AIDS: qualcosa è cambiato?
Le nuove tecnologie potrebbero dare una mano al debellamento della malattia (parte 1)
Aids è ancora, purtroppo, una parola che spaventa. Oggi è raro morire di Aids, ma ancora non sono state trovate soluzioni definitive per eradicare il virus dell’HIV dall’organismo. Nonostante i numerosi sforzi che dal 1981, anno in cui si segnalarono i primi casi in California, si sono protratti fino ad oggi, niente è risultato tanto efficace da poter dire che siamo vicini al suo debellamento. Debellamento che è l’obiettivo dichiarato dall’Oms entro il 2030.
Sono stati fatti numerosi tentativi nella speranza di trovare un vaccino, senza successo. E ciò a causa, probabilmente, di due fattori: uno burocratico-istituzionale (volontà politica e investimenti insufficienti); un altro scientifico (complessità del virus HIV che muta facilmente e che rende più complesso sviluppare anticorpi).
Ultimamente, però, forse anche in seguito all’avvento del Covid e del conseguente vaccino, sembrerebbe che qualcosa stia cambiando. La tecnologia usata per combattere il Coronavirus, infatti, è nuova, ancora sperimentale e utilizza l’mRna messaggero, e potrebbe risultare utile nella lotta contro l’Aids.
Prima di illustrare i risultati dei recentissimi studi in materia, vogliamo però dare una panoramica totale su questa terribile malattia, mostrando quali sono le cure al momento.
HIV e Aids
Si continua spesso a confondere HIV e Aids. È opportuno, quindi, prima di procedere, analizzare con chiarezza cosa si nasconde dietro queste due sigle.
L’HIV (Human immunodeficiency virus) è un virus, un retrovirus, per l’esattezza che, una volta nell’organismo, attacca e distrugge le cellule CD4 (linfociti T CD4) che combattono le infezioni del sistema immunitario. Se non trattata, l’infezione da HIV, che in questa fase viene chiamata sieropositività, può portare all’Aids (acquired immunodeficiency syndrome), la fase avanzata, quindi, dell’infezione da HIV, una malattia che interferisce con il sistema immunitario causando gravi infezioni e tumori.
L’infezione si può trasmettere con contatti sessuali non protetti, con contatti di sangue contaminato e per via materno-infantile, ossia la madre può trasmetterla al figlio sia durante la gravidanza che durante il parto o l’allattamento.
Una persona con HIV è considerata progredita verso l’Aids quando il numero delle cellule CD4 scende al di sotto del valore 200 cellule per millimetro quadrato (un individuo sano possiede tra 500 e 1600 linfociti T CD4 per millimetro quadrato).
Ad oggi comunque, la quasi totalità delle persone affette dal virus dell’immunodeficienza non sviluppa l’Aids grazie ad ART.
Cos’è ART?
Antiretroviral Therapy, la terapia antiretrovirale. Allo stato attuale delle cose, è la cura più efficace che la scienza ci ha donato. Utilizzata anche per combattere l’epatite C (dove riesce però a eradicare il virus), questa terapia prevede un uso giornaliero di una combinazione di farmaci che sopprimono la replicazione del virus; la combo prende il nome di HAART, Highly Active Antiretroviral Therapy. La somma di due o tre farmaci simultaneamente aumenta la potenza della sua efficacia, diminuendo la resistenza del virus. Ha, senza dubbio, ridotto la mortalità e migliorato la qualità della vita di chi ne è costretto a farne uso. Inoltre, impedendo la replicazione dell’HIV, riesce a prevenirne la trasmissione (PReP, profilassi pre-esposizione), pratica indicata, ad esempio, per chi desidera avere rapporti sessuali con il proprio partner senza correre il rischio di trasmettere il virus. L’obiettivo della terapia è rendere l’HIV non rilevabile. Nel gergo medico viene indicato con la sigla U=U: non rilevabile, quindi non trasmissibile. Anche se l’HIV rimane presente (la terapia antivirale agisce solo sui replicanti attivi e non sui serbatoi latenti, rendendo così la malattia, una malattia cronica), HAART consente al sistema immunitario di riprodurre le cellule CD4 in numero sufficiente per poter fronteggiare infezioni e tumori.
Effetti collaterali
Prendere due o tre farmaci, tutti i giorni, contro l’HIV non è esattamente un percorso facile e senza conseguenze. Nonostante oggi siano meno presenti e meno distruttivi rispetto al passato, gli effetti collaterali ci sono; ma partiamo con ordine.
Esistono sette classi diverse di medicinali adibite alla lotta del virus, ognuna delle quali ha un modo diverso di agire. La scelta della combinazione avviene sempre tenendo conto delle esigenze di una persona, dell’assunzione o meno di altri farmaci e da altri fattori propri del paziente. Vengono scelti, come detto, due o tre farmaci di almeno due diverse classi. Devono essere assunti al momento giusto e nel modo giusto. Se un paziente dovesse saltare delle dosi, il virus tornerebbe immediatamente a replicarsi, rafforzando, oltretutto, la propria resistenza agli stessi. Una situazione, questa, assolutamente da scongiurare, in quanto trovare un’altra cura sarebbe rischioso e molto complicato. In alcuni casi, invece, si procede per tentativi: non sappiamo con assoluta certezza come potrebbe reagire il sistema immunitario, e dunque un effetto collaterale, ad esempio, può peggiorare con un’assunzione prolungata. E qui sorge un ulteriore problema. Cambiare trattamento non è facile: bisogna essere sicuri che i nuovi medicinali funzionino e non abbiano effetti collaterali ancora più gravi.
Ma quali sono questi effetti collaterali?
- perdita di appetito
- lipodistrofia (eccesso o difetto abnormi di tessuto adiposo in zone sparse del corpo)
- diarrea
- nausea e vomito (quasi tutti i medicinali)
- fatica
- eruzione cutanea (quasi tutti i medicinali)
- difficoltà a dormire
- perdita massa ossea
- problemi al cuore
- glicemia alta e diabete
- acidosi lattica (acido lattico nel sangue)
- danni ai reni, fegato e pancreas
- intorpidimento, bruciore o dolore alle mani o ai piedi a causa di problemi ai nervi
Ad ogni modo è opportuno ricordare che i benefici che questi farmaci portano alle persone con HIV, nel complesso, sono superiori agli effetti collaterali. Migliorano la qualità della vita, impedendo di morire di Aids.
In conclusione
Vogliamo riprende quanto detto all’inizio: la speranza di un vaccino che porti al debellamento totale di questo maledettissimo virus che in trent’anni ha colpito 78 milioni di persone, uccidendone 35. Un recentissimo studio, infatti, fatto con una nuova tecnologia, sembra fornire risultati incoraggianti. Nel prossimo capitolo sveleremo i dati che ci auguriamo tutti possano trasformarsi non più in una speranza, ma in una realtà concreta.