Dalla dengue alla febbre gialla: arrivano le linee guida unificate dell’OMS
Fino ad oggi, l'OMS non aveva mai redatto un unico documento per la gestione delle principali arbovirosi: scopriamo perché e a cosa servono!
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato le sue prime linee guida integrate per la gestione clinica delle malattie trasmesse dalle zanzare infette del genere Aedes: dengue, chikungunya, Zika e febbre gialla. Perché ora?
L’iniziativa dell’OMS è una risposta concreta a una crisi sanitaria globale caratterizzata da miliardi di persone che vivono in aree a rischio e un numero di infezioni in costante crescita a causa dei cambiamenti climatici, dell’urbanizzazione e del boom dei viaggi internazionali.
L’aumento dell’incidenza e la comparsa delle zanzare in nuove aree richiedono che i medici siano in grado di riconoscere tempestivamente la malattia e di gestire i casi secondo linee guida basate sull’evidenza. Tuttavia, questo compito è reso complesso dalle difficoltà nel distinguere clinicamente queste infezioni, soprattutto nelle fasi iniziali.
Quali arbovirosi preoccupano l’OMS?
Per la prima volta, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccolto in un solo documento le principali indicazioni operative per contrastare le quattro malattie più rilevanti trasmesse dalle zanzare del genere Aedes, vettori artropodi di arbovirus, note per l’elevata contagiosità e il rischio di complicanze severe. In particolare:
- la dengue è causata da uno dei quattro sierotipi del virus della dengue (appartenente alla famiglia Flaviviridae) e si trasmette principalmente attraverso le zanzare Aedes aegypti e Aedes albopictus. È la più diffusa e il rischio di forme gravi aumenta in caso di una seconda infezione da un sierotipo diverso;
- la chikungunya è provocata da un alphavirus del genere Togavirus. Sebbene raramente fatale, è nota per essere caratterizzata da febbre e dolori articolari molto intensi che possono persistere per mesi, anche dopo la fase acuta;
- il virus Zika si trasmette soprattutto attraverso le punture delle zanzare del genere Aedes, anche se può diffondersi anche per via sessuale o dalla madre al feto durante la gravidanza. Viene costantemente monitorato per il suo potenziale legame con malformazioni e complicazioni neurologiche fetali;
- la febbre gialla è una malattia a carattere emorragico provocata da un flavivirus e presente in modo endemico in diverse aree dell’Africa e dell’America Meridionale. Il virus può causare insufficienza epatica, ittero e morte. È prevenibile con un vaccino, ma ancora oggi causa epidemie mortali in assenza di copertura.
Linee guida OMS: perché ora?
Secondo i dati dell’OMS, più di 5,6 miliardi di persone vivono in aree a rischio di trasmissione di queste malattie. Infatti, pur essendo originarie delle zone tropicali e subtropicali, le zanzare Aedes stanno rapidamente colonizzando anche le aree a clima temperato grazie a una sorprendente capacità di adattamento.
In Italia, così come nel resto d’Europa, si osservano ormai casi autoctoni di arbovirosi. Solo nei primi sei mesi del 2025, l’Istituto Superiore di Sanità ha segnalato 83 casi confermati di dengue, 51 di chikungunya e 4 di Zika, tutti legati a viaggi in zone endemiche. Nonostante l’assenza di focolai locali rilevanti, il Paese continua a monitorare attivamente la diffusione delle arbovirosi in linea con quanto stabilito dal Piano Nazionale di Prevenzione, Sorveglianza e Risposta alle Arbovirosi 2020–2025.
Le linee guida globali dell’OMS, quindi, non mirano soltanto a migliorare la gestione clinica dei pazienti, ma anche a prevenire il sovraccarico dei sistemi sanitari durante le epidemie, soprattutto per i Paesi e i medici alle prese per la prima volta con queste emergenze.
Le difficoltà della diagnosi
Uno degli aspetti più problematici nella gestione di queste malattie è la loro sintomatologia iniziale: febbre, mal di testa, nausea, dolori articolari e muscolari e rash cutanei sono sintomi comuni a tutte e quattro le infezioni e, spesso, si sovrappongono anche ad altre malattie febbrili, come l’influenza.
Diagnosticare correttamente le infezioni causate dagli arbovirus può risultare complesso in assenza di test di laboratorio, fondamentali per distinguere tra le diverse malattie e per escludere altre infezioni virali circolanti. In molte aree del mondo in cui queste patologie sono endemiche, l’accesso agli esami diagnostici è limitato e ciò comporta un rischio elevato di diagnosi errate, costringendo i medici a basarsi principalmente sui sintomi e sul contesto epidemiologico locale per decidere come curare i pazienti.
Un altro ostacolo è rappresentato dalla possibilità di ottenere dei risultati “falsati” nei test sierologici, considerando che alcuni virus della stessa famiglia possono dare reazioni incrociate: ciò può accadere, ad esempio, tra dengue e Zika o tra chikungunya e altri virus simili.
Sebbene possano iniziare con sintomi simili, infatti, queste malattie hanno complicanze ed esiti molto diversi: la dengue può evolvere in forme gravi con emorragie e danni agli organi; l’infezione da virus Chikungunya è nota per poter causare disturbi reumatici anche dopo la fase acuta; il virus Zika, solitamente responsabile di sintomi lievi, può però comportare gravi rischi in gravidanza; la febbre gialla, invece, può evolvere in forme severe e potenzialmente letali.
Le nuove linee guida dell’OMS nascono per colmare la lacuna, fornendo agli operatori sanitari e alle autorità di riferimento raccomandazioni basate su criteri clinici facilmente applicabili e utili a orientare la diagnosi e il trattamento anche in assenza di conferme diagnostiche immediate.
Cosa raccomanda l’OMS: le linee guida
La guida dell’OMS distingue chiaramente tra la gestione delle forme non gravi e quella delle forme gravi.
Caso non grave (sospetto o confermato)
Nel primo caso, cioè in assenza di segni d’allarme o complicanze, il trattamento si basa sulla gestione ambulatoriale della corretta idratazione e del controllo della febbre. L’OMS raccomanda:
- la reidratazione attraverso fluidi orali secondo protocolli standardizzati;
- la somministrazione di paracetamolo (fatta eccezione per i pazienti affetti da febbre gialla) o metamizolo (dove approvato) per alleviare febbre e dolori.
All’interno delle linee guida, l’OMS sconsiglia l’uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei o FANS, come l’ibuprofene, a causa del potenziale rischio emorragico (in particolare nei pazienti affetti da dengue).
Anche i corticosteroidi sistemici vengono sconsigliati per la gestione delle forme lievi in quanto non offrono benefici comprovati e possono comportare effetti collaterali.
Secondo alcuni studi, una gestione ambulatoriale ben strutturata riduce significativamente il rischio di peggioramento e ricovero, soprattutto nei primi 4-6 giorni di malattia.
Caso grave (ricovero necessario)
Per i pazienti con forme gravi, cioè quelli caratterizzati da segni clinici di deterioramento (es. ittero, sanguinamenti, alterazioni neurologiche) e necessità di ricovero, l’OMS suggerisce:
- l’uso di fluidi cristalloidi anziché colloidi per la terapia endovenosa;
- il controllo del tempo di riempimento capillare (CTR) in modo da guidare i fluidi somministrati;
- la misurazione del lattato per monitorare la risposta del corpo, fatta eccezione per i pazienti con insufficienza epatica (come nel caso di febbre gialla);
- il test del “sollevamento passivo delle gambe” in caso di pazienti in shock come ausilio per decidere se somministrare ulteriori fluidi.
Tra le raccomandazioni importanti per i casi gravi vi è il non somministrare piastrine preventivamente in assenza di sanguinamento, anche con una conta piastrinica inferiore a 50.000/microlitro, nonché il consiglio a evitare l’utilizzo sistemico di corticosteroidi o immunoglobuline in quanto potrebbe aumentare i rischi.
In caso di insufficienza epatica causata dalla febbre gialla, viene raccomandata la somministrazione endovenosa di N-acetilcisteina (NAC).
Le terapie sperimentali e prospettive future
Il documento apre uno sguardo sulle terapie sperimentali attualmente in fase di studio e sulle possibili prospettive future nel trattamento delle arbovirosi.
Tra le opzioni sperimentali ci sono l’anticorpo monoclonale TY014 (utile per neutralizzare precocemente il virus) e l’antivirale sofosbuvir (possibile efficace contro il virus della febbre gialla), entrambi menzionati come potenziali opzioni da esplorare esclusivamente nell’ambito della ricerca clinica, in attesa di ulteriori dati sulla loro efficacia e sicurezza.
La prevenzione resta il primo strumento
Anche se il documento si focalizza sulla gestione clinica, l’OMS considera centrale il ruolo della prevenzione, sia tramite strategie di controllo del vettore sia attraverso la vaccinazione. Più in particolare propone:
- l’uso di repellenti, zanzariere, abbigliamento che copra la maggior parte del corpo e repellenti per evitare le punture di zanzara;
- il controllo dell’ambiente attraverso le disinfestazioni mirate e l’eliminazione di rifiuti e ristagni d’acqua;
- la vaccinazione. In Italia è disponibile il vaccino Qdenga per la dengue, somministrabile anche a chi non ha mai contratto la malattia. La vaccinazione contro la febbre gialla è un requisito per l’ingresso in molti Paesi endemici; invece, le opzioni preventive per i virus Zika e Chikungunya sono ancora limitate.
Focus dengue: perché il virus resta al centro dell’attenzione?
La dengue continua a essere una delle emergenze sanitarie più critiche a livello globale a causa di una diffusione divenuta esponenziale negli ultimi decenni. Secondo l’OMS, si tratta dell’arbovirus più diffuso e allarmante: oltre 14 milioni di infezioni nel 2024 e più di 10.000 decessi nel mondo, sebbene il numero reale sia probabilmente molto più elevato, considerando la vasta presenza di casi asintomatici o non diagnosticati correttamente.
Il virus è endemico in oltre 100 Paesi, soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali, con un impatto particolarmente grave nelle Americhe, nell’Asia sud-orientale e nel Pacifico occidentale. Tuttavia, sono stati segnalati casi autoctoni anche in regioni temperate, segno di un’espansione geografica facilitata dalle mutate condizioni.
Inoltre, il rischio di evoluzione verso forme severe di dengue aumenta in caso di infezioni secondarie, colpendo soprattutto le categorie più vulnerabili come bambini, donne in gravidanza e anziani, il che rafforza la posizione dell’OMS che considera questa malattia una priorità tra le arbovirosi.