Chi era Barbara McClintock, Premio Nobel per un’importantissima scoperta sui geni
Biologa genetista statunitense, per anni le sue considerazioni non sono state prese in considerazione dalla comunità scientifica
Riceve il Premio Nobel 35 anni dopo le sue scoperte e il suo incredibile apporto alla scienza. La biologa statunitense Barbara McClintock, grazie ai suoi studi sul mais, ha donato conclusioni innovative sui trasposoni e, quindi, sulla trasposizione genetica. L’intuizione avuta, così rivoluzionaria, e il suo essere donna le hanno portato a una poca credibilità o, addirittura, a un diniego da parte della comunità scientifica per anni, anzi, meglio dire per decenni: il riconoscimento del suo lavoro è avvenuto, infatti, 30 anni dopo quelle scoperte, quando ormai si era ritirata a vita privata… meglio tardi che mai!
Chi è Barbara McClintock
Nata nel Connecticut nel 1902 da mamma pianista e pittrice e da padre medico, è una bambina determinata, amante della solitudine e del baseball. Alle superiori si appassiona alla scienza e da qui decide di iscriversi al Cornell University Collage of Agricolture, dove studia biologia; inizialmente questa scelta non fu pienamente accettata dalla madre, ma, nonostante questo, si laurea nel 1923 e ottiene il dottorato nel 1925.
Brillante, ostinata, appassionata, la McClintock durante gli anni del collage si contraddistingue non solo per le sue doti culturali, ma anche per il suo carattere anticonformista: suona il banjo in un gruppo, esibendosi nei locali della città, indossa spesso pantaloni e porta con disinvoltura i capelli corti.
Durante questi anni di università, si appassiona alla botanica, intensificando e approfondendo gli studi; grazie al docente Claude Hutchinson riesce a partecipare al corso di genetica all’epoca chiuso alle donne.
Le scoperte scientifiche
Si appassiona alla citogenetica vegetale, una disciplina che studia e supera il processo della genetica classica, aggiungendo a quelle canoniche, le analisi al microscopio dei cromosomi che si trovano nelle cellule vegetali. Rimane coinvolta talmente tanto da questo mondo che, nel 1931, insieme alla dottoranda Harriet Creighton, si inizia a parlare di “crossing over”, la ricombinazione genetica tra due cromosomi diversi.
Siamo negli anni ’40, in questi anni scopre l’esistenza dei trasposoni e la loro capacità di spostarsi all’interno del cromosoma o tra cromosomi diversi. Prima professore assistente all’Università del Missouri, poi ricercatrice a Washington, continua i suoi studi sul mais e su alcune anomalie dei cromosomi, utilizzando i raggi X. Questo processo di instabilità cromosomica, scoperto dalla McClintock, si chiama “breakage-fusion-bridge (BFB) cycle” e viene tutt’oggi utilizzato, soprattutto per la sua implicazione nelle cellule tumorali.
Nel 1951 presenta e pubblica i suoi lavori e le sue scoperte sui trasposoni su svariate riviste scientifiche.
La risposta della comunità scientifica
Come può aver accolto delle scoperte tanto innovative, formulate da una donna, la comunità scientifica? Esattamente come immaginate: c’è chi l’ha fatto con diffidenza e chi con ostilità. Negli anni ’50, infatti, la comunità scientifica era prettamente maschile, le donne erano pochissime e questo pose la McClintock su un piano diverso rispetto a quello dei suoi colleghi. Inoltre, le scoperte fatte erano di una tale innovazione scientifica per il tempo, che andavano a scontrarsi con le conoscenze di genetica apprese fino a quel momento. Pensiamo che fino alla scoperta della McClintock, si sosteneva che i geni fossero fissi sui cromosomi, incapaci di spostarsi… il contrario di quello che ha poi scoperto la biologa americana. Inoltre, la struttura del DNA (quella a doppia elica) venne scoperta nel 1953, 2 anni dopo la pubblicazione dei lavori della McClintock.
La rivalsa
Nonostante la poca credibilità data dai colleghi e dalla comunità scientifica, che per decenni non ha ritenuto plausibili le scoperte della McClintock, continuò a lavorare e a studiare i trasposoni fino al suo pensionamento. Riceve la National Medal of Science nel 1970, l’Horwitz Prize ed il Premio Wolf nel 1981 e infine il Premio Nobel per la medicina nel 1983, dopo oltre 30 anni dalle sue pubblicazioni: i suoi studi vennero rivalutati solo dopo che le tecniche di genetica e di biologia molecolare permisero di riscontrare quello che la McClintock scoprì decenni prima, cioè gli elementi trasponibili nel mais e in molti essere viventi.
Spirito libero e autonomo, ha un approccio alla scienza e allo studio “diverso” da quello tenuto fino a quel momento: lavora basandosi sull’intuizione e la visione globale. Sa che se non riesce a risolvere un problema non le serve rimanere in laboratorio: preferisce andare a camminare, a passeggiare nei boschi, e pensare ad altro.
Ha donato tutta la sua vita al lavoro e alla ricerca, diventando punto di riferimento per tante donne nel mondo scientifico (e non solo), regalandoci anche un insegnamento, suo malgrado: impegnarsi e crederci sempre è fondamentale per raggiungere i risultati… prima o dopo.