Cannabis nella terapia contro il dolore: ecco cosa c’è da sapere

La cannabis è utilizzata per contrastare gli effetti collaterali di molte malattie. In Italia può prescriverla il medico: scopri la regolamentazione

Utilizzo della cannabis terapeutica in medicina

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    La cannabis è una pianta dalle cui infiorescenze essiccate è possibile ottenere la marijuana, un complesso di molecole che agiscono a livello del sistema nervoso centrale e periferico. Nonostante nell’immaginario collettivo sia associata allo sballo, la cannabis è una pianta utilizzata con finalità curative da secoli.
    L’uso della cannabis a scopo terapeutico per la cura del dolore è legalizzato e diffuso in diversi Paesi: in Italia è consentito dal 2006 con prescrizione medica.
    Dal 2014 l’Italia ha avviato un progetto per la produzione della cannabis medicinale allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, in seguito a un accordo sottoscritto tra il Ministero della Salute e il Ministero della Difesa.
    Utilizzata per alleviare il dolore, la cannabis a uso terapico viene somministrata anche per contrastare nausea e vomito causati dalla chemioterapia, per stimolare l’appetito nei pazienti oncologici o affetti da anoressia nervosa e per contrastare la sindrome di Tourette. È utile nel trattamento del dolore cronico di tipo neuropatico, ossia nel dolore che si scatena in seguito a lesioni del midollo spinale a causa di patologie come la sclerosi multipla, laterale amiotrofica o la fibromialgia.

    Come funziona

    La cannabis prescritta dal medico viene somministrata per via orale o inalatoria, attraverso vapori o la bollitura in acqua.
    I principi attivi presenti nella cannabis esercitano la loro azione interagendo con i recettori endogeni. Questi recettori sono localizzati nel midollo spinale, nel cervello e lungo le vie del dolore e svolgono diverse funzioni, tra cui la trasmissione degli stimoli del dolore.
    Come agiscono i principi attivi della cannabis?
    I cannabinoidi si legano a specifici recettori (recettori CB, di tipo 1 e 2). I recettori CB1 sono concentrati nel sistema nervoso centrale (talamo e corteccia) e i CB2 nelle cellule del sistema immunitario. Il legame dei cannabinoidi ai recettori CB1 causa un’inibizione presinaptica del rilascio di vari neurotrasmettitori e una stimolazione delle aree della sostanza grigia periacqueduttale (PAG) e del midollo rostrale ventromediale (RVM), che a loro volta inibiscono le vie nervose ascendenti del dolore.
    A livello del midollo spinale il legame dei cannabinoidi ai recettori CB1 causa un’inibizione delle fibre a livello del corno dorsale, a livello periferico una riduzione della secrezione di vari prostanoidi e citochine proinfiammatorie e del segnale doloroso.

    La normativa italiana per la cannabis a uso terapeutico

    Le radici della normativa per la cannabis a uso terapeutico sono rintracciabili nel Decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 nel ‘Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti’.
    La norma che si riferisce nello specifico alla cannabis è rappresentata dal Decreto ministeriale del 9 novembre 2015: si tratta di una legge creata ad hoc per la cannabis terapeutica che ne disciplina utilizzo e somministrazione e ingloba anche la legge Di Bella 94/98 che disciplina la modalità di prescrizione da parte dei medici.
    In Italia, il ricorso alla cannabis per uso terapeutico è consentito dalla legge dal 2006.
    La sostanza non poteva essere prodotta in Italia, ma veniva importata dall’Olanda: solo dal dicembre del 2016 sono entrati in commercio i primi lotti di cannabis a uso terapeutico prodotti a Firenze.
    La marijuana a scopo terapetico si chiama Cannabis FM-2 e contiene THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) in concentrazioni che vanno dal 5 all’8 per cento e CBD (cannabidiolo) in concentrazioni variabili dal 7.5 al 12 per cento.
    La produzione, la preparazione e la distribuzione alle farmacie e ai pazienti della sostanza a uso medico è regolamentata dalla legge che è stata approvata nel 2017 dalla Camera dei Deputati. Il testo fissa parametri uniformi in tutta Italia per garantire l’accesso dei pazienti al prodotto.

    Due volti della cannabis: light e a uso terapeutico

    La differenza tra la cannabis light e quella a uso terapeutico è relativa alle concentrazione dei due principi attivi della pianta, i THC e il CBD. Si parla di cannabis legale e quindi light, quando ci riferiamo alla sostanza che contiene un THC, ovvero la sostanza responsabile dell’effetto psicotropo, che va dallo 0,2 e lo 0,6 per cento. Questo tipo di cannabis può essere acquistata nei negozi fisici da una persona maggiorenne.
    Per quanto riguarda la cannabis terapeutica, la differenza risiede nelle quantità maggiori di THC e CBD: può essere acquistata solo dietro prescrizione medica e presso le farmacie indicate. La canapa light ha effetti rilassanti. Esclude le controindicazioni della presenza di THC, utile invece per alleviare i sintomi delle malattie.

    Fonti

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