Smart Working: tra emergenza e ottimizzazione lavorativa

Il lavoro agile in quarantena e i risvolti su salute, professione e vita sociale.

Lo smart working non è solamente una query che dopo il decreto attuativo del 23 Febbraio 2020, in particolare nella prima quindicina di Marzo, ha avuto una gigantesca impennata di ricerche su Google (il che vuol dire che le persone hanno cominciato a cercare in massa “smart working” sui motori di ricerca).

Per smart working si intende una filosofia manageriale che si è sposata perfettamente con l’emergenza coronavirus e le necessità nate dalla quarantena annessa. Esiste ancora un po’ di confusione riguardo al concetto di lavoro agile, sulle differenze rispetto ad altre forme lavorative e sui vari risvolti che può avere sulla salute e sulla vita lavorativa di tutti, ma vedremo di chiarire ogni possibile dubbio.

Cosa non è lo smart working?

Per chiarire al meglio in cosa consiste lo smart working, è meglio cominciare spiegando cosa non è. Non è raro infatti che venga confuso con altre forme di lavoro, come il lavoro al computer, il lavoro da remoto e il lavoro da freelance. Vediamo le principali differenze.

Lavoro al computer

In questa macrocategoria rientra qualsiasi mansione svolgibile attraverso o con l’ausilio di un portatile o un computer fisso, ma, come già detto, è appunto una categoria che racchiude un’infinità di sfaccettature. Infatti sono molteplici le mansioni svolgibili da device, ma se è necessaria la presenza fisica dell’addetto, in un determinato luogo di lavoro e in orari prestabiliti, allora non si può parlare di smart working.

Lavoro da remoto

Il lavoro da remoto è una sorta di evoluzione del telelavoro. Un tempo era svolgibile per telefono dalla propria abitazione, a orari precisi e potendo eventualmente attingere e usufruire delle risorse dell’azienda. Ad oggi i computer hanno sostituito i telefoni in molti casi. Il lavoro da remoto è la forma di lavoro che più comunemente viene confusa con lo smart working, ma di fatto non sono la stessa cosa.

Lavoro da freelance

Quando si parla del lavoro da freelance si intende un professionista che offre le proprie capacità e il proprio tempo ad altri professionisti al fine di raggiungere degli obiettivi comuni, cercando di rispettare i tempi e i modi pattuiti all’inizio, ma senza perdere mai di vista la meta finale. Questa definizione è quella che, rispetto alle precedenti, più si avvicina a quella dello smart worker, tranne che per un punto: la subordinazione lavorativa.

Cos’è lo smart working?

Fino ad ora abbiamo visto quali sono le principali forme di lavoro che spesso vengono confuse con lo smart working. Adesso possiamo rimettere insieme i pezzi del puzzle e raccontare il lavoro agile come una vera e propria filosofia manageriale, riconosciuta dallo stato italiano e la cui definizione è contenuta nella Legge n. 81/2017.

Lo smart working è un accordo stretto tra il datore di lavoro e i propri collaboratori, vincolati da un contratto di lavoro subordinato e che mira al raggiungimento degli obiettivi piuttosto che a un’inflessibile attenzione agli orari. Il lavoro può essere svolto da casa, portando il proprio laptop in spiaggia oppure andando in ufficio; non è importante la forma, ma la sostanza.

Chi da anni lavora nelle vendite a provvigioni conosce molto bene questa situazione, perché il risultato finale e il raggiungimento degli obiettivi aziendali valgono più che timbrare un qualsiasi cartellino. Le parole chiavi sono: organizzazione, volontà, flessibilità e correttezza.

Effetti sulla salute dello smart working

In una situazione come quella attuale (Maggio 2020), la scelta di molte aziende di privilegiare una forma di lavoro agile rispetto alla presenza in ufficio è stata figlia di un’emergenza sanitaria. Lo smart working può presentare diversi effetti sulla salute individuale e collettiva, alcuni utili per combattere la diffusione del virus, altri potenzialmente deleteri, che potrebbero sommarsi a quelli di una quarantena.

Esposizione ai contagi

Durante una pandemia virale, come quella da coronavirus, i contatti interpersonali diventano il principale veicolo di trasmissione del patogeno. Può essere alienante vivere e lavorare chiusi in casa, ma il primo e più sensibile effetto sulla salute dello smart working, appunto, è proprio quello di non esporsi a potenziali contagi. 

Qualità del sonno

Un aspetto importante del quale tenere conto riguarda il sonno e la sua qualità. Le tensioni e lo stress accumulato a causa del lockdown possono stravolgere i ritmi circadiani e causare difficoltà ad addormentarsi o a mantenere un sonno ristoratore duraturo. A questo si può sommare lo stress e la frustrazione che il lavorare da casa può comportare, soprattutto se la propria mansione non è stata organizzata al meglio o se non si ha il carattere adatto a gestire le responsabilità derivanti da un’autogestione dei compiti. Al tempo stesso, la maggiore libertà può permettere di ritagliarsi il tempo per un pisolino e di essere più flessibili sugli orari della sveglia.

Alimentazione

Lo stare tutto il giorno in casa può influire sul proprio regime alimentare. Il mangiare per noia o per fame nervosa è il principale nemico di ogni buona abitudine alimentare. Questo ovviamente riguarda chi il lavoro agile lo svolge principalmente da casa.

Ma, se da un lato la convivenza forzata con il frigorifero comporta continue tentazioni, è anche vero che il maggior tempo a disposizione permette di potersi maggiormente dedicare alla cucina, facendo attenzione a creare pasti sani e bilanciati.

Occupare il proprio tempo creandosi una lista della spesa ponderata, scegliendo alimenti sani e convenienti economicamente e organizzando il menù della settimana potrebbe essere un enorme passo avanti per avere abitudini alimentari bilanciate.

Stress

Lo stress è definibile come l’origine e/o il catalizzatore di tutti i problemi dell’essere umano. Se sfruttato, controllato e dispensato in piccolissime dosi può spingere a dare il meglio di se stessi, ma, se lasciato libero di “strisciare”, può avvelenare tutto ciò che incontra.

Gestirsi il lavoro in autonomia, assumersi delle responsabilità sulla gestione del tempo e sul raggiungimento degli obiettivi può essere stimolante per alcuni, ma logorante per i più ansiosi e/o sensibili. Alcune volte confrontarsi con i propri colleghi o parlarne con il proprio capo può risultare utile a ricevere rassicurazioni o per vedere le cose da un’altra prospettiva.

Forma fisica

A prima vista può sembrare che non ci sia un vero e proprio collegamento tra attuare una forma di lavoro agile e lo svolgimento di attività fisica, ma in realtà riflettendoci bene si può capire il nesso. Non avendo orari ben definiti e non essendo obbligati a uscire di casa, il rischio di trascorrere la giornata in pigiama è più che plausibile. Per molti il doversi vestire la mattina, uscire di casa e sapere già gli orari e gli impegni da rispettare durante la giornata è un rito vero e proprio, che scandisce il tempo per il lavoro, il tempo per mangiare e il tempo per fare sport e/o dedicarsi ai propri hobby.

Uno smart worker deve necessariamente possedere una flessibilità differente, non può programmare la sua giornata fin dal mattino e anche se lo facesse potrebbe sempre incorrere in contrattempi e imprevisti dell’ultimo minuto. E non sempre è facile essere motivati a fare esercizio fisico non appena si ha un’ora libera, da un momento all’altro. Quindi, in questi periodi, il rischio di cadere in inattività da quarantena è molto elevato.

Dolori alla schiena e affaticamento degli occhi

Una sedia non adatta a sostenere la schiena per tutto il giorno e un monitor dalla luce aggressiva sono i due nemici principali di chiunque lavori al computer. In un ufficio è obbligatorio trovare dispositivi idonei a svolgere il proprio lavoro in sicurezza, ma a casa propria ognuno fa un po’ come vuole. Tuttavia, procurandosi le attrezzature corrette per svolgere comodamente le proprie attività e facendo spesso pause di qualche minuto, il problema è facilmente risolvibile; in questo caso gestirsi il proprio tempo aiuta.

Quindi lo smart working è positivo o negativo per la salute? Dipende. In casi di emergenza come una quarantena sicuramente risulta un’ottima alternativa all’andare in ufficio esponendosi a potenziali contagi. Ma in maniera assoluta non è possibile dare una risposta definitiva, dipende molto dal tipo di approccio. Dove vige la massima libertà troviamo anche la massima responsabilità.

Aspetti positivi dello smart working

Indubbiamente lo smart working presenta innumerevoli aspetti positivi, derivanti per lo più (ma non solo) dalla possibilità di poter ottimizzare al meglio tempo, risorse e capacità personali. Elenchiamo i principali:

  • produttività: secondo un’analisi dell’Università di Stanford su un’azienda di servizi, si era stimato che la produttività fosse aumentata del 13%;
  • tempo: maggiore possibilità di gestire la propria giornata;
  • risparmio: è notevole il risparmio di carburante per recarsi sul luogo di lavoro, ma anche di risorse e materiali necessari a trascorrere la giornata fuori di casa;
  • fiducia: la correttezza e la professionalità contribuiscono a instaurare un clima di fiducia tra datore di lavore e dipendente;
  • soddisfazioni: aumentando le responsabilità e la libertà d’azione aumentano anche le soddisfazioni;
  • meno ansie: i soggetti più sensibili non saranno più costretti a dover soffrire delle pressioni che in un ufficio possono esserci.

I benefici possono essere molti di più, tutto dipende dal mindset con il quale si decide di affrontare il lavoro agile.

Aspetti negativi dello smart working

Come tutto, anche lo smart working può presentare degli aspetti negativi più o meno trascurabili. Conosciamoli meglio per capire se possono essere in qualche modo trascurabili o risolvibili:

  • difficoltà di divisione tra lavoro e vita privata: è molto difficile a volte smettere totalmente di lavorare. Ci si porta il lavoro a casa (letteralmente);
  • più riunioni: inevitabilmente aumenta la quantità di riunioni (virtuali) e molte delle sensazioni che si hanno parlando “faccia a faccia” si perdono;
  • furbetti: quando c’è la possibilità di gestirsi, inevitabilmente c’è sempre qualcuno che prova ad approfittarsene. Purtroppo (per loro) in questo caso hanno vita breve e si fanno riconoscere piuttosto velocemente;
  • mancanza di strumenti: a casa o in qualunque luogo possono mancare gli strumenti tecnici idonei che invece sul luogo di lavoro sono sempre disponibili;
  • difficoltà di comprensione: può essere difficile comprendersi al meglio per telefono o dietro un monitor. La comunicazione diretta tra due persone in carne e ossa rimane sempre la più efficace;

Anche il lavoro agile non è esente da aspetti negativi, fortunatamente, però, sono tutti risolvibili con volontà e con qualche accortezza.

Effetti sociali

Uno degli aspetti maggiormente impattanti dello smart working riguarda la vita sociale del lavoratore. In molti casi, quando lo smart working è svolto presso la propria abitazione, il rischio di ridurre drasticamente le interazioni sociali durante la giornata è molto elevato.

Il rischio non riguarda tanto i rapporti affettivi e di parentela, infatti è improbabile che uno decida di rinunciare a vedere amici o a trascorrere del tempo con la propria famiglia, quanto le relazioni con i colleghi.

Il non essere obbligati a interagire e a passare il proprio tempo con collaboratori e colleghi porta a non approfondire rapporti che in ambito lavorativo potrebbero essere enormi risorse. Anche il semplice interfacciarsi dopo contrasti o incomprensioni aiuta a risolvere le stesse e potenzialmente a rafforzare il rapporto.

Per il resto non comporta un isolamento sociale, come a primo impatto si può pensare (o almeno non superiore a quello di un lavoratore “tradizionale”). Il tempo per un caffè con gli amici o di giocare con i propri figli dipende dalla volontà e capacità personale di organizzare il proprio tempo, salvo contrattempi.

Conclusione

Lo smart working ci aiuta a comprendere meglio l’influenza del tempo lavorativo sulla nostra vita. Attualmente è una condizione pressoché obbligatoria, ma può avere un valore inatteso contribuendo a rendere l’ambiente di lavoro maggiormente meritocratico, ridistribuendo meriti e responsabilità tra colleghi e collaboratori. Inoltre ottimizza il tempo e le risorse necessarie a raggiungere gli obiettivi lavorativi, motivo per cui è probabile che venga attuato da molte aziende anche dopo il lockdown.