F.R.I.D.A. onlus, l’associazione toscana tutta al femminile al fianco delle persone che soffrono di disturbi alimentari

Un viaggio tra le stanze, le parole e le esperienze di un’equipe tutta al femminile che lotta ogni giorno contro i Disturbi del Comportamento Alimentare.

“Smisi di guardarmi allo specchio e di paragonarmi alle donne perfette del cinema e delle riviste e decisi che ero bella per il semplice motivo che avevo voglia di esserlo. Su questo non ci pensai due volte. L’anoressia è una malattia della mente, non del corpo.” 

Questa frase, impressa su cartoncino viola e incorniciata ha catturato subito la mia attenzione, appena arrivata presso F.r.i.d.a. (Formazione, Ricerca, Integrazione, Disturbi Alimentari) Onlus, seduta nella luminosa sala d’attesa. Poco dopo ho scoperto che era opera di una delle ragazze più giovani che frequentano questo centro, un regalo alle Dottoresse come ringraziamento per il percorso fatto con loro. Guardandomi intorno mi accorgo che non è l’unico, ma anzi, molti sono i contributi delle persone che in questo luogo hanno lasciato qualcosa di loro; oggetti, collage fotografici, piccole creazioni artistiche, disegni, ricami. Me li mostra e me ne parla Silvia Lucchesi, sessuologa clinica, psicologa e psicoterapeuta, che mi guida in un approfondito tour delle stanze di Frida Onlus. Infatti, dove prima risiedevano gli uffici amministrativi di una banca, adesso in Piazza del Popolo, nel pieno centro della città di Montecatini Terme troviamo la casa di Frida Onlus. È proprio così che Silvia me la presenta:

“Avevamo l’obiettivo di rendere questo luogo somigliante il più possibile a una casa, un posto dove chi viene a trovarci si senta accolto, a proprio agio. Inizialmente il primo centro, l’Istituto Specchi d’Acqua, centro ambulatoriale privato, si trovava poco lontano dalla posizione in cui siamo adesso. Poi, il due dicembre 2016, è nata Frida Onlus, anche grazie alla collaborazione con altri specialisti e avendo bisogno di più spazio ci siamo spostate qui, dove possiamo usufruire di molte stanze e dove possiamo accogliere tutti. Inoltre la posizione centrale è voluta fortemente; la maggior parte delle persone che vengono qui hanno un’età media che va dai 13 ai 20 anni e volevamo che questo luogo fosse facilmente raggiungibile anche con il treno.”

Frida è una casa con tante stanze e ognuna è un mondo a parte: c’è la stanza dedicata all’infanzia, dove in ogni angolo si trovano giochi, libri, orsi di peluche e una piccola cucina giocattolo, c’è lo studio della Dietista Martina Di Meglio, l’unico in cui troviamo una bilancia e dove i quadri alle spalle della scrivania rimandano simbolicamente al rapporto con il proprio corpo e una frase “Not born to diet” fa da monito a chi entra in questa stanza. C’è inoltre una stanza per la terapia di coppia e uno studio più ampio in cui lo spazio è dedicato a laboratori esperienziali fondati sul contatto con l’altro, che prima del Covid erano l’abitudine, fino ad arrivare alla stanza più ampia in cui si tengono corsi di formazione per professionisti e tirocinanti, laboratori e riunioni. Infine una cucina, il cuore pulsante di Frida Onlus, dove le volontarie cucinano torte invitanti e dove l’incontro a tavola fra Dottoresse, pazienti e volontari è all’ordine del giorno. Dopo un caffè vengo diretta nello studio della Dott.ssa Lisa Guidi, Medico Psichiatra e Responsabile Clinico, che mi accoglie in un’altra luminosa e accogliente stanza.

Chi è la Dottoressa Lisa Guidi?

Sono medico psichiatra, mi sono specializzata nella scuola di specializzazione di psichiatria a Pisa, i miei maestri mi hanno insegnato ad essere curiosa, a non smettere mai di voler imparare, un valore aggiunto che mi porto dietro ancora oggi. Quello che facciamo qui, insieme, è anche questo; tutti i tirocini e i corsi di formazione che eseguiamo qui a Frida Onlus sono un laboratorio in cui le mie conoscenze si fondono con quelle delle persone che vengono qui e io imparo tanto, anche dai nostri volontari. C’è tanta contaminazione, anche tra i nostri mondi, tra la medicina, la psichiatria e la psicoterapia. Stando insieme questo trattamento integrato porta davvero ad una integrazione dei nostri linguaggi. Io mi sono formata sui Disturbi del Comportamento Alimentare, sia in tesi di laurea che in tesi di specializzazione. Poi ho frequentato la SISDCA (Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare), la più antica società scientifica che abbiamo in Italia, Il professore Massimo Cuzzolaro la definisce una comunità piccola ma antica. Ora non è più antica e non è la sola, sono 4 o 5 le società scientifiche che si occupano di DCA. La SISDCA ha la particolarità di accogliere professionisti di tutte le discipline, a differenza di SIPA (Società Italiana di Psicopatologia dell’Alimentazione) che accoglie solo prevalentemente Psichiatri.  Devo ringraziare questo centro per la mia formazione e il professore Nazario MelchiondaPsico-Endocrinologo e Nutrizionista, uno dei padri nella cura dell’obesità e in generale dei DCA. SISDCA, oltre a fare formazione, fa un congresso nazionale tutti gli anni ed è divisa in sezioni regionali e io sono appunto Presidente della regione Toscana.” 

Come nasce Frida Onlus e qual è il suo scopo principale?

Frida è formazione, ricerca e integrazione, lo dice il nome stesso, ma il suo obiettivo fondamentale è quello di sensibilizzare e prevenire prima che curare. Questa Onlus nasce dalla collaborazione mia e di Silvia Lucchesi, sessuologa e psicoterapeuta e Sara Danti, Psicologa e Psicoterapeuta e specialista dell’infanzia e adolescenza, ma nasce soprattutto da un bisogno: I DCA sono sempre secondi, per non dire terzi, quarti quinti, se ne parla, ma sempre poco e male. Il bisogno di creare uno spazio associativo è pari a quello di creare un luogo di formazione e di cura. Perché se le persone non sanno dove curarsi e non sanno di essere affette da un disturbo difficilmente potranno trovare una soluzione ai propri problemi. Ancora oggi io accolgo persone che hanno cercato e non hanno trovato un luogo dove potersi curare e hanno girato in maniera confusa senza trovare una soluzione; il nostro compito è quello di far trovare la strada giusta a queste persone.

Sara Danti, psicologa e Psicoterapeuta specializzata nell’Infanzia e adolescenza, aggiunge:

Frida ha anche il desiderio di uscire dagli istituti di cura, incontrare tutti i ragazzi e fargli conoscere queste problematiche, è una mission anche questa molto importante, altrimenti le problematiche legate a questi disturbi alimentari nascono e si concludono solo nei nostri studi e il resto delle persone rimane sempre ignorante rispetto alla malattia e al percorso indicato per la cura del disturbo. Ci teniamo quindi a formare anche Pediatri, Medici di Famiglia, Ginecologi e altri Dottori che magari si interfacciano con casi di DCA ma non avendo la giusta formazione su questi disturbi possono non riconoscerli e non saperli trattare. I DCA richiedono un linguaggio condiviso tra specialisti e una comunicazione costante, poiché sono disturbi sfumati, sfaccettati, estremamente mutanti e quindi le complessità in cui si può incorrere richiede un’ulteriore complessità nella formazione.

Cosa sono i Disturbi del Comportamento Alimentare Dott.ssa Guidi?

Questa non è una domanda facile, anche per noi che lavoriamo giornalmente con i DCA, spesso li definiamo malattie dell’animo che colpiscono il corpo. Perché di fatto sono disturbi che partono dalla mente ripercuotendosi sul proprio corpo. Forse sono i disturbi dove la diade corpo-mente è più rappresentata. C’è sia il disturbo mentale ma c’è anche un forte coinvolgimento e compromissione del corpo, che poi è anche quello che cambia la traiettoria evolutiva del disturbo e la conseguente cura, sta di fatto che c’è, dal punto di vista psicopatologico stretto quella che si definisce dismorfofobia: questo non vedersi per come realmente si è. Il maggior numero di casi che trattiamo infatti, specchiandosi, non vede le reali proporzioni del proprio corpo, magro ed estremamente sottopeso, ma anzi continuano a vedersi in sovrappeso. Sono persone che hanno spesso dei temperamenti con un marcato perfezionismo, che li porta ad esasperare qualsiasi aspetto, come quello dell’aspetto fisico, l’ambizione massima è la perfezione. Quasi tutti i disturbi nascono con un normale mettersi a dieta, i pazienti che soffrono di AN (Anoressia Nervosa) diminuiscono progressivamente la quantità di cibo assunto. Poi il desiderio iniziale di perdere peso viene sostituito da pensieri relativi all’essere indegne del cibo, dal bisogno di punirsi tramite un incessante esercizio fisico e dal bisogno di essere più magre e mangiare meno di qualsiasi altra persona. Anche i casi di BN (Bulimia Nervosa) inizialmente sono caratterizzati da una dieta e solo successivamente cominciano le abbuffate e le condotte compensatorie finalizzate all’eliminazione del cibo assunto. Un altro fondamento del disturbo è la depressione, perché poi anche la cultura e il momento storico che viviamo ha un effetto patoplastico sulle malattie. Se prima c’era “la santa anoressia”, dove le sante anoressiche erano quelle che aspiravano alla vicinanza col Signore perché digiunando arrivavano alla santità, ora c’è tutto l’ideale estetico di magrezza come bellezza, per cui la maggior parte dei casi che curiamo aspira a questo. C’è, inoltre, l’influenza di questo mito della giovinezza eterna, quindi anche l’età di passaggio ne ha risentito, come le donne in menopausa che hanno manifestato per la prima volta un Disturbo Alimentare. La forbice negli anni si è allargata, i DCA colpiscono bambini, adolescenti e persone adulte.”

Qual è la fascia di età più colpita dai Disturbi del Comportamento Alimentare?

La fascia di età critica è sempre quella che va dai 13 ai 25, con un incremento anche dei casi di DCA nel sesso maschile che non è assolutamente escluso, le donne infatti non sono più la maggioranza poiché anche la percentuale di casi maschili di DCA si sta avvicinando a quella femminile, anche se non tutti riconoscono il disturbo e decidono di curarsi. Inoltre adesso c’è l’età di esordio precoce, fra gli 8 e i 10 anni, così come la fascia di età tardiva, 50 anni.

Come e quanto hanno influito i Social Media su questo tipo di disturbo?

Tutti i disturbi mentali non riconoscono il meccanismo di causa-effetto, sono plurifattoriali le cause; ci possono essere fattori genetici, ovvero una predisposizione familiare di ammalarsi di malattie mentali, fattori ambientali stretti, come traumi infantili e bullismo e infine l’ambiente allargato dove c’è un bombardamento di ideali di bellezza quasi impossibile.” 

Anche Silvia Lucchesi è intervenuta a tal proposito: 

Noi come Frida stiamo cercando di lavorare con i social, di utilizzarli a favore di messaggi positivi. Ci siamo rese conto che in questo periodo non possiamo fare a meno di un utilizzo adeguato del social e in questo senso l’abbiamo delegato alle nostre volontarie, che noi supervisioniamo rispetto ai contenuti, ma che desideriamo che siano il più possibile spontanee nel veicolare messaggi di salute. È uno spaccato che non potevamo ignorare, ci siamo rese conto che richiede una conoscenza specifica, non è qualcosa che si può improvvisare. Le nostre volontarie approfondiscono proprio per interesse personale la parte web di Frida, la parte più social, perché anche quello è un mondo che ha le sue regole e soprattutto ha una potenza e per questo va veicolato al meglio. Ci siamo resi conto che a seguito di questi restylist, dal sito in primis e poi sul social, abbiamo favorito così una sensibilizzazione. In questo periodo soprattutto, in cui è molto difficile arrivare anche alle persone in salute, tramite un messaggio di prevenzione nelle scuole o nelle palestre, attraverso i social di fatto è possibile arrivare ad un pubblico più vasto che è curioso di scoprire cosa facciamo qui a Frida. “C’è un disegno di legge comunque, che è in corso di approvazione, in cui si sta cercando di creare il reato di istigazione all’Anoressia, perché se c’è questo lato buono dei social c’è anche il lato più oscuro. Ovviamente queste persone non si ammalano perché ci sono i siti PRO ANA, PRO MIA, ma su una persona fragile e sensibile trovano terreno fertile, agganci e grosse leve per questo tipo di disturbi. Esistono addirittura applicazioni per monitorare il proprio peso e ridurre le calorie fino allo zero.” 

Sara Danti , Psicologa e Psicoterapeuta, aggiunge:

Nella fascia di età 13-25 i social sono la loro realtà, ricordiamoci che se per noi può essere una scelta, per un ragazzo è una realtà a tutti gli effetti. Va rivalutato questo spazio e conosciuto da noi, che non lo utilizziamo come loro, cercando di usarlo per veicolare del bene. Non bisogna mai essere prevenuti rispetto a questo, soprattutto per chi lavora con gli adolescenti, dobbiamo considerare che è un vero e proprio spaccato di realtà per loro. Poi ovviamente, in questo tempo Covid, è l’unico spazio che frequentano di più. Perché la maggior parte sono rinchiusi, soli, nelle loro camerette di fronte agli schermi di telefono tablet e computer.

Quanto ha inciso il Covid sui DCA? C’è stato un aumento dei casi? E quali sono state le fasce di età più colpite? Risponde la Dott.ssa Lisa Guidi:

I disturbi alimentari che abbiamo incontrato durante la prima ondata di Covid e finora non sono gli stessi che abbiamo incontrato anni fa, perché la sfumatura pandemica si sente e matura nei disturbi. Io sono abituata a curare le malattie, ma ora raccolgo sofferenza. Che è molto diverso. Oggi, con questa situazione i casi di disturbi alimentari sono aumentati del 30% in più, soprattutto fra i più giovani. Inoltre con tutti i servizi chiusi si ha più difficoltà a curarsi e i genitori a loro volta sono spesso depressi o non hanno la forza di affrontare la situazione. Proprio i genitori, come i figli, si sono persi stando insieme in casa, si è diffusa una solitudine e una sofferenza nelle mura domestiche dove sia il grande che il piccolo si fanno da specchio e perdendosi l’uno si perde anche l’altro. Anche noi come curanti lo sentiamo, adesso la clinica subisce un aumento in intensità e in numero di casi, in una situazione che continua ad essere caratterizzata da una grandissima fatica e resistenza, e quindi se in questo senso la situazione si complica per i curanti, per i curati non può andare in meglio. Nonostante noi siamo un gruppo molto unito, che va avanti di fronte a tutto, si percepisce purtroppo un po’ la sensazione di fatica data dal periodo che stiamo vivendo.

Anche la Dott.ssa Elisa Giusti, psicologa e psicoterapeuta, si è unita alla conversazione:

Diventa anche difficile indirizzare o orientare le persone a cercare qualcosa di nuovo per la vita per sé stessi quando fuori non c’è niente. Spingere qualcuno a sperimentare è difficile. In passato una persona che veniva a curarsi poneva degli obiettivi che si modificavano costantemente e si orientavano su altri standard, ora come ora abbiamo il compito di ridefinire realisticamente gli obiettivi perché è tutto più circoscritto. Adesso assistiamo alla solitudine, alla sofferenza e al dolore, perché c’è anche chi perde persone care e vivere la perdita di qualcuno in questo periodo è davvero difficile da affrontare

Come si curano di DCA e quanto è importante il ruolo di uno specialista? 

I DCA si possono curare; di anoressia, di bulimia e di obesità si guarisce però bisogna curarli nel modo giusto. Non è importante il ruolo di un solo specialista, ma nel caso dei DCA, solitamente serve un team. Molte persone scelgono di curarsi consultando un solo Dottore, che può essere un Dietista o uno Psichiatra o uno Psicoterapeuta. Io stessa, senza un’adeguata formazione sui DCA, anche se Dottore Psichiatra, non potrei curare qualcuno da sola. Ho bisogno di un’equipe multidisciplinare, come quella che si è creata a Frida Onlus. Inoltre va anche detto che dovrebbe essere fatto un lavoro di informazione anche nelle varie agenzie educative che possono essere le scuole, le palestre, i centri di aggregazione. Cosa che non è stata fatta, non c’è abbastanza sensibilizzazione su questo tema.”

Quali attività dovrebbero essere promosse a livello Nazionale? E cosa può essere fatto ancora per sconfiggere i DCA?

Sicuramente a livello Nazionale dovrebbero aumentare esponenzialmente le attività di formazione e sensibilizzazione. Purtroppo non sempre vengono dedicate le risorse sufficienti per rispettare un impegno simile. Inoltre, nei LEA (Livelli essenziali di assistenza), I DCA sono inseriti nella salute mentale e questo non ci agevola. Per questo stiamo conducendo una battaglia per estrarre i DCA dai LEA fuori dalla salute mentale. Come è successo per l’autismo, che ha avuto un cambio di marcia nella ricerca quando è stata riconosciuta come malattia a sé stante. Un passo simile ci farebbe avere sovvenzioni economiche solo per la cura dello specifico disturbo ma fin quando i DCA resteranno nella salute mentale saremo blindati. Anche a livello regionale non c’è ancora il giusto indirizzamento per la prevenzione dei DCA. Noi, come Onlus, siamo andati nelle scuole toscane, siamo partiti dalle scuole elementari fino ad arrivare alle superiori, portando un livello di prevenzione in tutte le fasce di età.

Qual è il sogno di FRIDA Onlus?

“Io sogno che Frida riesca, insieme a tutte le altre realtà come la nostra, a creare quello di cui c’è bisogno, cercare di fare la cosa giusta, al momento giusto per il paziente giusto, basta.”

(LISA GUIDI) 

“Continuare a sognare in un momento difficile come questo, mantenere vivo il desiderio, alimentare il sogno; noi cogliamo questa sfida, poiché quanto mai in un momento simile è difficile desiderare. Quindi il sogno reale è che Frida continui a vivere il proprio sogno e divulgare un messaggio di salute.”

(Silvia Lucchesi e Sara Danti)