L’intelligenza artificiale può creare nuove cure?

Scopriamo il ruolo della tecnologia nella ricerca farmaceutica

Nel panorama odierno, permeato dagli strumenti tecnologici, spesso si sente parlare di intelligenza artificiale (IA) e dei danni che questa può apportare alla società. 

Se, come ogni cosa, anche l’IA può presentare alcuni lati negativi, è pur vero che questa prende parte attivamente alla ricerca farmaceutica, riuscendo a collezionare scoperte importanti, in grado di migliorare la nostra vita. 

Attraverso questo articolo cerchiamo di capire in che modo la tecnologia può apportare benefici in campo farmaceutico e superare alcuni limiti “umani”.

 

Il contesto

Prima di addentrarci nelle tecniche utilizzate dall’intelligenza artificiale, è bene fornire un inquadramento sul contesto attuale.

Oggi assistiamo ad una crisi del settore farmaceutico che, nonostante gli sviluppi conosciuti nel settore delle biotecnologie e della chimica combinatoria, registra un calo di farmaci approvati. Nello specifico, si pensa che dal 1950 ad oggi, il numero di farmaci approvati per ogni miliardo di dollari spesi in ricerca e sviluppo sia dimezzato.

 

L’industria farmaceutica mostra la validità del processo indicato con l’espressione “Legge di Eroom”, secondo cui le spese da sostenere per sviluppare un nuovo medicinale diventano sempre più proibitive e raddoppiano ogni nove anni. Questo fenomeno è dovuto principalmente a due ragioni:

  • Innanzitutto va detto che, per una patologia i bisogni di un nuovo farmaco saturano nel momento in cui una molecola entrata in commercio riesce a soddisfare quella necessità. Di conseguenza, alcuni progetti di ricerca scelgono di cessare lo studio nel momento in cui è stata individuata una molecola da altre analisi e magari prediligono altri settori (ovviamente meno affollati);
  • a questo dobbiamo aggiungere che negli anni ‘60 il governo statunitense emanò un emendamento che introdusse l’obbligo per i produttori di farmaci di fornire le prove di efficacia e sicurezza prima dell’approvazione. A partire da quel momento la tolleranza al rischio da parte delle agenzie regolatorie si è abbassata notevolmente. 

 

Questa crisi comporterebbe problematiche non indifferenti ai pazienti, poiché si assisterebbe alla ridotta disponibilità di farmaci in commercio e al conseguente aumento dei prezzi. Ma è qui che fa il suo ingresso trionfante la tecnologia, proponendosi come strada alternativa da percorrere per scoprire nuove soluzioni in ambito medico-farmaceutico.

Gli ambiti in cui l’IA apporta scoperte

Anche per ovviare alla problematica del settore farmaceutico della drastica diminuzione di farmaci approvati, si è andati incontro all’adozione degli strumenti tecnologici che, attraverso le loro potenzialità hanno permesso e permettono tuttora svariati vantaggi nella scoperta di nuove cure

Vediamo nel dettaglio i benefici dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito medico-scientifico:

Risparmio di tempo

Alcuni modelli di apprendimento automatico permettono di individuare specifici composti (durante la fase di progettazione) e di ottimizzare le molecole, minimizzando la loro tossicità durante la fase di test. 

Questa tecnica permette di rendere disponibile un farmaco già dopo 12-18 mesi dall’inizio del programma, con un notevole anticipo rispetto a quanto ci vuole senza l’ausilio dell’IA: dai 10 a 15 anni. Per capirsi con l’IA è possibile concludere il processo nella fase 1, senza dover prolungare il processo, estendendolo alla fase 4 (con grande anticipo).

Oltre a ciò, l’IA permette anche di simulare le proteine e le loro interazioni, riuscendo ad ottenere in poche ore la struttura 3D di un composto, che con i processi tradizionali avrebbe richiesto mesi.

Minor costi

Come affermato poc’anzi, l’IA permette di abbreviare i processi produttivi del farmaco in termini e di tempo e, di conseguenza, richiede un budget inferiore rispetto al procedimento standard.

Nuovi target

L’applicazione dell’IA e dei suoi processi consente di identificare non solo nuove molecole, ma anche nuovi target a cui riferirsi. Infatti le nuove scoperte tecnologiche (dispositivi interconnessi, portatili, indossabili e ingeribili) permettono di sviluppare algoritmi sempre più precisi che possano reperire dati dettagliati sulle persone e, in generale, sul funzionamento dell’organismo umano.

Previsione della risposta all’immunoterapia

Oltre a quanto affermato, l’intelligenza artificiale consente di prevedere la risposta dell’organismo all’immunoterapia nei pazienti oncologici, è quanto afferma lo studio pubblicato a giugno 2022 su Nature Communications, dal titolo “Network-based machine learning approach to predict immunotherapy response in cancer patients”.

 

Nello specifico, la ricerca ha preso in esame più di 700 pazienti, analizzando i loro dati attraverso l’intelligenza digitale. Questa analisi “digitale” ha posto le basi per la scoperta di un algoritmo di apprendimento automatico in grado di prevedere la risposta dei pazienti con tumore gastrico, alla vescica o con melanoma all’immunoterapia. E c’è di più: i dati forniti dall’algoritmo presentano variazioni anche in merito alle tipologie di tumore che il paziente presenta. 

Si tratta di un grandissimo passo avanti per la lotta contro i tumori se consideriamo che l’immunoterapia, in grado di annientare le cellule tumorali, in molti casi risulta purtroppo inefficace. Infatti questa cura appare vittoriosa solo nel 30% dei casi. Per il 70%, invece, la risposta è modesta o addirittura inesistente.

Come funziona?

Come abbiamo detto, tra i maggiori benefici dell’utilizzo di IA per la scoperta di nuove cure troviamo il duplice risparmio di tempo e denaro. Ma come funziona realmente?

 

Per capirsi meglio, a novembre 2021 l’azienda InSilico Medicine ha annunciato la somministrazione ai primi volontari di un farmaco totalmente sviluppato grazie all’uso di algoritmi di intelligenza artificiale. Il farmaco in questione era un inibitore di molecole per il trattamento della fibrosi polmonare idiopatica (la più comune forma di polmonite idiopatica interstiziale, che provoca una fibrosi polmonare progressiva) e lo scopo dello studio esplorativo consisteva appunto nell’analisi del profilo farmacocinetico di questo farmaco, frutto dell’IA.

I risultati sono stati sbalorditivi, sia in termini di denaro che di tempistiche, Infatti il programma pre-clinico è durato solamente 18 mesi, costando 2,6 milioni di dollari, cifra che sarebbe cresciuta notevolmente con i tempi di ricerca tradizionali.

Tutto bello ma…

Ora che abbiamo spiegato a fondo le potenzialità dell’intelligenza artificiale nella scoperta di nuove cure e il suo apporto positivo alla scienza umana, vediamo quali sono gli scalini da superare

Innanzitutto il primo passo da compiere è integrare questi algoritmi nelle attività quotidiane di ricerca e sviluppo. Per beneficiare delle potenzialità dell’IA, infatti, è necessario che le sue metodologie non siano relegate a particolari ricerche isolate, ma che siano implementate nell’organizzazione interna.

In seguito, il secondo scalino da superare è legato all’investimento economico nell’infrastruttura tecnologica, spesso troppo minimo per poter dar vita a progetti che utilizzano le potenzialità del digitale.

Per concludere

Per concludere possiamo affermare che l’intelligenza artificiale fornisce un plus in campo di ricerca scientifica. Come abbiamo visto l’IA permette di identificare i prodotti più efficaci, può ridurre il rischio di insuccesso, oltre a diminuire anche tempistiche e costi di ricerca di nuovi farmaci.

Più in generale, in alcuni casi, le scoperte tecnologiche e informatiche ci permettono di comprendere l’organismo umano a fondo e reperire i dati necessari per costruire nuove cure. Tuttavia, per poter godere appieno delle potenzialità dell’implementazione dell’IA occorre aggiornarsi e fare qualche passo avanti, riconoscendo alla tecnologia il suo ruolo chiave all’interno dei processi di ricerca e sviluppo.