Le proprietà curative del cannabidiolo
I benefici di una molecola dalle innumerevoli potenzialità, ancora troppo demonizzata dalla cultura occidentale
Una delle sostanze su cui si aprono sempre tantissime polemiche è il Cannabidiolo: come derivato della Cannabis Sativa viene sempre etichettato come parente troppo vicino delle droghe leggere, privandoci di un composto dalle enormi potenzialità farmaceutiche.
Dove si trova il cannabidiolo?
Il cannabidiolo è una molecola organica, appartenente alla classe dei cannabinoidi, formata da 21 atomi di carbonio, metabolita delle piante del genere Cannabis che producono questa molecola in dei microscopici peli che ricoprono le infiorescenze femminili.
Il genere Cannabis conta tre specie:
- Cannabis Sativa
- Cannabis Ruderalis
- Cannabis Indica
Tutte originarie dell’Asia Centrale, sono da sempre state usate sia per scopi tessili che medici: i primi devono ringraziare la forte componente di fibre nei fusti e nelle foglie delle piante, i secondi la produzione di sostanze fitocannabinoidi.
La produzione totale di cannabinoidi all’interno di una pianta di Cannabis è caratterizzata da un circa 40% di produzione di cannabidiolo, mentre la restante parte riguarda altre molecole tra cui spicca senz’altro il Tetraidrocannabinolo o THC, molecola dalle proprietà psicoattive che fa della specie “Cannabis Sativa”, la fonte di vari tagli di droghe leggere.
Entrambi i metaboliti hanno proprietà molto benefiche, quali:
- Antinfiammatori
- Antidolorifici
- Antiossidanti
- Anticonvulsivanti
- Antispicotico
Mentre il THC associa a questi effetti un potere notevolmente stimolante nei confronti del sistema nervoso centrale, il cannabidiolo si limita solo alle dinamiche illustrate di sopra, che lo eleva a composto naturale dalle moltissime potenzialità farmaceutiche.
A questo proposito sono state infatti selezionate delle cultivar di Cannabis Sativa caratterizzate da una bassa produzione di THC al fine di circoscriverne l’uso solo per scopi medici.
Farmacodinamica
Nella fisiologia del sistema nervoso sono presenti dei recettori che rispondono proprio all’interazione dei cannabinoidi: questa componente neurologica è chiamata sistema endocannabinoide e interagisce con sostanze simili a quelle contenute nella Cannabis ma prodotte invece endogenamente dal nostro corpo, partendo da un lipide molto importante, l’acido arachidonico; nella fattispecie questi recettori sono chiamati:
- CB1r
- CB2r
Fin dalla loro scoperta gli endocannabinoidi hanno stimolato subito molto interesse da parte della comunità scientifica poiché sono presenti praticamente in ogni distretto corporeo.
I recettori CBR che a cose normali si legano ai cannabinoidi prodotti dall’acido arachidonico, possono interagire anche con il cannabidiolo esogeno, che quindi, andando a sostituire il neurotrasmettitore endogeno si comporta come suo agonista determinando un’attivazione della via di segnalazione su tutti i distretti corporei che ne sono interessati.
Il cbd per l’epilessia
Il CBD può essere un valido aiuto contro l’epilessia resistente al trattamento farmacologico: studi alla mano, è stato visto che, in un campione di pazienti pediatrici affetti da epilessia resistente ai trattamenti, l’84% degli individui trovava una diminuzione significativa di attacchi convulsivi grazie all’assunzione di cannabidiolo. In un altro studio, dopo 3 mesi di trattamento con un estratto purificato del 98% a base di olio CBD, il 39% dei bambini con epilessia resistente al trattamento aveva una riduzione di oltre il 50% delle crisi epilettiche. Ancora un altro studio ha analizzato 8 pazienti affetti da epilessia secondaria secondaria resistente a farmaci antiepilettici e 7 su 8 avevano migliorato lo stato di malattia dopo aver ricevuto 200-300 mg / d di cannabidiolo per un periodo di 4,5 mesi.
Quasi sempre si osserva però come effetto collaterale, sonno e affaticamento.
Il cbd come neuroprotettore
È stato visto che il cannabidiolo è un potente protettore neurologico in quanto contrasta efficacemente l’azione dei radicali liberi a livello delle cellule nervose, impedendo il loro invecchiamento e morte.
I primi studi umani hanno mostrato un miglioramento nei pazienti con malattia di Parkinson trattati con la dose di 100-600 mg / die di cannabidiolo durante un periodo di 6 settimane. Il CBD, grazie alle sue proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti, può essere un agente promettente per trattare e prolungare la sopravvivenza nei pazienti affetti da sclerosi laterale amyotrofica (ALS) come dimostrato da uno studio.
Il cbd come antiemetico e anti-nausea
Ricerche sugli animali hanno dimostrato che tra oltre gli 80 composti estratti dalla Cannabis presi in considerazione, il cannabidiolo sembra avere effetti contrastanti sugli stati di nausea e vomito: studi più approfonditi hanno sottolineato che questo effetto sia da attribuire solamente in casi di assunzione di piccole quantità di questo composto: in alte dosi può generare un effetto praticamente opposto.
Il cbd come antidolorifico
Molti studi e lo storico uso della pianta di Cannabis Sativa come antidolorifico, suggeriscono appunto che il cannabidiolo possa avere effetti analgesici.
L’attività antidolorifica dovrebbe essere espletata grazie all’interazione sui recettori CBR, ma le dinamiche precise di questo effetto non sono ancora particolarmente chiare.
Solitamente l’uso delle sostanze derivanti dalla Cannabis vengono prescritte come antidolorifico solamente nei casi di gravi malattie neurodegenerative, laddove il dolore proviene da insorgenza centrale piuttosto che periferica.
In Italia l’unico ente che ha l’autorizzazione per la coltivazione di Cannabis Sativa per scopo medico è l’Esercito, presso il suo Istituto Farmaceutico Militare a Firenze.
Controindicazioni
È dimostrato che il CBD è ben tollerato e sicuro anche ad alte dosi. Gli effetti collaterali che sono stati osservati e potrebbero manifestarsi: lieve abbassamento della pressione, bocca secca, stanchezza, sensazione di testa leggera, riduzione della metabolizzazione di altri farmaci, peggioramento dell’asma.
Si può notare inoltre un’insorgenza di tolleranza (la tolleranza è lo sviluppo di resistenza da parte dell’organismo agli effetti del farmaco) quando la sostanza è assunta come antiemetico.
Qualora il cannabidiolo si assunto tramite cultivar di Cannabis Sativa ricche di THC, del tipo di quelle che vengono usate per ricavare i celeberrimi tagli di droga leggera (Marijuana, Hashish ..), si può assistere logicamente a manifestazioni di dipendenza: le varianti che contengono molto THC sono adatte per scopi ricreativi proprio per il loro effetto stordente, che ne richiama all’utilizzo ricreativo, pratica che continua a essere illegale in Italia e in molti altri paesi.