La cannabis può prevenire il Covid?
Secondo uno studio dell’Università dell’Oregon due componenti della canapa possono fermare l’ingresso del SARS-CoV-2
Qualche tempo fa vi avevamo parlato di come il dolore causato dal Morbo di Parkinson può essere curato attraverso la cannabis, intervistando il Dott. Marco Bertolotto, esperto di Cannabis per uso terapeutico.
In quell’occasione ci eravamo appunto soffermati sulla malattia di Parkinson e sull’attuale situazione legislativa italiana per quanto riguarda l’utilizzo di cannabinoidi rispetto a certe terapie.
Con la pandemia da Covid-19 ancora in corso, e a distanza di due anni dalla sua comparsa, siamo tornati sull’argomento dei cannabinoidi che in questo periodo stanno nuovamente facendo parlare, in virtù della loro capacità (secondo uno studio condotto presso l’Università Statale dell’Oregon) di contrastare il coronavirus SARS-CoV-2.
Con l’occasione ci siamo nuovamente soffermati sulle proprietà curative del cannabidiolo e su cosa dice, nello specifico, la nostra legislazione in materia, ancora poco chiara e lacunosa, in particolare per quanto riguarda le regole di “ingaggio” rispetto alla sua assunzione.
Come la cannabis può prevenire il Covid
La cannabis può prevenire il Covid?
A dare una risposta affermativa a questa domanda ci ha pensato il gruppo di ricerca a stelle e strisce capitanato dagli scienziati del Linus Pauling Institute del College di Farmacia dell’Università Statale dell’Oregon (in collaborazione con il il Dipartimento di Microbiologia molecolare e immunologia dell’Università Oregon Health & Science) che ha dimostrato che due composti della canapa riescono a impedire l’ingresso del SARS-CoV-2 all’interno delle cellule umane, prevenendo di conseguenza l’infezione.
L’acido cannabigerolico (CBGA) e quello cannabidiolico (CBDA) sono, secondo quanto riportato dai ricercatori, in grado di legarsi alla proteina Spike, non dando la possibilità al virus di attaccare le cellule.
Per questo motivo, nella prospettiva di una diffusione e distribuzione di farmaci in grado di contrastare la malattia (al di là del discorso legato alla campagna vaccinale), dei farmaci con questi principi potrebbero rappresentare, in base a questi studi, una valida alternativa per la lotta alla pandemia, limitando la circolazione in forme gravi del virus ma anche la sua semplice diffusione.
Secondo quanto dichiarato da Richard van Breemen, ricercatore dell’Oregon State’s Global Hemp Innovation Center, College of Pharmacy e Linus Pauling Institute, ‘questi acidi cannabinoidi sono abbondanti nella canapa e in molti estratti di canapa. Non sono sostanze controllate come il THC, l’ingrediente psicoattivo della marijuana, e hanno un buon profilo di sicurezza nell’uomo. La nostra ricerca ha mostrato che i composti di canapa erano ugualmente efficaci contro le varianti di SARS-CoV-2, inclusa la variante B.1.1.7, che è stata rilevata per la prima volta nel Regno Unito, e la variante B.1.351, rilevata per la prima volta in Sud Africa’.
‘Qualsiasi parte del ciclo di infezione è un potenziale bersaglio per l’intervento antivirale e la connessione del dominio di legame del recettore della proteina Spike al recettore della superficie cellulare umana ACE2 è un passaggio critico in quel ciclo.’, ha proseguito van Breemen, ‘Ciò significa che gli inibitori dell’ingresso delle cellule, come gli acidi della canapa, potrebbero essere usati per prevenire l’infezione da SARS-Cov-2 e anche per ridurre le infezioni, impedendo alle particelle di virus di infettare le cellule umane. Si legano alle proteine Spike in modo che quelle proteine non possano legarsi all’enzima ACE2, che è abbondante sulla membrana esterna delle cellule endoteliali nei polmoni e negli altri organi’.
Lo stesso Richard van Breemen spiega come possono essere assunti: ‘Questi composti possono essere assunti per via orale e hanno una lunga storia in termini di sicurezza per gli essere umani. Hanno il potenziale per prevenire e curare l’infezione da SARS-CoV2. CBDA e CBGA sono prodotti dalla pianta di canapa come precursori di CBD e CBG, che sono familiari a molti consumatori. Tuttavia, sono diversi dagli acidi e non sono contenuti nei prodotti a base di canapa’.
‘Abbiamo identificato diversi ligandi’, sottolinea il ricercatore entrando nei dettagli dello studio che è stato condotto, ‘e li abbiamo classificati in base all’affinità con la proteina Spike. I due cannabinoidi con le più alte affinità per la proteina Spike erano CBDA e CGBA ed è stato confermato che bloccano l’infezione’.
Come è ormai chiaro uno dei principali ostacoli al freno della diffusione della pandemia è rappresentato dalle varianti, contro cui gli stessi vaccini, sino a questo momento sviluppati, sono in difficoltà.
‘Una delle principali preoccupazioni della pandemia’, conferma van Breemen, ‘è la diffusione della varianti, […] Queste varianti sono ben note per eludere il SARS-CoV-2 del lignaggio iniziale, il che è ovviamente preoccupante dato che le attuali strategie di vaccinazione si basano sulla proteina Spike del lignaggio iniziale come antigene. I nostri dati mostrano che CBDA e CBGA sono efficaci contro le due varianti che abbiamo esaminato e speriamo che la tendenza si estenda ad altre varianti esistenti e future’.
Infine, conclude lo studioso, ‘la nostra precedente ricerca riportava la scoperta di un altro composto, uno della liquirizia, che si lega anche alla proteina Spike’.
Tuttavia, afferma, ‘non abbiamo ancora testato quel composto, il licochalcone A, per l’attività contro il virus. Abbiamo bisogno di nuovi finanziamenti per questo’.
Le proprietà curative del CBD
Al di là della sua applicazione rispetto al tema specifico del Covid-19, abbiamo già affrontato in passato il tema legato alle proprietà curative del cannabidiolo.
Molecola che appartiene alla classe dei cannabinoidi, il cannabidiolo ha effetti anticonvulsivanti, antiossidanti, antinfiammatori e antidistonici, aiutando nella cura dell’ansia e del panico, oltre ad essere in grado di abbassare la pressione endooculare.
Tra le altre cose il cannabidiolo non genera assuefazione e secondo una ricerca condotta nel 2007 presso la California Pacific Medical Center Research Institute (e confermata dal un analogo studio realizzato dall’Università tedesca di Rostock) potrebbe bloccare diverse forme tumorali, tra cui quella al seno.
In Italia, in base alla legge 242 del 2016, è legale coltivare e vendere cannabis e derivati nella misura in cui la concentrazione di THC sia inferiore allo 0,2%, mentre, viceversa, non ci sono limiti percentuali per quanto riguarda la presenza di CBD.
La legislazione, rispetto alla sua assunzione, è però nel nostro Paese lacunosa e non resta che aspettare per avere un chiarimento sotto questo punto di vista.
Per quanto riguarda il ruolo del cannabinoide nel contrasto alla pandemia, infine, bisogna attendere per capire se, al di fuori degli studi di ricerca, assumerà una parte importante in questa storica fase dell’esistenza umana.