Selezione sessuale: su quali principi si basa? È vero che è il motore primario dell’evoluzione del mondo animale?

La selezione sessuale come spinta evolutiva all’interno della specie. Non c’è in gioco la sopravvivenza, ma la trasmissione dei propri geni alle generazioni future.

“La vista di una piuma sulla coda di un pavone, ogni volta che la guardo, mi fa star male!”

Queste sono le parole che Charles Darwin nell’aprile del 1860 scrive in una lettera ad uno dei suoi corrispondenti più autorevoli: Asa Gray, botanico statunitense e strenuo sostenitore della teoria evolutiva di Darwin.

Perché tanto astio nei confronti di questo gallinaccio vanitoso? Ne era forse allergico? La risposta è: sì, ma in senso metaforico. Come poteva la sua teoria sulla selezione naturale spiegare una simile aberrazione? Come poteva la pressione selettiva permettere a questo uccello dalla immensa coda di continuare il suo cammino lungo la via dorata dell’evoluzione? In un verde bosco, con il suo appariscente blu elettrico e la sua non meno visibile coda, verrebbe avvistato in un battibaleno; sarebbe come gridare al predatore di turno: “EHI! SONO QUA! NON HAI FAME?”. E per di più: una coda così lunga è anche scomoda per il volo. E allora: come è possibile che tale carattere così svantaggioso dal punto di vista della sopravvivenza si sia trasmesso fino a noi? Evidentemente questa coda così sgargiante deve presentare dei vantaggi…

La selezione sessuale

Solo sei mesi prima di questa lettera ad Asa Gray, Darwin dava alle stampe “L’origine delle specie”, il volume che ha rivoluzionato la scienza (e non solo) e fatto nascere la biologia moderna. Qui il tema della selezione sessuale era solo stato accennato, occupando una manciata di pagine. È solo qualche anno più tardi, nel 1871, che affronta in modo organico questa tematica con la pubblicazione del volume “L’origine dell’uomo e la selezione sessuale”. 

Sì. Era necessario ampliare la teoria della selezione naturale introducendo un altro tipo di selezione: quella sessuale. L’oggetto della selezione in questo caso si sposta: non agisce tra individui di specie diverse in lotta tra di loro per la sopravvivenza, ma prende di mira gli individui che fanno parte della stessa specie, della stessa popolazione. Perché membri della stessa popolazione dovrebbero lottare tra di loro? La risposta ce l’avete ben in testa, ma non siate volgari: l’accesso alla riproduzione. Solo chi si riproduce può trasmettere i propri geni alle generazioni successive. Quindi a cosa serve la coda del pavone? A farsi bello, ma non solo.

Un ornamento così appariscente (in biologia si definisce carattere sessuale secondario, come ogni altro ornamento non direttamente coinvolto nella riproduzione) non è solo uno strumento di attrazione verso l’altro sesso, ma è anche un indice della salute del padrone della coda.

Buttiamola per un secondo in caciara: siete in fila fuori ad un locale e ad un certo punto vedete arrivare una Ferrari che sgasa e parcheggia proprio davanti a voi. Il secondo pensiero che vi viene in mente (perché il primo, non mentite, è: “Ammazza che tamarro”) è sicuramente: “Questo c’ha i soldi!”.

Voilà. Con uno sguardo al suo “carattere sessuale secondario” siete riusciti a risalire al suo 730!

E questo vale per tutti i caratteri sessuali secondari: dalla coda del pavone alle corna del cervo (forse anche del possessore della Ferrari), dalla danza buffa di molti uccelli ai regali che molti insetti fanno alla loro partner.

Ebbene sì: molti insetti fanno dei regali per poter accedere all’accoppiamento. Vi ricorda niente? 

Volete un esempio? Il maschio di mantide dona se stesso (letteralmente! Nessuna poesia, niente di romantico), dandosi in pasto alla femmina pur di riuscire ad accoppiarsi. Ma questa è materia per un’altra storia.

Fisher VS handicap

Ma come è iniziato tutto? Non è che uno si sveglia di colpo, si guarda allo specchio e dice “Toh, m’è spuntata la coda”. Deve esserci stato un motore che ha dato il via alla selezione di questo carattere.

A questa domanda molti biologi, etologi ed evoluzionisti nel corso dei decenni hanno cercato di dare una risposta. Ma non vi annoio e riassumo il tutto in poche righe e in 2 sole ipotesi: l’ipotesi di Fisher (nota anche come fuga di Fisher o selezione incontrollata) e l’ipotesi dell’handicap proposta da Zahavi. Premetto che l’una non esclude per forza di cose l’altra.

Fisher parte proprio dagli scritti di Darwin ed estende il suo concetto. Secondo Darwin doveva in qualche modo esistere una base genetica sia per la preferenza da parte del partner per l’ornamento sia per lo sviluppo dell’ornamento stesso. Una sorta di “senso estetico”. Questi due geni si sarebbero quindi co-evoluti, rinforzandosi a vicenda (secondo un meccanismo a feedback positivo) e avrebbero portato a questi caratteri estremi come la coda del pavone.

Tuttavia questa ipotesi ha un limite: arrivati ad una certa lunghezza la coda smetterà di crescere. Ributtiamola in caciara: siete degli allevatori di mucche e volete iniziare ad allevare mucche grasse. Cosa fate? Prendete gli esemplari maschi e femmine più grassi che avete (facendo finta che questo sia un semplice carattere a trasmissione genetica) e li fate accoppiare. Ottimo! Questa strategia funziona benissimo per le prime generazioni. Ma ad un certo punto l’aumento di peso degli individui tenderà a stabilizzarsi. Non si può continuare ad ingrassare all’infinito, con buona pace delle nostre nonne. Lo stesso sarebbe accaduto alla coda del pavone.

Qui subentra Zahavi con la sua ipotesi dell’handicap: se un individuo può permettersi un ornamento tanto appariscente, tanto scomodo e comunque è riuscito a non essere stato ancora predato, beh allora deve avere delle altre capacità! Magari riesce a sfuggire bene ai predatori, o sa procacciarsi bene il cibo! E l’ingenua pavona pensa: “Magari se mi accoppio con lui, anche i miei figli saranno altrettanto bravi a trovare buon cibo e a sopravvivere fino a riprodursi. E avrò dei nipoti ancora più belli e bravi che farò ingrassare all’infinito!”. A quanto pare le nonne sono uguali in tutto il regno animale.

A sostegno di questo (sempre parlando della coda del pavone) subentra anche il comportamento della femmina. Prima di concedersi, la femmina del pavone osserva attentamente la coda del maschio e gli gira intorno per osservarlo anche da dietro. Sfatiamo un mito: i disegni a forma di occhio nella coda del pavone non servono ad ipnotizzare la femmina. Dicevo: perché la femmina osserva attentamente la coda del maschio? Per valutarne lo stato. Ad esempio, è spelacchiata o è ben folta? E nella sua valutazione gira intorno al maschio per osservarlo da dietro. All’altezza del sedere del maschio è presente una zona fatta di penne e piume di colore bianco. La femmina si accerta che il bianco sia più bianco che non si può prima di darsi al maschio. E di nuovo: perché? Qui la risposta è abbastanza semplice. Perché se ci fossero dei parassiti (solitamente di colore scuro) si vedrebbero immediatamente! E la femmina, cercando una scusa per sgattaiolare, direbbe: “No grazie, ho lasciato il mais nella pentola a pressione”.

Maschi VS femmine

Ora veniamo alla domanda che vi tenete dentro dall’inizio di questo articolo: ma perché mai sono sempre le femmine a scegliere il maschio?

Risposta breve: perché nel regno animale, di solito, sono le femmine quelle che hanno di più da perdere.

I maschi di molte specie hanno in comune una cosa: producono e rilasciano milioni di spermatozoi ad ogni accoppiamento. Sono cellule a basso costo di produzione e si formano velocemente. Quindi ai fini della propagazione dei propri geni, ad un maschio conviene accoppiarsi con quante più femmine possibile. Ovviamente esistono le eccezioni: altrimenti non si sarebbe evoluta la monogamia nel regno animale. Ma, di nuovo, questa è un’altra storia.

Le femmine invece producono pochi ovuli alla volta e sono molto costosi dal punto di vista energetico; una cellula uovo è decine o anche centinaia di volte più grande dello spermatozoo e contiene tutto il “nutrimento” necessario alle prime fasi della formazione dell’embrione. Mentre lo spermatozoo contribuisce solo con il DNA. Quindi devono scegliere con cura il partner. Devono essere sicure che, una volta fecondati, dagli ovuli nascano individui sani e competitivi. A ciò si aggiunge che spesso la cura delle uova e della prole viene affidata alle femmine. Nel mondo animale non è raro che il maschio, dopo l’accoppiamento, si allontani con la scusa di andare a comprare le sigarette, per non tornare mai più.

Ovviamente la situazione è rovesciata quando si rovesciano i ruoli. In quelle specie animali dove è il maschio ad avere cura dei piccoli o delle uova, è lui che sceglie la femmina migliore.

Tutto questo è ben spiegato nell’ipotesi nota come ardent males, choosy females che in italiano potremmo tradurre come “maschi focosi, femmine ritrose”.

Finale

Tirando le somme: è proprio vero che tira più una penna di pavone? La risposta, come avete potuto notare, non è semplice. Selezione naturale e selezione sessuale si completano a vicenda e si sommano per spingere in avanti l’individuo lungo la lunga strada dell’evoluzione. È vero che per propagare i tuoi geni devi essere il maschio migliore, quello che viene scelto più spesso come partner, o quello che in un modo o nell’altro ha la maggior probabilità di accedere alle femmine della tua specie (controllando un territorio favorevole o controllando direttamente un harem). Ma se un predatore ti mangia prima che tu possa aver raggiunto l’agognata meta…