Cos’è il disturbo psicosomatico?

Mente e corpo non sono separati e possono portare al fenomeno della somatizzazione. Ne abbiamo parlato, da un punto di vista psicologico, con un professionista

Parlare di psicosomatica significa riferirsi a quella parte della medicina e della psicologia clinica che tende a ricercare l’unione tra un disturbo somatico e la sua possibile causa di natura psicologica, come ad esempio la febbre psicosomatica.

A partire dalla figura dello sciamano, che teneva insieme il nostro mondo con quello degli spiriti, e passando per i primi medici (in particolare dalla medicina pitagorica, che ricercava le analogie tra l’uomo e l’universo) si è arrivati, grazie soprattutto a figure come René Descartes, Claude Bernard, Sigmund Freud, Alexander Lowen e Franz Alexander, a parlare, con sempre più consapevolezza, di malattie psicosomatiche.

Abbiamo contattato lo psicologo Antonio Muscas, laureato in Psicologia Cognitiva Applicata alla Alma Mater Studiorum di Bologna, per parlare proprio di psicosomatica, interrogandolo su quali sono le ragioni della somatizzazione e cosa fare per risolverla.

Muscas: ‘Oggi siamo riusciti a inquadrare meglio il rapporto tra corpo e mente’

‘Diciamo che la psicosomatica è una scienza che parte da lontano, – mi spiega lo psicologo Antonio Muscas – nel senso che già i primissimi medici (sia orientali che occidentali) consideravano la mente e il corpo come dipendenti l’uno dall’altra per un corretto funzionamento di entrambi. Ad alcune patologie dell’umore, per esempio, veniva data una causa organica, mentre per alcune manifestazioni fisiologiche venivano date cause di natura psichica.’

Ed oggi come è inquadrata la psicosomatica? ‘Oggi siamo fortunatamente un po’ più avanzati dal punto di vista scientifico e siamo riusciti ad inquadrare meglio sia il rapporto tra corpo e mente (che per la cronaca sono molto più uniti di quello che pensiamo. Basti pensare che già il fatto di parlare di corpo e mente come entità separate è considerato concettualmente sbagliato secondo diversi autori) che l’origine di molti disturbi che si esprimono attraverso il corpo.’

‘Faccio alcuni esempi pratici: un attacco di panico può essere considerato come somatico, dal momento che interessa la respirazione, il battito cardiaco, la produzione di ormoni dello stress, ma ha origine prettamente psichica; oppure un disturbo così detto di conversione, già trattato dai primi psicanalisti, in cui si possono avere sindromi, anche importanti, come paralisi degli arti, senza che ci sia alcun correlato fisiologico. Cioè può capitare che la persona non riesca a muovere volontariamente il braccio sinistro ma risponda a stimoli come la puntura di uno spillo o riesca a rimuoverlo durante il sonno.’

‘Da qui poi si apre un universo sconfinato di disturbi psicosomatici, dai frequenti dolori che interessano varie parti del corpo, come testa, pancia, agli spasmi alle gambe, sensazioni di apnea, ma anche alcune malattie della pelle, solo per citare i più comuni.’

Perché si somatizza e quanto può durare

I motivi, mi spiega, alla base della somatizzazione sono molti ma ‘diciamo che il fattore comune è l’espressione di un malessere, un conflitto o un disagio interno, attraverso il corpo. Per esempio Freud, nello studio delle conversioni isteriche, identificò che alla base di queste sintomatologie c’era un desiderio che veniva rimosso in quanto inaccettabile che, non potendo essere espresso tramite il pensiero verbale, veniva trasformato attraverso il linguaggio simbolico del corpo e trovava così sfogo.’ 

‘Studi più recenti, come quelli di Fonagy e Van Der Kolk, mettono in luce il fatto che l’utilizzo da parte del cervello di vie sottocorticali brevi (più primitive e rapide) per registrare eventi emotivamente intensi o traumatici, soprattutto in età precoce (ma anche, mi verrebbe da dire, una lunga serie di piccoli traumi ripetuti nel tempo) portano a una non-integrazione dei ricordi, a cui può seguire una vera e propria dissociazione dei ricordi in sé dalla loro componente affettiva. Questo porta poi, in alcuni casi, ad una riattivazione somatica esagerata che può raggiungere un carattere cronico.’

‘Per quanto riguarda la durata, direi che non c’è da preoccuparsi se prima di un’esibizione abbiamo mal di pancia o se dopo un esame importante siamo stesi a letto con la febbre per un paio di giorni. La cosa da tenere d’occhio è quando questi disturbi si presentano ripetuti per un certo periodo di tempo. Alcune persone sono più inclini di altre a sviluppare condizioni psicosomatiche, questo dipende da diversi fattori: costituzione, carattere, personalità, eccetera. In questi casi si possono avere manifestazioni psicosomatiche che, se non trattate, possono ripresentarsi ciclicamente, in seguito a periodi di stress o cronicamente, anche per tutto l’arco della vita.’

Somatizzare: cosa fare? 

A questo chiedo al dott. Muscas se ci sono consigli che si sente di dare alle persone che tendono a somatizzare.

‘Anzitutto alcuni sport o esercizi di  meditazione possono aiutare ad affrontare questo tipo di problematiche, aiutandoci a diventare più consapevoli delle proprie emozioni e dei propri sentimenti in vario modo. Il consiglio comunque è di affidarsi a qualcuno di esperto almeno quando si inizia questo genere di attività. Per esempio, forme di meditazione e alcuni tipi di sport ripetitivi, come il nuoto, sono ideali per allontanare stati d’animo negativi, e questo può fungere come aiuto temporaneo, ma alla lunga non risolve il problema, lo allontana soltanto dalla coscienza, rischiando in questo modo di continuare uno schema disfunzionale che porta a rinforzare condotte dissociative nei confronti di stati emotivi dolorosi dalla coscienza, aumentando la tendenza a somatizzare.’

Il consiglio è dunque quello di ‘migliorare la propria consapevolezza di sé, dei propri stati interni, dei propri pensieri, anche quelli dolorosi, soffermarsi, attraversarli, con la consapevolezza “zen” che noi non siamo unicamente lo stato d’animo, il ricordo, il pensiero che ci spaventa o che ci addolora, che per quanto ci possa sembrare troppo grande per essere gestito, possiamo affrontarlo o chiedere ad altre persone di aiutarci.’

Essendo la consapevolezza un termine chiave per la soluzione del problema, ‘un modo per rendersi conto di somatizzare, è domandarsi per esempio “Quando si presenta questo mio sintomo?”, cercando di appuntarsi cosa stavamo facendo, pensando o sentendo a livello emotivo prima del suo presentarsi. Sicuramente anche chiedersi, quando vediamo comparire un sintomo fisico, come anche arrossamenti sul volto, se in questo periodo possiamo essere stressati o sotto pressione, se ci sono cose che ci potrebbero anche lontanamente preoccupare ma che non abbiamo avuto tempo o modo di affrontare.’

‘Un ultimo suggerimento, per quanto possibile, – conclude il dottor. Muscas, – è quello di passare più tempo di quello che abbiamo a disposizione in mezzo ad aree di verde, preferibilmente se fuori dalla città. È stato misurato che il cervello umano, quando inserito in un ambiente naturale, soprattutto se esposto a molti stimoli di colore verde, tende automaticamente al rilascio di neurotrasmettitori che generano un senso di benessere e che riducono la produzione di cortisolo.’

Muscas, che ringraziamo per la sua disponibilità, ci tiene però a sottolineare una cosa in conclusione: ‘Spero che nessuno decida di prendere alla lettera quello che ho detto cercando di curarsi, i miei sono solo spunti. Ricordiamoci che in caso di necessità c’è il medico di base, così come una serie di professionisti che possono aiutarci a identificare e risolvere le cause dei problemi che potrebbero affliggerci. E soprattutto ricordiamoci che, sembra banale, ogni persona è unica e necessita di un proprio approccio unico alla propria vita.’