Performatività e ansia: gli effetti delle aspettative sociali sulle persone
Cos'è l'ansia da prestazione e come influisce su di noi? Scopriamo insieme come superarla per migliorare il nostro benessere quotidiano.
L’ansia da prestazione sociale è qualcosa che molti di noi conoscono fin troppo bene: quella sensazione spiacevole fatta di pressione e paura, che ci fa pensare di non essere all’altezza delle aspettative degli altri. Quella voce interiore che ci convince di dover dare sempre il massimo, spaventati dal giudizio altrui e dal costante confronto con chi ci circonda.
Pensiamo per un attimo alle Olimpiadi. Vi dice niente l’atleta che nella finale dei 100 rana ha mancato per un soffio il podio e si è detta comunque felice e soddisfatta?
Di fronte a lei l’incredulità delle giornaliste che la stavano intervistando, abituate a una visione più anacronistica e, forse, tossica della performance sportiva.
Se ne è parlato tanto, è vero, probabilmente perché molti episodi accaduti a Parigi 2024 sono stati l’esempio lampante della performatività e dell’ansia a questa associata. Soprattutto, di come oggi possiamo affrontarle diversamente rispetto al passato.
Non parleremo nello specifico delle olimpiadi, ma questo spunto ci aiuta a capire quanto l’ansia da prestazione, alimentata dalle aspettative sociali, possa influire sul nostro benessere. E allora qui esploreremo come queste dinamiche influenzano la nostra salute mentale e fisica, e perché è fondamentale imparare a gestirle e a vederle sotto un’altra luce per vivere meglio.
Cosa intendiamo per performatività legata all’ansia?
Quando parliamo di performatività e dell’ansia che questa può generare, ci riferiamo nello specifico alla cosiddetta “ansia da prestazione”. Cioè quella sensazione di pressione e paura di non riuscire a soddisfare le aspettative degli altri in situazioni dove ci sentiamo sotto osservazione o giudizio.
Un tipo di ansia piuttosto insidioso che non si limita a un unico contesto, ma può manifestarsi in molti aspetti della nostra vita, creando un senso di minaccia costante che influisce su molti aspetti della nostra vita.
A differenza dell’ansia generalizzata, che può includere preoccupazioni varie e diffuse, l’ansia da prestazione si concentra su specifici momenti in cui ci si sentiamo esposti: quando dobbiamo parlare in pubblico, esibirci in una competizione sportiva, affrontare un esame o, sempre più spesso, quando dobbiamo confrontarci con ciò che guardiamo o condividiamo sui social media.
In particolare, esistono diversi tipi di ansia da performance, a seconda del contesto.
- Ansia da prestazione sociale: si manifesta soprattutto in contesti sociali, come conversazioni, riunioni o eventi pubblici, dove c’è la paura di essere giudicati negativamente.
- Ansia da prestazione accademica: comune tra gli studenti, riguarda la paura di non riuscire a performare bene durante esami, presentazioni o altre attività scolastiche.
- Ansia da prestazione lavorativa: quando si ha la pressione di eccellere sul lavoro, di fronte ai colleghi o ai superiori, spesso temendo di non essere all’altezza delle aspettative.
- Ansia da prestazione sportiva: colpisce gli atleti che sentono la pressione di dover performare ad alti livelli durante competizioni o allenamenti, raggiungendo determinati risultati più per gli altri che per se stessi.
- Ansia da prestazione sessuale: riguarda la paura di non riuscire a soddisfare le aspettative proprie o del partner durante l’intimità, e può avere un impatto significativo sul benessere emotivo e sulle relazioni.
Da dove nasce quest’ansia?
L’ansia da performance è profondamente radicata nella società moderna, dove siamo continuamente esposti alla pressione di eccellere e dimostrare il nostro valore.
Valore che oggi è misurato attraverso standard elevati e spesso irrealistici, che ci vengono proposti dai media, dai social network e dalla cultura della competizione.
Questa esposizione costante a immagini di perfezione e a narrazioni di successo contribuisce a creare un forte senso di inadeguatezza, spingendoci a sforzarci continuamente per raggiungere traguardi sempre più alti.
In questo contesto, anche la scuola ha un impatto significativo. È un caso recente, e non stupisce, l’attenzione richiamata dall’Unione Degli Studenti sulla tossicità del modello educativo basato sulla frontalità e performatività.
Un approccio che alimenta un ambiente competitivo che può portare a situazioni di forte disagio psicologico.
Un tragico esempio si è verificato nel 2019, quando uno studente si è tolto la vita, con accuse successive a un insegnante per abuso di mezzi di correzione.
In quel caso, gli studenti hanno chiesto un cambiamento verso una scuola più inclusiva e meno centrata sulla competizione, dove il benessere psicologico diventi una priorità. Un’occasione per evidenziare quanto l’ansia da prestazione possa essere amplificata da un sistema educativo che premia solo il successo accademico e non il benessere complessivo degli studenti.
Ma se questi problemi sono probabilmente sempre esistiti, perché se ne parla tanto solo ora?
Performatività e ansia: una questione culturale?
L’ansia da performance non è certo qualcosa che ci affligge da pochissimi anni, anzi, esiste da decenni. E proprio per questo motivo evolve insieme alla società che ci circonda.
La società moderna è strettamente legata al concetto di perfezionismo, valutando positivamente chi continua a produrre senza mai fermarsi.
Si tratta di dinamiche culturali che ci spingono a confrontarci con standard troppo elevati e, anzi, a volte proprio irrealistici.
In questo senso i social media giocano un ruolo particolare: quante volte guardando Instagram siamo esposti a foto che testimoniano viaggi in resort lussuosi o fisici mozzafiato?
Abbiamo sviluppato una concezione della realtà distorta, dove la vita degli altri sembra sempre migliore della nostra. Eppure, forse, qualcosa si sta smuovendo.
Ultimamente, soprattutto le generazioni più giovani, si sono accorte di questo trend e stanno cercando di contrastarlo. La salute mentale non è più un tabù e le conversazioni sull’ansia da prestazione sono diventate più comuni, sia online che offline.
Anche gli influencer o i VIP ora parlano di più delle loro emozioni, condividendo le proprie esperienze per sensibilizzare i follower su questo tema.
Negli ultimi anni quindi cosa abbiamo scoperto su performatività e ansia? Qual è l’impatto che possono avere sulla nostra salute e cosa possiamo fare davvero per gestirle al meglio?
Gli effetti dell’ansia da performance sul nostro benessere
Impatto psicologico e sociale
Cosa succede quando l’ansia prende il sopravvento e ci preoccupiamo costantemente delle nostre capacità? A livello psicologico l’ansia da performance può portare a diversi disturbi come insonnia, depressione, un generale senso di inadeguatezza o i temutissimi attacchi di panico. Lo ricordiamo tutti, anche l’ex nuotatrice olimpica Federica Pellegrini ne ha sofferto, arrivando addirittura ad interrompere una gara nel 2008 quando era rimasta letteralmente senza fiato.
Si tratta di una condizione che tende ad intaccare la vita di tutti i giorni, impedendoci di goderci eventuali momenti di successo. La mente è infatti già proiettata verso il futuro, temendo costantemente il fallimento e alimentando così un circolo vizioso.
In questo stato di stress, è facile anche sviluppare comportamenti di evitamento sociale, dove siamo portati ad isolarci da situazioni in cui potremmo sentirci giudicati o potremmo non reggere il confronto con gli altri, limitando così la nostra capacità di vivere nuove esperienze.
Le conseguenze fisiche
Oltre all’aspetto psicologico, la performatività e l’ansia a questa associata hanno moltissime conseguenze anche a livello fisico. Lo stato di tensione continua si manifesta con sintomi specifici e molto vari: mal di testa, tensione muscolare, problemi digestivi e disturbi cardiovascolari e nel lungo periodo può addirittura compromettere il sistema immunitario.
Come abbiamo visto però, oggi si riconosce molto più apertamente il problema e proprio per questo si conoscono diverse soluzioni efficaci.
La performatività e l’ansia di cui abbiamo parlato fino ad ora non devono rappresentare una condizione a cui arrendersi, ma si possono affrontare con successo.
Performatività e ansia: come migliorare il nostro benessere?
La parola chiave per affrontare al meglio l’ansia da prestazione è “approccio multidisciplinare”, dove si dovrebbe intervenire a livello sia personale che sociale.
A livello personale la psicoterapia può aiutare moltissimo: esistono tecniche di coping come la mindfulness e la meditazione per ridurre lo stress e mantenere una prospettiva equilibrata sulle situazioni che provocano ansia.
Si tratta nello specifico di pratiche che incoraggiano ad accogliere, vivere e godersi di più il momento presente, imparando a non farsi sopraffare da pensieri negativi sul futuro.
Esistono poi diverse terapie cognitive, come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), che possono essere efficaci nel cambiare alcuni modelli di pensiero negativi e sviluppare nuove strategie di gestione dell’ansia.
Come abbiamo detto però, la performatività e l’ansia hanno conseguenze anche a livello fisico. Quindi anche fare esercizio regolare gioca un ruolo importante per ridurre i livelli di stress e migliorare l’umore tramite il rilascio di endorfine.
Sconfiggere o comunque imparare a gestire l’ansia da prestazione è sicuramente una sfida complessa. E in questo caso una cosa è certa: non possiamo (e non dobbiamo) fare tutto da soli. Riconoscere e agire su queste dinamiche come una vera comunità è l’unico modo per sradicare tabù e aiutare la popolazione.
Ecco perché le istituzioni e la società in generale non dovrebbero rimanere indifferenti: le scuole, le organizzazioni sportive e i datori di lavoro per primi possono contribuire a promuovere ambienti più sani e inclusivi, dove sostituire le aspettative irrealistiche con obiettivi raggiungibili e una cultura che valorizza il benessere prima della performance.