Leucodistrofia, conosciamo meglio questa malattia neurodegenerativa
Di cosa si tratta? Quali sono i sintomi? Quali associazioni si impegnano a far luce su questa patologia? Scopriamolo.
Le malattie genetiche rare sono purtroppo numerose e accomunate tra loro dalla poca conoscenza del pubblico. Per questo è importante scoprire quali sono, per dare valore alla ricerca che possa migliorare la vita di chi ne è affetto. Oggi scopriamo cos’è la leucodistrofia e cosa comporta.
Cos’è la leucodistrofia?
Per la precisione, non si può parlare di leucodistrofia al singolare: le leucodistrofie sono infatti un gruppo di malattie genetiche rare, caratterizzate da un’alterazione della sostanza bianca del cervello.
Sono causate da un’anomalia nello sviluppo o nel mantenimento della mielina, una sostanza isolante che riveste i neuroni e permette la corretta trasmissione degli impulsi nervosi. Senza una guaina mielinica intatta, i segnali nervosi non possono essere trasmessi correttamente, portando a una progressiva degenerazione del sistema nervoso centrale (cervello, cervelletto e midollo spinale) e, più raramente, dei nervi periferici.
In linea di massima, le leucodistrofie possono essere classificate in forme:
- ipomielinizzanti, quando alterano lo sviluppo della mielina;
- demielinizzanti, quando lo sviluppo della mielina è normale, ma in seguito avviene una degenerazione della sostanza bianca.
La più tristemente nota è la leucodistrofia metacromatica (Mld), causata dall’accumulo di solfatidi nel cervello e in altre parti dell’organismo, che comportano le mutazioni tipiche della leucodistrofia.
Data l’incidenza di circa 5 casi per 100.000 persone, le leucodistrofie sono inserite nel registro delle malattie rare stilato dal Ministero della Salute.
Sintomi e decorso della leucodistrofia
Essendo molteplici malattie riunite sotto lo stesso nome, i sintomi variano a seconda del tipo di leucodistrofia. Di norma possono includere:
-
- anomalie della funzione motoria;
- rigidità muscolare;
- ritardo dello sviluppo psicomotorio;
- disturbi dell’equilibrio;
- movimenti oculari anomali;
- convulsioni, in alcuni casi, anche epilessia;
- degenerazione della vista e dell’udito;
- neuropatia periferica, ovvero danni ai nervi periferici;
- difficoltà a parlare e camminare;
- disturbi del comportamento.
L’esordio clinico può avvenire a tutte le età, anche se è più comune che si manifestino poco dopo la nascita. Esistono anche varianti che compaiono nell’adolescenza o in età adulta: in genere, queste forme hanno un’evoluzione meno grave.
Nella maggior parte dei casi la malattia ha un andamento degenerativo progressivo che porta al peggioramento dei sintomi e spesso purtroppo alla morte prematura del paziente. La ricerca sta però compiendo passi da gigante per scongiurare questo pericolo con diagnosi precoci e trattamenti genici.
Diagnosi e trattamento della leucodistrofia
La diagnosi di leucodistrofia si basa su esami del sangue e delle urine, studi della conduzione nervosa, e tecniche di imaging come la tomografia computerizzata (TC) o la risonanza magnetica (RM) del cervello. Per identificare specifiche mutazioni possono essere effettuati anche test genetici.
Purtroppo, ad oggi non esiste una cura definitiva per le leucodistrofie. Il trattamento è principalmente sintomatico e riabilitativo, con un team multidisciplinare che mira a migliorare la qualità di vita del paziente attraverso la cura di disturbi del movimento, funzioni gastrointestinali e alimentazione, complicanze osteomuscolari e respiratorie.
Sono in fase di studio alcune opzioni terapeutiche, che includono
- la terapia di sostituzione enzimatica, ovvero l’infusione endovenosa di un enzima sintetico o ricombinante, identico o simile a quello difettoso, nell’organismo del paziente;
- una terapia genica, che consiste nel prelievo delle cellule staminali ematopoietiche – quelle che danno origine a tutti gli elementi del sangue – dal paziente per correggerle con cellule geneticamente modificate e iniettarle nuovamente. Somministrata tramite un’unica infusione, ha sinora dimostrato di preservare la funzione motoria e le capacità cognitive nella maggior parte dei pazienti, se somministrata tempestivamente;
- il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali ematopoietiche da donatore sano.
Ricerca sulla leucodistrofia e associazionismo
È notizia di quest’estate che la Fondazione Telethon in collaborazione con l’Ospedale dei Bambini V. Buzzi di Milano ha avviato un progetto per lo screening neonatale di leucodistrofia metacromatica su 100mila neonati per 36 mesi, con l’obiettivo di individuare la malattia in anticipo e intervenire tempestivamente con la terapia genica.
Queste operazioni di ricerca possono avvenire grazie alle campagne di genitori di bambini affetti dalla malatti e sostenitori delle associazioni di sensibilizzazione. In Italia le principali organizzazioni impegnate nella lotta contro queste patologie sono
- l’Associazione Italiana Leucodistrofie Unite e malattie rare (A.I.L.U.) che riunisce le persone affette di ALD (Adrenoleucodistrofia), AMN (Adrenomieloneuropatia) e tutte le altre forme e i loro parenti, per promuovere incontri fra famiglie per condividere le esperienze;
- ELA Italia Onlus, appoggiata alla rete internazionale ELA dedicata alla lotta alle leucodistrofie;
- il Comitato Progetto Mielina, associazione senza fini di lucro per finanziare la ricerca nell’ambito delle malattie demielinizzanti;
- l’Associazione Italiana Sindrome di Alexander – Più Unici Che Rari Onlus, dedicata in particolare alla forma di leucodistrofia detta sindrome di Alexander;
- l’equipe multidisciplinare di professionisti sanitari dedicati alla diagnosi, la cura e la ricerca sulle leucodistrofie COALA (Centro Ospedaliero per l’Assistenza e la cura delle Leucodistrofie e delle condizioni Associate) all’interno dell’Ospedale dei Bambini V. Buzzi di Milano.
Nonostante i progressi, le leucodistrofie rimangono malattie rare e complesse, che richiedono ulteriori sforzi nella ricerca per trovare terapie più efficaci e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Conoscerle è un primo passo verso la consapevolezza, per impiegare sempre più energie nella ricerca.