La dolce attesa dell’adozione, tra tabù e cliché
Due mamme adottive raccontano le reciproche esperienze con l’adozione, tema su cui ancora gravano disinformazione e luoghi comuni
Sul mondo dell’adozione le informazioni sono poche; gli stereotipi, i tabù, i luoghi comuni, invece, molti. Eppure, nonostante si parli di un lieve calo di domande negli ultimi due anni (i dati ufficiali non sono ancora stati pubblicati, l’ultimo report è quello del 2019) questo percorso di genitorialità, questa forma alternativa di dolce attesa – spesso però più lunga dei canonici nove mesi – interessa diverse famiglie italiane.
Per sapere qualcosa di più, abbiamo raccolto le testimonianze di Fabia, mamma di Léonie, splendida bambina di quasi 5 anni nata in Burkina Faso, e quella di Roberta “mum-to-be”, ancora in attesa di scoprire chi sarà il bambino o la bambina che entrerà nella sua vita di copywriter, moglie e gattara amante della pizza con l’ananas.
Entrambe utilizzano i social per promuovere la cultura dell’adozione, per non lasciare sole coppie che hanno deciso di intraprendere questo non sempre facile percorso, per sgombrare il campo da cliché purtroppo troppo radicati nell’immaginario collettivo.
La storia di Roberta (@lacasadirob)
Roberta, so che hai un’avversione per la frase: “che bella cosa che state facendo”. Ci spieghi il perché?
Volentieri, perché è un punto sul quale mi batto molto. Additare futuri genitori adottivi come “benefattori” o “missionari” svilisce e sminuisce il nostro enorme desiderio di diventare semplicemente una famiglia. Adottare un bambino non è una “bella cosa”: quel bambino sarà nostro figlio, non un ospite riconoscente che abiterà la nostra casa solo grazie al nostro buon cuore. Di base c’è la fortissima volontà di essere una famiglia e di diventare genitori, non di essere visti come “brave persone che salvano bambini”. Ecco perché una frase del genere risulta sempre un po’ indelicata, seppur detta con leggerezza.
Che percorso è stato – ed è tutt’oggi – il vostro percorso di adozione?
Un percorso arricchente, non privo di difficoltà, ma che ci ha donato come coppia un’apertura mentale e un’unione che non potevamo immaginare. È davvero dura avere a che fare con la continua incertezza, lentezza burocratica e rallentamenti, ma l’obiettivo che abbiamo davanti è luminoso.
Quali sono gli stati d’animo più ricorrenti?
Difficile rispondere. Siamo sempre pieni di tanta speranza, però ogni tanto ci si sente un po’ persi. Il percorso è davvero lungo, quando dicono che l’adozione non è per tutti è vero. Non è una questione economica, perché non tutti sanno che l’adozione può essere anche a costo zero, ma è una questione di volontà: quante coppie sarebbero disposte ad attendere anni pur di abbracciare il proprio figlio?
C’è qualcosa che ti piacerebbe cambiare riguardo al mondo dell’adozione?
Vorrei che l’argomento adozione fosse maggiormente fruibile ovunque. Quando si parla di maternità si fa quasi sempre riferimento unicamente a quella biologica, e questo non aiuta i nostri figli né noi genitori. Ci fa sentire trasparenti, inesistenti. E invece esistiamo eccome, e siamo tantissimi! Inoltre, a causa di questa ignoranza relativa al mondo adottivo, le informazioni che trapelano sono estremamente sbagliate. Ho sentito tante convinzioni profondamente errate da parte di chi non conosce bene l’adozione, ma non essendoci una cultura dietro è impossibile sfatare certi miti a meno che non si venga a contatto direttamente con una famiglia adottiva. Personalmente ho in atto una piccola lotta con alcune case editrici, quelle che stampano libri per bambini o “diari” per la gravidanza. Oggi sul mercato non esiste nulla di similare per le famiglie adottive: mi piacerebbe un domani andare in libreria e trovare almeno uno scaffale dedicato al mondo dell’adozione a 360°, che non sia composto solo da manuali e indagini psico-sociali, ma anche da libri per bambini, diari per le famiglie, album di ricordi da compilare ecc.
Che consigli daresti a una coppia che decide di intraprendere questo percorso?
Il primo consiglio che mi sento di dare, perché esce proprio dal cuore, è quello di arrivare alla scelta adottiva pienamente consapevoli. L’adozione è un percorso che risucchia completamente le attenzioni della coppia, e non c’è spazio per pensieri trasversali (come ad esempio un percorso di fecondazione medicalmente assistita). È necessario arrivare all’adozione lasciandosi alle spalle tutto ciò che ha rappresentato fino a quel momento la ricerca di un figlio, perché intraprendere le due strade insieme è psicologicamente impossibile, nonché altamente sconsigliato anche dagli assistenti sociali e psicologi. Riassumendo, il consiglio principale è “prendetevi il vostro tempo”. E poi lasciatevi travolgere dall’amore.
C’è qualcosa che ti sarebbe servito sapere prima e che invece hai scoperto “sul campo”?
Prima di iniziare il percorso, non avevo idea che esistesse la possibilità di adottare anche in nazionale. Si parla sempre dell’impossibilità di adottare a causa dei costi molto elevati, ma l’adozione nazionale è invece a costo zero. Mio marito e io abbiamo presentato doppia domanda, ovvero di Adozione Nazionale e di Adozione Internazionale, però mi si spezza il cuore nel sentire coppie che non adottano perché convinti che sia troppo costoso. Adottare in “nazionale” è un’opzione per le coppie che, per motivi economici o per altri motivi, non se la sentono di intraprendere un percorso internazionale, ma se ne parla sempre tanto (troppo) poco.
Come immagini il vostro primo incontro con tuo/a figlio/a?
Domanda difficilissima! Ho visto tanti video di incontri fra genitori e bimbi, ma il mio non riesco ad immaginarlo. Sforzandomi, vedo me e mio marito in una stanzetta, magari con un peluche o dei cioccolatini in mano, in attesa che si apra la porta e che i nostri occhi si incrocino con quelli del nostro bambino. Gioco tanto con l’immaginazione, ma la verità è che quel giorno non ci capirò nulla e sarò super frastornata! Tanto poi dipende anche dall’età del piccolo, che per noi è ancora un mistero. So solo che non vediamo l’ora di vivere quel momento.
La storia di Fabia (@adozione_e_altri_racconti)
Fabia, ci racconti il primo incontro con tua figlia?
Il primo incontro con Léonie è stato davvero speciale. Arrivati a “La casa dei bambini” in tarda mattinata, provati dal caldo, dal viaggio e con un’agitazione indescrivibile, davanti al portone che ci separava da nostra figlia non posso dirvi quanto mi battesse il cuore e mi tremassero le gambe. Léonie era mano nella mano con la direttrice, chiaramente intimorita, io e mio marito ci siamo avvicinati a lei con grande calma, anche se la voglia di stringerla e riempirla di baci mi tormentava. Léonie però si è lasciata andare presto e si è fidata di noi. Ero stata ben preparata dalle “Tantie” (le tate de “La casa dei bambini”), ma l’emozione che io mio marito abbiamo provato nel vederla e abbracciarla per la prima volta sono davvero difficili da spiegare a parole. Devo dirti che la paura più grande era quella che la bambina ci rifiutasse fisicamente. Nella realtà è stato tutto il contrario e fin dai primi momenti c’è stata intesa tra noi. Quando l’ho presa in braccio per la prima volta ho avuto la sensazione che avessi trovato quella parte di me che mancava. Ci eravamo trovate, mamma e figlia finalmente insieme.
Qual è stato il momento più difficile del tuo percorso adottivo?
Il momento più difficile del percorso adottivo sono stati i nove mesi (esatto, proprio nove mesi!) di attesa dopo l’abbinamento con nostra figlia. Mesi in cui ci sono stati alcuni intoppi burocratici che ci hanno tolto il sonno per diverse notti, mesi in cui non avevamo grandi notizie, non potevamo contattare “La casa dei bambini” o la direttrice e ci siamo dovuti affidare alle poche notizie che arrivavano dall’intermediario.
E quello del tuo percorso da mamma?
Il momento più difficile è stato il primo mese in cui ho dovuto cambiare completamente la mia routine quotidiana, adattarla a Léonie e per i primi mesi essere presente per lei al 100%, 24 ore su 24. La difficoltà maggiore l’ho trovata nello sviluppare la pazienza e la comprensione verso alcuni atteggiamenti che tutti i bambini piccoli hanno, oltre a dinamiche più specifiche che andavano affrontate e superate. Non avere una rete di mamme intorno a me che potesse capirmi e consigliarmi in quel momento è stato molto difficile. L’aiuto di una psicologa fidata è stato fondamentale e la comunità che mi sono creata da sola grazie anche ai social è tutt’ora di aiuto per un confronto e non solo. A distanza di due anni dall’arrivo di Léonie, ho voluto approfondire iscrivendomi a corsi di educazione alternativa a quella tradizionale come il Respectful Parenting e il metodo Montessori per migliorare il rapporto con mia figlia.
Sul tuo IG, tieni delle vere e proprie rubriche in cui tratti diverse tematiche legate all’adozione: quali sono le problematiche più ricorrenti che ti capita di affrontare?
Le rubriche sono nate proprio dalla mia esperienza personale perché durante l’attesa e i primi mesi dall’arrivo di Léonie mi sono sentita molto sola. Neanche sui social si parlava di adozione, le coppie una volta erano molto più restie ad aprirsi e i tabù riguardo al tema erano – e sono – ancora tanti. Le problematiche più frequenti che tratto riguardano l’aspetto burocratico che a volte è molto complicato, l’attesa che sembra infinita, la mancanza di testimonianze reali da parte di altre famiglie e, da poco, ho scoperto che esiste anche la sindrome da depressione post adozione.
Spesso, inoltre, ospiti altre mamme adottive: qual è l’obiettivo del raccontare queste belle storie di vita?
All’inizio credo fosse solo l’urgenza da mamma di urlare al mondo la mia felicità. Poi il riscontro è stato tale che mi sono resa conto che prima di tutto eravamo in tantissimi a essere diventati genitori grazie all’adozione e altrettanti stavano affrontando il percorso per diventarlo. Poi la maggior parte delle mamme che mi scrivevano vivevano la stessa solitudine che avevo provato io e ho pensato che potesse essere molto utile condividere e diventare uno strumento per fare network e condividere il più possibile le storie di altre famiglie. Ho creato anche un canale Telegram che oggi raduna quasi un centinaio di famiglie che si scambiano informazioni e si supportano a vicenda.
Quali sono gli stereotipi più diffusi sull’adozione?
I più comuni: l’adozione nazionale è impraticabile, è solo per “raccomandati” (l’adozione nazionale è attiva e percorribile da tutti, ho conosciuto tante famiglie che hanno avuto il lieto fine); l’adozione è solo per famiglie benestanti (l’adozione nazionale è gratuita, quella internazionale invece ha un costo che può essere elevato); i bambini adottati sono tutti bambini problematici (premetto che sono solo una mamma e non una specialista nel campo adozioni, ma da mamma mi sento di dissentire da questa affermazione, non si può generalizzare); la paura di non creare un legame di attaccamento forte con i figli non essendo biologici (quest’aspetto è personale ma il legame con qualcuno non lo crea il DNA ma il vissuto, le esperienze che facciamo insieme, l’amore).
Che consigli daresti ad una coppia che decide di intraprendere questo percorso?
Il consiglio che do spesso alle famiglie che iniziano il percorso e che mi contattano deluse e provate per le lungaggini o difficoltà dell’attesa è quello di vedere gli ostacoli del percorso adottivo come dei punti di forza perché un giorno saranno proprio quelli che faranno capire ai nostri figli quanto sono stati voluti, cercati ed amati dalla loro mamma e dal loro papà.