Tumore al polmone: risultati incoraggianti grazie a nuove cure

Al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) sono sorte importanti novità nel trattamento di questa patologia

Il cancro al polmone rappresenta la principale causa di morte al mondo, considerando i casi legati ai tumori. Un tumore difficile da trattare e che nel 2020, solo in Italia, ha fatto registrare 41.000 nuovi casi. Si tratta di una delle neoplasie che spaventano maggiormente, ma un approccio inedito ha dato risultati molto incoraggianti: nuovi studi sono stati presentati al Congresso della Societa’ americana di oncologia clinica (ASCO), svoltosi a Chicago.

Il problema delle ricadute

Solo un quarto dei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) sono diagnosticati come malattia in fase precoce, e quindi eligibili per l’intervento chirurgico.  L’aggiunta di chemioterapia perioperatoria, ovvero in prossimità dell’intervento, con doppietta a base di platino (quindi combinazione di due agenti chemioterapici assieme) ha incrementato di 5 anni la sopravvivenza globale, rispetto alla sola chemioterapia. Tuttavia, più di metà di questi pazienti subisce una ricaduta nei 5 anni, nonostante la chemio e l’intervento, e la sopravvivenza rimane inaccettabilmente bassa. 

Troppo spesso la malattia è scoperta in fase avanzata e le diagnosi in stadio precoce, candidabili all’intervento chirurgico, non superano il 25% – afferma Federico Cappuzzo, Direttore dell’Oncologia Medica 2 all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma – Ad oggi, l’intervento chirurgico è considerato l’unico strumento per ottenere la guarigione definitiva. Una percentuale compresa tra il 30% e il 55% dei pazienti però sviluppa recidiva dopo la chirurgia, confermando quindi una forte necessità di opzioni aggiuntive”.

L’aggiunta di atezolizumab (anticorpo monoclonale) come adiuvante, nella migliore terapia di supporto dopo la doppietta a base di platino, ha innalzato anch’essa la sopravvivenza. Ma ancora, torna una delle principali sfide da superare nel campo dei tumori al polmone, ovvero la resistenza all’immunoterapia: molti pazienti, dopo un periodo iniziale di beneficio, tendono ad avere nuovamente una progressione ed evoluzione della malattia. 

Quali sono le novità quindi?

È emerso che la combinazione di immunoterapia e chemioterapia, somministrata prima dell’intervento chirurgico (neoadiuvante), funziona nel tumore del polmone in stadio iniziale e può aumentare il numero delle guarigioni.

L’immunoterapia ha rivoluzionato le prospettive di cura, ponendole in uno scenario articolato e sempre più personalizzato per ogni paziente. – evidenzia Cappuzzo – Fino a 10 anni fa una diagnosi di tumore al polmone invasivo, avanzato o metastatico, corrispondeva quasi sempre ad una prognosi infausta. Oggi, grazie all’immunoterapia con nivolumab, molecola che in Italia ha ricevuto la rimborsabilità, la prognosi e la qualità di vita di molti malati è migliorata”. 

Lo dimostrano i dati aggiornati dello studio di fase 3 CheckMate-816, in cui l’associazione di nivolumab e chemioterapia (come è stato fatto per il tumore gastrico) è stata somministrata a persone con NSCLC operabile. Nei pazienti che, dopo il trattamento con chemio-immunoterapia, ottengono la risposta patologica completa, cioè non presentano più segni di malattia, la riduzione del rischio di recidiva supera l’80%.  La sperimentazione ha preso il via un anno fa, e sta arruolando oltre 100 pazienti che non rispondono più alle cure di prima linea con chemio e immunoterapia. Si tratta di uno studio che coinvolge 20 centri italiani e 10 centri francesi e spagnoli.

Inoltre, “aumentano anche i pazienti candidabili all’intervento. Oggi, infatti, i pazienti con malattia non metastatica non operabile sono trattati con la chemioradioterapia, ma l’impatto dello studio CheckMate-816 è tale da poter portare a una modifica nella cura delle persone con malattia localmente avanzata, finora escluse dalla chirurgia“, rileva Cappuzzo. Se nella neoplasia in fase precoce la guarigione costituisce un obiettivo reale, nella patologia metastatica le terapie mirano a migliorare la sopravvivenza a lungo termine e alla cronicizzazione.

Non finisce qui

Non solo, c’è di più. Al Congresso ASCO sono stati presentati anche i risultati a 3 anni della duplice immunoterapia con nivolumab più ipilimumab, associata a cicli limitati di chemioterapia (due invece dei ‘classici’ quattro o sei), in prima linea nel tumore del polmone non a piccole cellule metastatico. Questo è ciò riguarda lo studio CheckMate -9LA.

A tre anni, è vivo il 27% dei pazienti trattati in prima linea con la duplice terapia immunoncologica, rispetto al 19% con la sola chemioterapia“, spiega Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano. Per quanto riguarda lo studio CheckMate -9LA, l’obiettivo è continuare a migliorare la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti con malattia metastatica. I pazienti hanno ricevuto solo due cicli di chemioterapia, a distanza di 21 giorni: la chemioterapia, quindi, termina in meno di un mese, e si prosegue con la sola immunoterapia.

È come se ci fossero due motori, elettrico e a benzina, che al momento della partenza funzionano insieme”, spiega Filippo de Marinis, “in circa il 30% dei pazienti, infatti, servono almeno 3-4 mesi perché l’immunoterapia diventi efficace. Con questo schema possiamo quindi superare il limite critico di 3-4 mesi necessari per riavviare il sistema immunitario in alcuni pazienti, senza che ci sia progressione di malattia”. 

CheckMate -9LA è stato condotto su più di 700 pazienti, e i dati si riferiscono anche a due sottogruppi tradizionalmente a prognosi sfavorevole (bassa espressione del biomarcatore PD-L1 e istologia squamosa). Nel primo caso, la sopravvivenza globale a 36 mesi ha raggiunto il 25% rispetto al 15% con la sola chemioterapia, nel secondo il 24% rispetto all’11%. 

Insomma, i benefici a lungo termine dell’immunoterapia si sommano con l’efficacia immediata della chemioterapia nella fase critica iniziale di stimolazione del sistema immunitario. In aggiunta, la riduzione della durata della chemioterapia rende le cure più tollerabili e migliora la qualità di vita del paziente. Si rafforza quindi, concludono gli oncologi, il valore di questo schema terapeutico, rimborsato dallo scorso gennaio anche in Italia.