Tumore gastrico, la nuova frontiera è l’immunoterapia

Recentemente si è svolto l’International Gastric Cancer Congress, dove sono emerse tante interessanti novità nel campo dell'onco-chiururgia.

I primi giorni di marzo, a Houston, si è tenuto l’International Gastric Cancer Congress (IGCC 2022), appuntamento annuale per la rassegna dei recenti sviluppi nel trattamento del tumore gastrico. Questa patologia ha numeri preoccupanti: con circa un milione di casi all’anno, il tumore gastrico si piazza al sesto posto nella classifica mondiale delle nuove diagnosi di cancro. I decessi si aggirano intorno a 769.000 all’anno, è la terza causa più comune di morte per cancro. In Europa, sono circa 133.100 nuove diagnosi e 102.200 decessi, di cui, rispettivamente, 23.000 e 8.500 in Italia.

Fortunatamente, anche la ricerca si sta sviluppando altrettanto rapidamente.

L’Italia e i suoi punti critici

A questo proposito hanno discusso alcuni dei massimi esperti italiani, durante la seduta promossa dall’Associazione “Vivere senza stomaco si può, capitanata dal presidente Claudia Santangelo. Proprio lei apre, spiegando che: “i passi avanti sono stati tanti per la cura di questo tumore, ma siamo consapevoli delle criticità che ancora impediscono nel nostro Paese di intercettare precocemente questa neoplasia: la mancanza di una diagnosi precoce e l’assenza di un definito percorso diagnostico-terapeutico all’interno di Centri di riferimento riconosciuti a livello regionale“. 

Sull’’importanza assunta dalla diagnosi precoce, si esprime anche Stefano Cascinu, direttore del Dipartimento di Oncologia Ospedale San Raffaele di Milano:dal punto di vista della chirurgia, l’Italia rappresenta la punta di diamante anche in termini di risultati nel mondo occidentale; è riconosciuta come tale anche da giapponesi e coreani che per anni sono stati il punto di riferimento mondiale”. Però, sottolinea che: “quello che fa veramente la differenza sono gli screening di popolazione e la diagnosi precoce, che consentono agli asiatici di curare oltre il 40% dei carcinomi gastrici in stadio iniziale, che guarisce con la sola chirurgia conservativa“. Rilevanza che era stata evidenziata, a sua volta, dalla stessa Claudia Santangelo, affermando che: “Sarebbe necessario effettuare una gastroscopia almeno dopo due-tre cicli di inibitori di pompa, i farmaci anti-acido che in genere il medico di famiglia prescrive e che purtroppo eliminano i sintomi ma permettono alla malattia di evolvere verso forme che vengono scoperte tardi”.

L’immunoterapia nel tumore gastrico

La chirurgia resta il cardine nel trattamento del cancro allo stomaco, ma sta diventando sempre più importante il ruolo dell’immunoterapia. La terapia immunologica è molto promettente, soprattutto nei pazienti con malattia in fase avanzata che non rispondono ai comuni chemioterapici.

Inibitori dei checkpoint immunitari

Una via sempre più percorsa è quella dei cosiddetti checkpoint immunitari. Si tratta di molecole di membrana che inviano segnali intracellulari inibitori, in grado di frenare l’attività del sistema immunitario quando, per esempio, i patogeni sono stati eliminati. Quindi, viceversa, il senso è quello di togliere il freno alla risposta immunitaria, orientandola contro il cancro. L’inibizione dei checkpoint immunitari è un nuovo standard nella terapia mirata del tumore gastrico avanzato o metastatico, ed è presente in varie combinazioni con o senza chemioterapia in svariati trial clinici. 

Alcuni degli studi clinici condotti sono:

  • CHECKMATE-649: nell’adenocarcinoma gastrico avanzato, cancro dell’esofago e della giunzione gastroesfoagea, la combinazione di nivolumab e chemioterapia in terapia di prima linea aumenta la sopravvivenza nei pazienti positivi a PD-L1 (programmed cell death protein 1, proteina che funge da fattore prognostico), con approvazione in Europa, USA e Taiwan;  
  • (KEYNOTE-590): stessa cosa per pembrolizumab più chemioterapia nel cancro dell’esofago e della giunzione gastroesfoagea, prima linea per Europa e USA;
  • ATTRACTION-02: nivolumab dimostra maggior sopravvivenza in terapia di terza linea a prescindere dall’espressione di PD-L1, con approvazione in Giappone;
  • KEYNOTE-059: pembrolizumab prolunga la durata della risposta nei pazienti positivi a PD-L1, con approvazione in USA.
  • KEYNOTE-811: pembrolizumab più trastuzumab e chemioterapia mostra aumento della sopravvivenza e sono approvati come terapia di prima linea nei pazienti Her2 (human epidermal growth factor receptor-2, altra proteina che funge da fattore prognostico) in USA.

Il rapido sviluppo nel campo dell’inibizione dei checkpoint immunitari, ha permesso l’arricchimento dell’affermata chemioterapia di associazione. In questa nuova era, la combinazione delle terapie dirette verso Her2- e PD-1/PD-L1 mirano ad un effetto sinergico.

Ora per chirurghi ed oncologi è il momento di trovare nuove strade per aumentare la percentuale di cura dei pazienti. Si comincia a parlare di onco-chirurgia o chirurgia di precisione: si punta anche in questo caso all’immunoterapia in presenza di un particolare tipo istologico che sta diventando predominante nella carcinosi peritoneale.

Cellule CAR-T

Un’altra strada promettente prevede l’uso di linfociti o cellule CAR-T: sono linfociti T prelevati dal sistema immunitario del paziente e ingegnerizzati in laboratorio in modo da contrastare in maniera più efficace il tumore, una volta reinfusi nell’organismo.

Vengono progettate per avere un recettore detto Chimeric Antigen Receptor (CAR). È un recettore trans-membrana (attraversa per tutto il suo spessore la membrana cellulare): all’esterno la molecola ha la struttura di un anticorpo che permette l’interazione specifica molecole con le cellule tumorali; all’interno invece agisce come un segnale che spinge la cellula ingegnerizzata ad attivarsi con particolare aggressività contro le cellule tumorali stesse. 

Sono state sfruttate, ad esempio, per orientare verso tumori gastrici Her2: anche qua è stata notata una marcata capacità nel ritardare lo sviluppo del cancro, e un aumento della sopravvivenza a lungo termine.

Le prospettive

Giovanni De Manzoni, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale dell’esofago e dello stomaco Aoui di Verona, spiega che: “Il tentativo è quello di usare l’immunoterapia anche come trattamento loco-regionale durante l’intervento chirurgico o intervallato alla chemioterapia tradizionale, sempre in onco-chirurgia. Il punto è capire come possiamo migliorare la sopravvivenza, cosa che per lo stomaco è difficile per le recidive dentro il peritoneo, oppure capire come prevenire queste recidive”.

Al momento, il tasso di sopravvivenza nei 5 anni è del 32%. Con oltre il 50% delle diagnosi fatte quando il cancro ormai è diffuso, il tumore gastrico richiede quindi un’efficace e accessibile terapia, mediante un approccio multimodale e personalizzato.