Protetti dal Long Covid con più dosi di vaccino
Indipendentemente dalla variante chi è vaccinato è meno esposto alla conseguenze del Long Covid.
Il Covid-19 che è tutt’altro che un lontano ricordo ma ancora una realtà che, in Italia e nel mondo, provoca contagi e morti, è al tempo stesso un virus che può lasciare degli strascichi in coloro che ne sono stati colpiti.
Per definire questo ultimo aspetto della malattia si è scelto di usare il termine Long Covid e una ricerca, condotta tra il marzo 2020, mese in cui scoppiò la pandemia globale, e aprile 2022 ha dimostrato come i non vaccinati siano più esposti alle conseguenze del Long Covid (41,8%), rispetto a coloro che si sono sottoposti a tre dosi di vaccino (16%).
La ricerca, finanziata dalla Fondazione Humanitas per la Ricerca, è stata condotta dalla Professoressa Maria Rescigno, a capo del laboratorio di immunologia delle mucose e microbiota di Humanitas, oltre che docente di Patologia Generale di Humanitas University, assieme alla vice direttrice sanitaria di Humanitas, la dottoressa Elena Azzolini, e al direttore scientifico di Humanitas, il professor Alberto Mantovani.
I dati sono stati pubblicati sul The Journal of the American Medical Association (JAMA) e lo studio è stato inserito in quello che considerato uno dei primi e più estesi studi condotti da Humanitas sul tema della risposta immunitaria rispetto al Covid-19.
Cos’è il Long Covid e quali sono i suoi effetti
In alcune persone il coronavirus può provocare dei sintomi che possono durare anche settimane o mesi dalla scomparsa dell’infezione e queste conseguenze sono racchiuse sotto il termine di sindrome post-Covid-19 o, appunto, Long Covid.
I tempi di recupero, una volta superata la malattia, sono diversi da persona a persona e se alcuni si sentono meglio dopo appena pochi giorni, altri soggetti possono impiegare anche diverse settimane prima di tornare in piena forma. Chi non guarisce completamente entro 12 settimane è considerato come soggetto vittima di Long Covid e i sintomi più comuni comprendono:
- alterazioni dell’olfatto e del gusto
- ansia
- depressione
- diarrea
- estrema stanchezza
- eruzioni cutanee
- dolore o costrizione toracica
- dolori articolari
- fiato corto
- febbre alta
- formicolio
- insonnia
- mal di testa, mal di gola, mal di stomaco e mal d’orecchi
- palpitazioni
- perdita dell’appetito
- problemi di memoria e di concentrazione (nebbia cognitiva)
- sensazione di malessere
- vertigini
Come è stata condotta la ricerca
Come già detto e come riportato sul sito di Humanitas si parla di Long Covid quando ci si trova davanti ad ‘situazione patologica definita dal perdurare di almeno un sintomo (stanchezza estrema, mal di testa, nebbia cognitiva, perdita dell’olfatto o disturbi del sistema cardiovascolare…) per oltre 4 settimane dallo sviluppo dei primi segnali dell’infezione da SARS-CoV-2’.
Obiettivo di questo studio ‘era identificare la protezione del vaccino rispetto al Long Covid in soggetti positivi al virus, anche asintomatici’ e ‘in questo senso, la popolazione ospedaliera coinvolta è risultata “ideale” perché plurivaccinata, sottoposta a test di ricerca per SARS-CoV 2 ogni due settimane – il che ha reso possibile l’identificazione di asintomatici -, e a test sierologico ogni 3 mesi’.
Il target di popolazione coinvolta aveva un’età media attorno ai 40 anni ed era prevalentemente di sesso femminile (70%), ‘fattori importanti visto che il Long Covid riguarda soprattutto le donne e che ricerche analoghe realizzate in altri Paesi hanno coinvolto over 60 e diversamente vaccinati (con solo due dosi di vaccino mRNA o una dose di Johnson & Johnson)’.
Come riportato nel testo dello ricerca ‘i testi di reazione a catena della polimerasi (PCR) per SARS-CoV-2 sono stati condotti ogni settimana (nei reparti COVID) o ogni 2 settimane (in altri reparti) per personale ospedaliero, o se hanno sviluppato sintomi o sono stati esposti a casi. Tutti gli operatori sanitari dovevano ricevere 3 dosi di vaccino, con la prima e la seconda dose somministrate nel gennaio-febbraio 2021 e la dose di richiamo nel novembre-dicembre 2021’.
Inoltre ‘tra febbraio e aprile 2022, ogni partecipante ha completato un sondaggio che includeva dati demografici, comorbidità, un elenco di sintomi correlati a SARS-CoV-2 al momento dell’infezione e la loro durata e lo stato di vaccinazione. Abbiamo definito Long Covid come la segnalazione di almeno 1 sintomo correlato a SARS-CoV-2 con una durata superiore a 4 settimane. Gli individui ricoverati sono stati esclusi per evitare pregiudizi legati a malattie gravi, così come gli individui con una data di infezione inferiore a 28 giorni prima dell’indagine’.
Sono state incluse, infine, ‘le infezioni asintomatiche nel gruppo delle infezioni acute (non potevano avere un Long Covid per definizione) per evitare di sopravvalutare la prevalenza del Long Covid. L’analisi è stata riservata agli operatori sanitari che sono stati testati ogni 1 o 2 settimane con dati demografici completi e un risultato positivo documentato per SARS-CoV-2 tra marzo 2020 e marzo 2022’.
Entro la data di infezione i pazienti sono stati suddivisi ‘in 3 gruppi corrispondenti ai picchi nei nostri dati e alla circolazione della varianti preoccupanti in Italia. […] Un modello di regressione logistica multivariabile è stato utilizzato per valutare la relazione tra Long Covid e caratteristiche, inclusi sesso dei partecipanti, età, infezione da SARS-CoV-2, ondata e stato di vaccinazione 14 giorni prima dell’infenzione. Il tempo trascorso dalla seconda vaccinazione è stato valutato tra gli individui vaccinati’.
I risultati della ricerca
‘La ricerca ha seguito la pandemia da prima dell’arrivo dei vaccini alle varie fasi della campagna vaccinale. – spiega la Professoressa Maria Rescigno sul sito di Humanitas, – Abbiamo così potuto vedere che la prevalenza del Long Covid passava dal 41,8% quando i vaccini non erano ancora disponibili, al 16% con 3 dosi. Questo conferma l’efficacia di 3 dosi di vaccino contro il Long Covid, indipendentemente dalla variante dei virus’.
‘Abbiamo indagato oltre 40 sintomi con un questionario di oltre 200 domande sottoposte 2560 persone. – conclude la dottoressa Elena Azzolini – I sintomi maggiormente riscontrati sono stati fatigue, debolezza e mal di testa. Lo studio inoltre ha rilevato che, all’aumentare del numero di comorbidità, ma soprattutto di allergie, il rischio di sviluppare Long Covid è stato statisticamente più significativo, a prescindere dalle vaccinazioni’.
Come affermato da Caroline Zeiss, professoressa di medicina comparata alla Yale School of Medicine ed autrice senior di uno studio che prevede che forse entro due anni il Covid-19 passerà allo stato endemico (restando dunque nelle nostre vite), ‘c’è un’immunità abbastanza buona, ma in tempi relativamente brevi svanisce. E quindi, anche se un animale o una persona è stato vaccinato o infettato, è probabile che diventi di nuovo suscettibile’.
‘Il virus’, ha spiegato la Zeiss, ‘circolerà costantemente. Non possiamo presumere che una volta raggiunto lo stato endemico che tutti siano al sicuro’.
E probabilmente dovremo continuare a convivere con le conseguenze a lungo termine del Covid-19.