Gli effetti fisici e psicologici della quarantena
Solo una volta usciti capiremo davvero gli effetti che la quarantena ha avuto sulle persone, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico. Ora più che mai sappiamo che non siamo fatti per il distanziamento sociale
Parchi chiusi. Scuole chiuse. Chiuse le fabbriche, gli uffici, le persone nelle case, nascoste, al sicuro, forse. Abbiamo evitato tutti gli spostamenti non indispensabili e ci siamo trovati a fare la spesa in supermercati animati da un’atmosfera da vecchio western, dove se ci sono più di due persone nel corridoio dei cereali allora iniziamo a fare colazione con la frutta e lo yogurt, se sullo scaffale ci sono ancora. E spremuta d’arancia, quella sempre.
Abbiamo rispettato le regole del distanziamento sociale, non ci siamo abbracciati, baciati, a volte per sicurezza non ci siamo nemmeno guardati, l’abbiamo fatto per tenerci al sicuro, l’abbiamo fatto per tenere al sicuro le persone a cui vogliamo bene.
Le generazioni che verranno ci chiederanno del coronavirus e della quarantena e noi racconteremo tutto, come i nostri nonni ci hanno raccontato della guerra. Diremo che non ci siamo visti, né incontrati, per settimane, racconteremo le videochiamate, lo smart working, le dirette sui social network, le passeggiate, lo yoga e la meditazione, le mascherine, la resilienza, la forza, il coraggio e la paura.
E mentre ancora la stiamo vivendo, ci accorgiamo di quanto questa condizione sia innaturale per noi, di quanto le persone non siano fatte per stare rinchiuse nelle case, di quanto non siamo fatti per stare soli.
“La diffusione del coronavirus in tutto il mondo ci obbliga a reprimere il nostro bisogno di relazione, un impulso profondamente umano radicato nell’evoluzione: vedere gli amici, aggregarsi in gruppi, stare l’uno vicino all’altro” spiega alla rivista Science, Nicholas Christakis, medico e sociologo dell’Università di Yale.
Non sappiamo come ne usciremo, se diversi o uguali a come eravamo, ma ne usciremo, e forse solo allora capiremo davvero gli effetti che ha avuto la quarantena sulle persone, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
I disturbi fisici causati dalla quarantena
Le lunghissime giornate passate in casa spesso sono state trascorse davanti al computer, alla tv, smartphone alla mano, dalla mattina alla sera, nel rispetto delle regole dell’isolamento, cedendo spesso, rovinosamente, alla sedentarietà.
Case troppo silenziose o animate da frastuono costante, a seconda del cast di questo film che è stata la nostra vita nei mesi della quarantena, fatti di smartworking e notti insonni, hanno portato molte persone a convivere con frequenti, e apparentemente immotivati, mal di testa.
Un disturbo riconducibile a diverse cause con cui hanno avuto a che fare moltissime persone in tutto il mondo. “In un periodo critico come quello che stiamo vivendo, si accumulano stimoli emotivi quali l’ansia, lo stress e la paura, che sono fra i fattori scatenanti di emicrania o altre cefalee” spiega Vincenzo Tullo, responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano.
Ci sono diverse cause riconducibili al “mal di testa da quarantena”: un’eccessiva sedentarietà e troppe ore davanti alla tv o al computer, sono un connubio nefasto per tutti e sicuramente anche l’aria viziata ha giocato un ruolo fondamentale nel creare un ambiente poco adatto a lenire questo tipo di dolori.
La riduzione del tempo passato all’aperto ha avuto un forte impatto anche sull’apporto di vitamina D all’organismo, i cui livelli incidono in modo rilevante sullo stato di salute del tessuto osseo e cardiovascolare, infatti una carenza di vitamina D può provocare dolori alle ossa, alle articolazioni e anche ricorrente stanchezza.
Tornando al mal di testa, purtroppo non è l’unica conseguenza negativa della cattiva ossigenazione degli ambienti e dell’eccessiva esposizione agli schermi luminosi: questi fattori vanno infatti anche a ledere il ritmo e la qualità del riposo, stravolgendo la routine sonno-veglia, cosa che, oltre a provocare stress e stanchezza, causa, di nuovo, mal di testa. Un terribile circolo vizioso che si interrompe praticando alcune accortezze che possono davvero fare la differenza.
Rimedi per i disturbi fisici causati dalla quarantena
Seguire alcune accortezze durante la quarantena, o comunque in periodi di reclusione forzata, può fare davvero la differenza per mantenersi in salute: prima di tutto è necessario stare attenti alla qualità dell’aria, aprire le finestre e arieggiare la casa. Trascorrere qualche ora sul balcone, o in giardini, laddove possibile, oltre a farvi respirare aria migliore aiuterà anche ad elevare i livelli di vitamina D, grazie all’esposizione solare.
Per chi lavora in smart working e passa tanto tempo al pc, è fondamentale fare delle pause, riposare gli occhi, sgranchirsi le le braccia e la schiena.
Gli altri consigli fondamentali sono: esporsi al sole, quotidianamente, anche se solo dalle finestre aperte, seguire una dieta sana e fare un po’ di attività fisica o una passeggiata all’aria aperta.
I disturbi psicologici causati dalla quarantena
Una ricerca condotta dall’International Behavioral Science Working Group di Harvard, ha dimostrato che l’Italia rischierebbe di passare da un’emergenza sanitaria ad una psicologica.
Un team di ricercatori, provenienti da tutto il mondo, ha preso in esame un gruppo di 3500 cittadini italiani, dimostrando come l’adesione alle regole del governo si sia accompagnata a una maggiore preoccupazione circa la salute mentale.
Qual è il reale impatto psicologico che la quarantena e il distanziamento sociale avranno sulla nostra vita? Come spiega la psicologa Anna Olivero Ferraris “molto dipende da come la quarantena è stata vissuta. Le persone si sono chiuse nell’ambito della famiglia e alle volte la famiglia è riuscita a trovare un modus vivendi abbastanza sereno, seppur nella costrizione. La prospettiva cambia naturalmente per quelle famiglie dove già prima non si andava particolarmente d’accordo o dove si riusciva a convivere perché ognuno aveva la propria routine fuori casa: in questi casi la quarantena può avere comportato dei problemi o essere sfociata in litigi, conflitti”
Poi ci sono i casi in cui le persone si sono ritrovate sole ad affrontare questo periodo di isolamento, vivendo l’inconfutabile prova di quanto questa condizione sia per gli esseri umani innaturale: siamo animali sociali, nessuno è riuscito ancora a smentire Aristotele.
Siamo animali sociali e per mesi non ci siamo nutriti di quello che possiamo dire sia ossigeno per la nostra vita: l’aggregazione, il contatto, la vicinanza. Secondo numerosi studiosi, la situazione che abbiamo vissuto ha costituito un terreno fertile per diversi tipi di problematiche: ansia, stress, disturbo ossessivo compulsivo e, in alcuni casi, agorafobia. Bisogna prendere atto di quello che potrebbe accadere ed essere pronti a riconoscere eventuali problemi, per poi affrontarli e quindi superarli.
Ma, se non tutti i mali vengono per nuocere e se come diceva Nietzsche “quello che non mi uccide mi fortifica”, allora è già giusto pensare a questa esperienza come a una prova di resilienza che in un modo o nell’altro siamo riusciti a superare.
Siamo una società fatta di estroversi, abituati a proiettarci verso l’esterno, ma la condizione che abbiamo vissuto ci ha costretto a confrontarci con la nostra interiorità tornando a noi, alle nostre case, focalizzandoci su ciò che spesso non sapevamo di avere e che magari andavamo a cercare in giro.
Cosa possiamo fare per affrontare al meglio questa ripartenza
Trovare un senso a ciò che ci è accaduto, ecco cosa dobbiamo fare. Sembra facile. La pandemia di coronavirus rappresenta già un fatto storico e avrà inevitabili conseguenze sociali: “In psicoterapia il disagio si supera solo nel momento in cui ne inquadriamo il senso – spiega lo psicoanalista Claudio Risè – Così questa epidemia non è da vivere come una disgrazia capitata casualmente ma come il frutto di comportamenti sbagliati, di scelte spesso onnipotenti fatte da noi uomini».
Non sarà facile. A dimostrarlo sono i diversi studi pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet, condotti sulle quarantene messe in atto in passato, per contenere le epidemie di Sars, Mers, ebola e altre malattie. In questi casi, l’isolamento ha avuto conseguenze psicologiche molto negative come rabbia, insonnia, disturbo post- traumatico da stress, depressione ed esaurimento emotivo. Molte persone hanno avuto difficoltà a tornare alla normalità, portando avanti comportamenti riconducibili al periodo dell’emergenza: hanno continuato a lavarsi ossessivamente le mani, hanno continuato ad avere paura dei luoghi affollati, hanno continuato ad avere timore di fronte a persone con tosse o raffreddore.
La rivista The Lancet si è poi espressa in merito ai comportamenti suggeriti per tornare alla normalità, gradualmente e senza traumi: è di fondamentale importanza trasmettere il valore dell’altruismo, i sacrifici che abbiamo fatto e che faremo saranno utili a tutti, dare aiuto spesso può essere più utile che riceverlo e aiutare gli altri ci fa sentire di nuovo, davvero, interconnessi.
Altruismo e resilienza. Sono queste le soluzioni nostre e di tutti: “è quella che oggi chiamiamo resilienza e che una volta veniva definita forza d’animo – spiega ancora la Dottoressa Oliverio Ferraris – quando ci troviamo di fronte a delle vere difficoltà alla fine riusciamo a reagire anche in modo positivo».