Cos’è il burnout genitoriale (e come evitarlo)

Essere genitore è il mestiere più bello del mondo ma nasconde anche molte insidie. Cosa fare se ci sentiamo letteralmente esauriti?

burnout genitoriale

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    Gli inglesi lo definiscono “burnout”, gli italiani “esaurimento”. Ed è proprio l’inglesismo a rendere forse meglio il concetto che sta dietro a questo graduale processo: bruciarsi, consumarsi, esaurirsi.

    In psicologia, il burnout è una sindrome che descrive la condizione di un soggetto che, sottoposto ad un eccessivo carico di impegni e responsabilità, dà piano piano fondo a tutte le sue risorse fino a soccombere e abbandonarsi a stress e depressione.

    Solo dal 2019 – a fronte di anni di studi e ricerche sul tema – l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente riconosciuto la “sindrome da burnout” come disturbo medico, caratterizzato essenzialmente da tre fattori:

    • senso di spossatezza ed esaurimento;
    • tendenza a depersonalizzare i destinatari del proprio lavoro;
    • calo di efficienza lavorativa.

    Tuttavia, se come si evince da quanto appena scritto e da quanto scrive l’OMS stessa nell’undicesima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD) “il burnout si riferisce unicamente a fenomeni nel contesto lavorativo e non dovrebbe essere applicato per descrivere esperienze in altri ambiti della vita”, questa terminologia ha scavalcato i confini lavorativi e si parla, oggi, di burnout genitoriale.  Cos’è e come si manifesta? Cerchiamo di fare chiarezza.

    Cos’è il burnout genitoriale

    Da uno studio sul tema iniziato nel 2017, condotto da I. Roskam, M.E. Raes e M. Mikolajczak, le tre dimensioni che caratterizzano la sindrome del burnout professionale – esaurimento, depersonalizzazione e senso di inefficacia – si possono riscontrare anche in quello genitoriale. La sostanziale differenza riguarda la seconda dimensione, quella della depersonalizzazione, che nel caso di burnout genitoriale si traduce in una sorta di “distanziamento emotivo” da parte del genitore nei confronti dei figli.

    La sindrome, quindi, può essere spiegata come un intenso stato di stanchezza legata proprio al ruolo genitoriale e sulla convinzione di non essere all’altezza del compito. Ciò comporta, appunto, un distacco emotivo dai figli che si traduce in un minor coinvolgimento nella relazione filiale e in una limitata interazione con gli stessi. Pur rendendosi conto di essere meno partecipativo alla vita dei figli e più freddo nei loro confronti, il genitori affetto dalla sindrome del burnout non riesce a reagire e a invertire la propria rotta. Il genitore – esausto – si limita esclusivamente agli aspetti funzionali dell’accudimento dei propri figli (lavarli, vestirli, dargli da mangiare).

    Qualche dato

    Secondo le stime diffuse da Sánchez-Rodríguez, Callahan e Séjourné nel 2019, il burnout genitoriale interessa tra il 2% e il 12% della popolazione europea con il 18% di madri a rischio (anche se la sindrome colpisce anche i padri).

    Burnout genitoriale: le cause

    Nonostante le somiglianze tra le due forme di burnout – genitoriale e professionale – queste non hanno correlazione (o comunque, essa risulta assai moderata) e non si manifestano necessariamente insieme: ovvero, si può soffrire di burnout lavorativo ma non genitoriale e viceversa.

    Tra le cause del burnout genitoriale possiamo individuare:

    • Il cambiamento sociale del ruolo genitoriale degli ultimi decenni che comporta un sovraccarico di aspettative da soddisfare, sia in termini emozionali (genitori sempre disponibili, aperti al dialogo, flessibili, meno autoritari…) che materiali (genitori pronti a soddisfare ogni necessità economica).
    • Incremento del lavoro femminile: la mamma che deve coniugare lavoro e figli può avere un crollo emotivo a fronte dei numerosi impegni;
    • Maggiore pressione sociale e diminuzione del tempo a disposizione

    Infine, il contesto storico che stiamo vivendo, in cui i genitori si trovano a trascorrere più tempo in casa con i figli, divisi tra smart-working, didattica a distanza, scuole a singhiozzo, una casa da gestire senza la possibilità di intrattenere relazioni sociali e, magari, con sulle spalle preoccupazioni di salute ed economiche, completa il quadro dei fattori di rischio.

    Burnout genitoriale: i sintomi

    Tendenze depressive, disturbi del sonno o disturbi alimentari, sensi di colpa: sono questi i sintomi più frequenti e comuni con cui il burnout si affaccia nella vita di genitori sopraffatti. Ma può manifestarsi anche con una dipendenza da sostanze (non necessariamente alcol, droga, medicinali ma anche il fumo) o con una somatizzazione. Infine, frequente in chi soffre della sindrome del burnout genitoriale sono il desiderio di fuga e abbandono del figlio, comportamenti violenti e/o di trascuratezza della prole. Non sono esclusi pensieri suicidi.

    La sindrome del burnout genitoriale è indipendente dallo stato sociale ed economico della famiglia: può interessare genitori più o meno agiati.

    Quali conseguenze?

    La conseguenza più seria della sindrome è il distacco e la trascuratezza (se non, addirittura, la violenza) nei confronti dei figli, i quali, a loro volta, rischiano di maturare un’insicurezza che potrebbe manifestarsi in una futura incapacità relazionale.

    Il burnout genitoriale può inoltre provocare serie conseguenze sulla vita di coppia, andando a minare l’equilibrio con il partner in un crescendo di liti e conflitti. La depressione, infine, che è uno sei sintomi della sindrome, può diventare anche una delle conseguenze più serie della stessa.

    Burnout genitoriale: come intervenire?

    Il burnout genitoriale ha bisogno di interventi urgenti, considerata la potenziale gravità della sindrome e le conseguenze negative a lungo termine che essa può produrre sullo sviluppo psicologico dei figli e sul loro comportamento. Occorre saper leggere tempestivamente i segnali e, se non si è in grado di intervenire autonomamente per apportare qualche cambiamento nella routine quotidiana – delegare qualche compito, lavorare sulla propria autostima e sull’accettazione di sé, riorganizzare la famiglia con una divisione equa dei doveri – è opportuno rivolgersi a un professionista. Senza timori né vergogna di chiedere un aiuto.

    Fonti

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