Carenza di ferro: i sintomi neurologici da non sottovalutare
La carenza di ferro può causare sintomi neurologici importanti. Scopri come il ferro influisce sul sistema nervoso, quali segnali possono indicare una carenza e quando è il caso di fare controlli specifici.
Il ferro è essenziale per il corpo, soprattutto per il suo coinvolgimento nel trasporto dell’ossigeno. Tuttavia, ciò che spesso si ignora, è che una sua carenza può influire anche sul sistema nervoso, causando sintomi neurologici che possono impattare nella vita di tutti i giorni. Pur essendo presente in quantità relativamente piccole, il ferro permette all’emoglobina di legarsi all’ossigeno e trasportarlo nel sangue per raggiungere i tessuti. Ma non si limita solo a questo: entra in gioco anche nella sintesi proteica e partecipa a reazioni chimiche che forniscono energia e rafforzano il sistema immunitario. La sua presenza, dunque, è indispensabile per far funzionare al meglio tutto il corpo. In questo articolo ci concentreremo sull’importanza del ferro per il sistema nervoso e sui sintomi neurologici che potrebbero emergere in caso di carenza.
Le cause della carenza di ferro
La carenza di ferro non sempre porta all’anemia e, proprio per questo motivo, spesso passa inosservata. In caso di deficit infatti, almeno inizialmente, il corpo riesce a sopperire attingendo dalle proprie riserve di ferro, misurate attraverso il valore della ferritina nel sangue. Il corpo compensa la mancanza per un certo periodo, mascherando i sintomi con segnali aspecifici, come per esempio mal di testa, fiato corto e propensione alle infezioni. Tuttavia, se non viene corretta, le scorte si esauriscono e la carenza può evolvere in anemia. Intervenire quando i livelli di ferro sono ancora bassi, ma non compromessi, diventa determinante per evitare che la carenza sfoci in anemia. Tra le cause fisiologiche più comuni dell’abbassamento dei valori di ferro si segnalano le abitudini alimentari sbagliate, la menorragia (mestruazioni abbondanti) nelle donne in età fertile e l’aumento del fabbisogno di ferro durante la gravidanza. Guardando a quali malattie abbassano il ferro, la carenza con o senza anemia può derivare da:
- Malassorbimento intestinale (come nella celiachia, gastrite, infezioni da Helicobacter pylori);
- Malattie intestinali croniche di natura infiammatoria, tra cui rientrano il morbo di Crohn e la colite ulcerosa;
- Uso prolungato di farmaci antiacidi (es. inibitori di pompa protonica);
- Chirurgie gastrointestinali (gastrectomia, bypass e resezioni);
- Cardiopatie e malattie renali croniche;
- Perdite ematiche croniche, spesso legate a patologie digestive, infezioni o tumori.
Se le scorte di ferro si esauriscono, la carenza può tramutarsi in anemia da carenza di ferro o sideropenica, aprendo la porta a conseguenze a lungo termine.
Il ferro e il sistema nervoso: un legame profondo
Noto principalmente per il suo ruolo nel trasporto dell’ossigeno, il ferro supporta anche i processi che regolano il funzionamento del sistema nervoso centrale. Infatti, è necessario per la corretta sintesi di neurotrasmettitori cerebrali come la dopamina, la serotonina e la noradrenalina, fondamentali per il tono dell’umore, l’attenzione, l’apprendimento e la regolazione del sonno. Contribuisce anche alla produzione della mielina, la guaina che riveste e protegge le fibre nervose e facilita la comunicazione rapida ed efficiente tra le cellule nervose. Le riserve di ferro immagazzinate dalla proteina ferritina nell’organismo riescono a mantenere l’equilibrio anche in caso di lieve carenza, ma la situazione rischia di precipitare senza un intervento adeguato. Quando il ferro è insufficiente, anche il sistema nervoso può risentirne, con conseguenze neurologiche e psichiatriche che talvolta passano inosservate o non vengono associate alla carenza stessa.
Sintomi neurologici della carenza di ferro
Quando i livelli di ferro si abbassano troppo, si possono manifestare vari sintomi di natura neurologica e cognitiva. Tra i segnali più comuni ci sono:
- difficoltà di concentrazione e memoria. La mente può risultare annebbiata e le performance cognitive ridotte, soprattutto in attività che richiedono attenzione prolungata. Diventa difficile mantenere la concentrazione, elaborare informazioni o ricordare dettagli;
- stanchezza mentale. Nonostante un adeguato riposo, si può avvertire una persistente sensazione di affaticamento che rende difficile affrontare attività intellettuali;
- alterazioni dell’umore. Un insufficiente apporto di ferro può essere collegato ad ansia, irritabilità, apatia o lievi stati depressivi;
- mal di testa frequenti. La ridotta ossigenazione del cervello può causare cefalee ricorrenti;
- insonnia o disturbi del sonno. Il ferro è anche coinvolto nella regolazione del ritmo sonno-veglia;
- sindrome delle gambe senza riposo (RLS). Si tratta di un disturbo neurologico, spesso legato a un deficit di ferro, caratterizzato da un impulso incontrollabile a muovere le gambe, soprattutto durante le ore notturne.
Quando fare i controlli: i segnali da non ignorare
Quanto i sintomi neurologici si presentano con una certa regolarità o si associano a segnali fisici (come pallore, stanchezza persistente, fragilità delle unghie o caduta dei capelli), è il caso di consultare un medico per una valutazione attenta. Per capire se i livelli di ferro sono nella norma è possibile eseguire alcuni esami del sangue specifici, come ad esempio:
- emocromo completo (per valutare l’emoglobina);
- ferritina (indicatore delle riserve di ferro);
- transferrina e saturazione della transferrina;
- sideremia (livello di ferro presente nel sangue).
Una diagnosi tempestiva permette di correggere la carenza con integrazioni mirate, modifiche della dieta o, nei casi più gravi, terapie farmacologiche specifiche, evitando complicazioni gravi.
Come prevenire la carenza
Prevenire la carenza di ferro è possibile attraverso una dieta equilibrata, cioè consumando alimenti ricchi di ferro come carne rossa, legumi, spinaci, frutta secca, uova e cereali integrali. Anche sapere cosa bere per aumentare il ferro può aiutare. Infatti, l’assunzione di vitamina C attraverso spremuta di arancia o pompelmo favorisce l’assorbimento del ferro; al contrario, il tè e il caffè potrebbero ostacolare l’assorbimento se consumati in eccesso durante i pasti. In caso di carenza accertata, il medico può intervenire prescrivendo integratori di ferro, da assumere per via orale o, in situazioni più critiche, tramite somministrazione endovenosa.