Dynamo Camp, il posto in cui la vera cura è ridere e la medicina è l’allegria
intervista a Giovanni Barbasso, membro dello staff Dynamo e responsabile dell’attività radio
Tirare con l’arco, fare un bagno in piscina, montare su un cavallo, sono attività che qualunque bambino desidererebbe svolgere durante la sua infanzia e adolescenza e che nella stragrande maggioranza dei casi riesce a compiere senza particolari ostacoli.
Questo non vale per quei bambini nati con patologie rare, per i quali, attività ritenute solitamente normali, sono veri e propri scogli, dei sogni quasi irrealizzabili.
Esistono però dei luoghi, che hanno fatto propria l’essenza della parola inclusività e che si impegnano giorno dopo giorno a garantire anche a questi bambini il diritto alla felicità, uno di questi luoghi è Dynamo Camp.
Si tratta di un vero e proprio camp -unico in Italia- di “terapia ricreativa” con sede a Limestre (PT) all’interno di una splendida Oasi affiliata WWF immersa nell’Appennino Toscano, che da ormai 14 anni, ospita gratuitamente sia bambini affetti da patologie gravi o croniche, che le loro famiglie, offrendo loro una vera e propria vacanza all’insegna del divertimento e della sicurezza.
Essendo un progetto unico in Italia, per poter garantire l’esperienza al maggior numero possibile di bambini e adolescenti, Dynamo Camp, oltre ad essere aperta tutto l’anno , si avvale di uno staff molto numeroso -composto anche da personale medico- al quale si affiancano, per ogni sessione, un cospicuo numero di volontari, adeguatamente preparati per poter affrontare questa particolare esperienza.
Ma come funziona più nello specifico Dynamo Camp? Come si svolgono le attività e quali sono le sfide e le soddisfazioni di lavorare in una realtà così unica nel suo genere?
Ne abbiamo parlato con Giovanni Barbasso, classe ‘92, che ormai da 5 anni fa parte del mondo Dynamo Camp.
Ciao Giovanni, prima di entrare nello specifico delle attività, raccontaci: com’è nata la tua avventura in Dynamo Camp?
Sono entrato in Dynamo Camp come volontario tecnico per Radio Dynamo ormai 5 anni fa. All’epoca studiavo a Perugia e allo stesso tempo collaboravo con una radio universitaria, avevo già avuto le mie esperienze con una web radio e volevo utilizzare questa mia passione per poter aiutare gli altri e contribuire a sviluppare il progetto del Camp.
Dopo un anno di volontariato sono entrato a far parte dello Staff e a tutt’oggi, seppur in maniera discontinua, visto il mio lavoro a Controradio, collaboro in specifiche sessioni come responsabile di attività.
Dynamo è una realtà molto elastica e dinamica, quindi quando riesco torno sempre volentieri.
Quali sono gli step che hai dovuto affrontare per far parte di Dynamo?
Essendo una realtà che ti porta ad avere a che fare con bambini e adolescenti con malattie rare e spesso complicate anche da gestire, ho dovuto affrontare, come tutti quelli che vogliono fare i volontari, due colloqui con psicologi e poi, una formazione strutturata, in presenza, fondamentale per potersi muovere all’interno del Camp ed emotivamente molto ricca.
Quando poi sono entrato a far parte dello Staff, prima di poter diventare responsabile di attività ho trascorso un periodo di affiancamento, per potermi formare ancor di più ed essere in grado di affrontare al meglio il mio ruolo.
La cosa bella, ma soprattutto fondamentale, è che in realtà la formazione a Dynamo è costante e il supporto emotivo e psicologico, sia per lo staff che per i volontari, non manca davvero mai ed è realmente la chiave di volta che permette di affrontare le disabilità senza stress né difficoltà.
Basti pensare che ogni 10 giorni si ricrea una nuova struttura con nuovo staff e nuovi volontari per una nuova sessione: le formazioni, e la presenza di un buon numero di staff e volontari esperti, sono quell’elemento che permette un buon lavoro nonostante il turnover sia così veloce.
5 anni sono tanti, raccontaci un po’ di quali attività ti sei occupato…
In questi anni mi sono occupato sia dell’attività in radio, sia delle attività di Terapia Ricreativa e animazione che si svolgono nel dopocena.
In particolare tengo un laboratorio in cui spiego la radio ai bambini e agli adolescenti, facendo loro provare questa incredibile esperienza.
La radio, a differenza di altre attività che abbiamo all’interno del camp, come ad esempio l’arrampicata, o il lavoro in fattoria, è già di per sé un’esperienza inclusiva, ma quando mi trovo a preparare un laboratorio per i ragazzi devo comunque chiedermi se sto veramente offrendo a tutti un’esperienza inclusiva ed è qui che ci si mette davvero alla prova, si creano delle sfide.
Ad esempio, la domanda che mi sono posto qualche anno fa è stata: riesco con la mia attività ad essere inclusivo anche per un ragazzo sordo?
Da qui, in parallelo alla collaborazione con Comunico, tramite cui Dynamo ha ospitato al camp ragazzi sordi, siamo riusciti, grazie all’aiuto di due interpreti, a permettere a tutti di partecipare al laboratorio in radio; assieme alla radio, inoltre, abbiamo un laboratorio per dj, che abbiamo aperto lo scorso anno e che viene portato avanti anche da ragazzi sordi.
Oltre all’inclusione, ogni attività Dynamo ha l’obiettivo di ridare ai bambini fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, di dare benefici a lungo termine, che permettano loro di affrontare meglio la malattia e la vita.
Cosa hai imparato dall’esperienza a Dynamo
Dynamo mi ha dato tanti strumenti per conoscere la disabilità, e per permettermi di rapportami con essa anche nel quotidiano. Mi ha permesso di conoscere realtà che prima erano distanti da me e che un po’ mi spaventavano: tutte paure che adesso non ho più.
Non meno importante, mi ha permesso di entrare in contatto con le famiglie che accompagnano i bimbi più gravi e hanno delle sessioni apposite: Dynamo mi ha dato la possibilità di conoscere queste realtà di pura forza, di vivere esperienze che permettono di capire che se si vuole si riesce a far tutto e che permettono di relativizzare i problemi di tutti i giorni.
Dynamo è stancante, i ritmi sono serrati, bisogna trottare, ma ti rimane il concetto di non essere spaventato, del fatto che se si vuole si riesce realmente ad includere e che se si è insieme, anche le sfide più dure possono essere superate.
Ci hai raccontato di un’esperienza unica, non solo per bimbi e ragazzi, ma anche per le famiglie… non hai mai paura che sia una parentesi, poco riproducibile nella realtà di tutti i giorni?
Ti racconto questo aneddoto, che a me è stato raccontato, ma che mi ha colpito molto.
Le famiglie possono essere ospitate solo per 3 volte al camp e questo per poter permettere a più famiglie possibili di usufruire dell’esperienza Dynamo.
Dopo il terzo anno trascorso con noi, un gruppo di famiglie ha deciso che quella di Dynamo non sarebbe stata solo una parentesi, così in quello che sarebbe stato il quarto anno, hanno formato il gruppo Dynamisù: hanno organizzato una vacanza e hanno riprodotto in autonomia quello che Dynamo gli aveva insegnato negli ultimi anni, ossia che insieme avrebbero potuto farcela.
Ecco, io credo che Dynamo sia un grande progetto, ma la quotidianità, la vita che i ragazzi e le famiglie affrontano tutti i giorni ha bisogno di inclusività e quando si riesce ad ottenere un risultato del genere, credo che siamo nella direzione giusta.