propria frutta e verdura sfruttando un know-how condiviso ci sono sempre più incentivi, sia economici che sociali. A scandagliare l’argomento ci aiuta Fabrizio Scardigli, agronomo e garden designer che ci apre gli occhi sulle nuove e lungimiranti prospettive del co-farming.

Coltivare un orto in città

Natura e condivisione sono due parole chiave al centro delle conversazioni più importanti degli ultimi anni e sono i due pilastri su cui ci piacerebbe far proliferare il nostro futuro e quello delle prossime generazioni. Natura e condivisione, nel concreto, sono anche i due elementi fondanti dell’orto urbano, uno spazio verde di proprietà comunale destinato a coltivazioni per uso domestico la cui gestione è affidata per un periodo di tempo concordato ai cittadini, spesso organizzati in associazioni.

Gli orti sociali, conosciuti anche come orti collettivi o condivisi, rappresentano una via praticabile per chi desidera seguire dalla A alla Z la nascita e la crescita di prodotti sani e biologici e non ha le possibilità di avere uno spazio verde da dedicare all’agricoltura a casa propria. Gli orti condivisi solitamente sono delimitati da recinzioni o siepi, sono posizionati sul suolo, oppure sui tetti di grandi palazzi e sono dotati di un impianto di irrigazione e altre strumentazioni necessarie per la coltivazione. Visti come uno strumento per riqualificare zone degradate o dismesse, gli orti sociali sono spesso situati nella prima periferia.

Riguardo al tema degli orti verticali, invece, Fabrizio ci tiene a sottolineare che non bisogna confondere i piccoli orti indoor con le grandi serre dedicate al vertical farming: “nel secondo caso si tratta di grandi opere di ingegneria high-tech gestite da professionisti. Questi raccolgono dati attraverso una serie di sofisticati sensori all’interno della struttura e danno gli input ai macchinari utilizzati per le coltivazioni. Per il vertical farming non servono contadini, ma scienziati.

Quello dell’agricoltura verticale è un settore a sé, che coinvolge esperti in illuminazione, controllo della temperatura e dell’umidità e di macchinari tecnologici.” Il vertical farming è quindi da intendersi come una realtà prettamente nord europea e americana, nata dalla necessità di ricreare le condizioni ideali per una coltivazione varia in modo artificiale.

A cosa fanno bene gli orti urbani

Gli orti urbani sono un toccasana per l’uomo, per l’ambiente e per l’economia. Come ricorda il nostro agronomo, “negli ultimi anni, sono molte le forme di agricoltura alternative che vogliono distiguersi dai metodi di coltivazione “tradizionali” basati sul desiderio incontrollato di aumentare la produttività abbattendo i costi il più possibile. Questi modelli irresponsabili non fanno che depauperare le risorse naturali in tempi record, rendendo l’agricoltura largamente dipendente da prodotti chimici e creando squilibri sia socio-economici che ambientali.”

Fra i metodi concepiti nell’ottica dello slow food si inseriscono gli orti condivisi. “In risposta all’impatto negativo dell’agroindustria delle ultime decadi, sentiamo la necessità e l’urgenza di implementare metodi alternativi di produzione e di consumo che rispettino e favoriscano la biodiversità e la tutela dei più piccoli ecosistemi.”

Quindi, per sintetizzare i grandi vantaggi degli orti condivisi, potremmo dire che:

  • Tutelano la biodiversità agricola
  • Favoriscono la riscoperta del valore della terra
  • Sensibilizzano i più giovani sull’importanza delle iniziative sostenibili
  • Limitano gli sprechi alimentari
  • Regolano il microclima locale
  • Promuovono la sinergia fra coltivatore e cittadino
  • Permettono di monitorare la filiera e di visitare l’ambiente in cui crescono i prodotti alimentari
  • Stimolano grandi e piccini a fare un uso costruttivo del proprio tempo libero
  • Sono centri aggregativi per contrastare la solitudine
  • Consentono di spendere meno grazie a una filiera agroalimentare corta

In più, con l’avvento del digitale, i frutti degli spazi coltivati con pratiche sostenibili possono arrivare lontano in pochissimo tempo. Grazie a piattaforme come Babaco Market, YouFarmer e ad altre realtà locali è possibile affittare un appezzamento di terreno a distanza e ricevere direttamente a casa box di frutta e verdura bio con un abbonamento settimanale o mensile.

La storia e il trend positivo di questo fenomeno

L’orto urbano non è certo un’invenzione recente. I primi orti urbani nascono a fine Ottocento, con i ‘jardin ovrieurs’. Da un’intuizione di Jules Lemire, politico e uomo di cultura, questi giardini operai avevano un duplice obiettivo: generare risorse economiche e alimentari e sviluppare e rinsaldare i rapporti familiari. In Italia, invece, gli orti urbani fanno la loro comparsa un po’ più tardi, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, quando gli spazi verdi pubblici vengono messi a disposizione della popolazione per coltivare legumi e verdure per meri fini di sostentamento.

Oggi, la diffusione degli orti urbani in Italia è inarrestabile. Una ricerca di Coldiretti mette in luce come nei principali capoluoghi d’Italia questo fenomeno sia cresciuto del 36,4% in soli 5 anni. Dopo i vari lockdown, sono sempre di più gli italiani che coltivano piccoli appezzamenti di terreno, pubblici o privati, per avere sulla propria tavola ortaggi e legumi genuini, trascorrere del tempo all’aria aperta e risparmiare sulla spesa alimentare. Anche l’ISTAT registra un’espansione degli orti urbani, precisamente del 4%, per una superficie coltivata di circa 2 milioni di metri quadri in 77 capoluoghi.

A incentivare i singoli cittadini ad aderire a iniziative di questo tipo sono anche i bonus erogati dallo stato: il bonus verde del 2020 consiste in una detrazione del 36% sulle spese sostenute per la sistemazione di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e per la realizzazione di pozzi.

Oltre a prendere in considerazione l’ortoterapia, valuta l’idea di provare anche la terapia forestale e la fitoterapia!