Droghe per studiare: quanto sono pericolose?
Studiare o lavorare per ore e ore senza perdere la concentrazione né sentire la stanchezza: è questo l’effetto delle “smart drugs”, ma a quale prezzo?
Usate per il trattamento di alcune patologie, le cosiddette “smart drugs” vengono assunte impropriamente anche per migliorare la concentrazione e mantenere ritmi di lavoro o studio smodati. Se, sotto prescrizione e controllo medico sono utili a gestire alcuni disturbi, come ADHD o narcolessia, la loro assunzione al di fuori di questi casi specifici può rivelarsi dannosa, soprattutto perché non se ne conoscono gli effetti a lungo termine. Anche nel breve periodo, però, questi principi attivi apportano benefici piuttosto dubbi rispetto ai possibili rischi.
Droghe per studiare
In una società performativa come quella in cui viviamo, non è permesso rallentare né tanto meno fermarsi; spesso la pressione sociale spinge a ritmi lavorativi o di studio non consoni al proprio benessere e difficili da mantenere a lungo. L’utilizzo di sostanze non è più e non solo a scopo ricreativo, quindi, ma anche a scopo performativo.
In questo ambito è sempre più diffuso il ricorso a sostanze dette nootrope; si tratta di principi attivi stimolanti di origine naturale o sintetica, presenti legalmente sul mercato per il trattamento di alcuni disturbi, come:
- disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (ADHD);
- narcolessia e altri disturbi del sonno;
- obesità.
Adderall, Metilfenidato, Modafinil sono solo alcuni dei nomi di principi attivi prescritti in questi casi, ma sono reperibili, senza troppe difficoltà, anche su internet; proprio perché sono di solito sostanze legali e approvate per l’utilizzo in campo medico, procurarsele non è difficile: da qui il nome “smart drugs”, ovvero “droghe intelligenti/furbe”.
Gli effetti delle smart drugs
Le smart drugs sono sostanze stimolanti, ciò significa che stimolano il rilascio di neurotrasmettitori come la dopamina e la noradrenalina; l’effetto delle smart drugs sul sistema nervoso centrale porta a:
- migliorare la concentrazione;
- non sentire il senso di stanchezza;
- una diminuzione dell’appetito;
- un senso di euforia e benessere.
Questo le rende a loro modo perfette per dare il meglio nello studio o sul lavoro, ed è questo tipo di utilizzo a preoccupare, sia per ragioni di salute che sociali.
Uno studio dell’Università della California del 2018, svolto in quindici Paesi, ha rilevato come il 14% degli intervistati avesse fatto uso di smart drugs nell’anno precedente, con un aumento medio del 9% nel periodo fra 2016 e 2018, percentuale che tocca picchi del 13% (in Francia) e del 18% (in Gran Bretagna).
Non solo gli studenti alle prese con esami da prepare in pochi giorni ne fanno uso (si registra infatti un picco nei mesi degli esami), ma anche lavoratori, soprattutto se svolgono una professione che li mette costantemente sotto pressione e con orari di lavoro massacranti: imprenditori, dirigenti, piloti.
Anche se la promessa di restare concentrati a lungo senza sentirsi mai stanchi è allettante, non è tutto oro quello che luccica. Vediamo se dietro questi effetti apparentemente positivi – chi non vorrebbe studiare o lavorare sempre al massimo delle proprie capacità e senza stancarsi mai? – ci sono rischi e controindicazioni.
Le droghe per studiare sono pericolose?
I principi attivi delle smart drugs non sono di per sé nocivi, tanto che sono legali, è piuttosto il loro modo d’uso a renderle pericolose. Se infatti in ambito medico vengono prescritte in caso di disturbi specifici e sotto controllo, negli altri ambiti (lavorativo o di studio) non è così.
Gli aspetti da considerare sono diversi, in parte legati alla vendita e in parte al consumo vero e proprio:
- se acquistate su internet o al di là dei canali di vendita legali e controllati (come le farmacie per chi ha la prescrizione medica) è impossibile risalire all’origine e quindi alla concentrazione del principio attivo, il che rende i loro effetti imprevedibili;
- spesso vengono usate insieme ad altre sostanze stupefacenti o all’alcool;
- non è possibile, per motivi anche etici, portare avanti studi affidabili sul loro utilizzo da parte di persone sane ai fini di migliorare attenzione e concentrazione.
A livello fisico possono dare prurito, problemi gastrointestinali e disturbi del sonno,mentre a livello psicologico depressione e pensieri autolesionisti; spingere il proprio organismo allo stremo, ad esempio riducendo le ore di sonno per poter studiare, complica ancora di più questi effetti collaterali.
Pensiamo ad esempio a uno studente che nei periodi d’esame fa un uso continuativo di smart drugs, dormendo molto poco perché lo tengono sveglio e concentrato; oltre al pericolo di diventarne dipendente, si priva di un elemento molto importante per le proprie capacità cognitive: il sonno. Se non dormiamo abbastanza, infatti, ciò che apprendiamo non riesce a fissarsi bene e anche l’effetto apparentemente positivo che le smart drugs hanno su memoria e concentrazione si rivela in fin dei conti negativo.
Da cosa nasce il consumo di smart drugs?
Il principio del loro utilizzo è simile a quello della caffeina: stare svegli più a lungo per lavorare o studiare. In più garantiscono una migliore concentrazione e migliori performance cognitive. Come la caffeina, però, l’abuso è nocivo per la salute, e in questo caso si aggiunge il fatto che siano sostanze psicoattive e spesso vengano assunte insieme ad alcool o altre sostanze stupefacenti, rendendo più difficile prevederne gli effetti.
Considerare il loro utilizzo una moda, però, è altrettanto pericoloso che assumerle al di fuori dell’ambito medico, e non porta alla soluzione del problema, che è prima di tutto sociale e solo dopo individuale. Farsi delle domande è allora ancora più importante del condannare il loro uso illegale.
Perché sempre più persone consumano smart drugs, procurandosele in modo semplice ed economico? Perché le aspettative sociali sono sempre più alte, e il senso di inadeguatezza è un sentimento sempre più diffuso, soprattutto nella gestione dello studio e del lavoro: si pretende che essere vincenti sia un dovere, mentre il fallimento non è contemplato.
Promuovere uno stile di vita meno frenetico, meno fagocitato dal lavoro, smettere di considerare anche enti educativi come le università aziende dove conta solo il risultato, certo è più complesso che punire chi fa un uso illegale di queste sostanze, ma forse apporterebbe benefici più ampi. Di sicuro implicherebbe riconsiderare la società stessa e la nostra cultura del lavoro.