Che impatto ha il Coronavirus sull’inquinamento?

Una lente d’ingrandimento sugli effetti indiretti del Covid sull'ambiente.

La pandemia sta sicuramente minando la sanità e l’economia sul piano globale, ma che dire dell’ambiente? Con il lockdown, lo stop al motore produttivo di molti paesi e il freno al turismo, il pianeta ne avrà tratto qualche beneficio? Oppure si tratta solo di una nota positiva di breve durata? Sicuramente, l’emergenza Covid ci sta aprendo gli occhi sugli effetti che le attività antropiche hanno su fauna, flora e mari. In questo articolo cerchiamo di approfondire l’argomento.

Inquinamento atmosferico

Si può dire che il Covid abbia avuto un effetto positivo sull’ambiente nei primi mesi della pandemia. Alcuni esperti di clima del Global Carbon Project ritengono, infatti, che le emissioni periodiche di gas serra durante le settimane di blocco totale abbiano raggiunto una soglia così bassa come non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale. Smart working, didattica a distanza e restrizioni sugli spostamenti sono stati indubbiamente un toccasana per l’atmosfera in quei giorni. Si stima che, durante la quarantena, a New York i livelli di inquinamento dell’aria siano scesi del 50% rispetto allo stesso periodo del 2019; in Cina del 25%. Anche Milano, Parigi e Madrid, insieme ad altre principali città europee hanno visto un brusco calo dello smog. Lo dimostrano le mappe dell’inquinamento atmosferico ottenute dal satellite Copernicus Sentinel-5P, anche se queste non sono del tutto affidabili perché variano in base ai cambiamenti meteorologici.

Statista.com

L’alt alla circolazione in tutto il mondo ha significato un precipitoso calo del fatturato per il turismo, ma ha comportato una riduzione del 23% di emissioni di CO2 a livello mondiale. Le emissioni derivate da auto e aerei contribuiscono infatti alla diffusione del 72% e dell’11% delle emissioni di gas serra nell’aria. Le cifre parlano chiaro: ad aprile la UNWTO (l’Organizzazione Mondiale del Turismo) stimava un calo di turisti in tutto il mondo fra il 20 e il 30%, mentre a gennaio ancora accennava a un aumento del 3-4%. Secondo Aspi (Autostrade e Strade per l’Italia), nella zona che comprende Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, dal 25 febbraio al 4 marzo hanno circolato il 20% di veicoli leggeri in meno rispetto alla media registrata nello stesso lasso temporale del 2019. Da Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), sappiamo, invece, che l’arresto del traffico ha ridotto le emissioni di CO2 di 139.000 tonnellate.

Un risvolto positivo dello stop alla libera circolazione legato alla salute pubblica è il calo delle morti premature causate da patologie legate all’inquinamento atmosferico. Secondo l’ESA (Agenzia Spaziale Europea), sono 400.000 ogni anno e il Covid potrebbe aver contribuito a prevenirle.

Per avere qualche idea in più su come viaggiare a basso impatto ambientale, leggi Turismo green: quest’estate le vacanze saranno più salutari?

Inquinamento acustico

Durante le settimane di quarantena, accanto alle sirene delle ambulanze e le canzoni cantate dai balconi degli italiani, il mondo intero ha lasciando spazio ai rumori della natura e degli animali. Con le restrizioni sugli spostamenti, nella maggior parte delle aree urbane è stato possibile distinguere il cinguettio degli uccelli al posto dei clacson. Questo è un bene, se consideriamo che il suono combinato delle varie attività che si svolgono in città è all’origine di un rumore incessante a bassa frequenza che provoca ansia e stress.

Acqua, fauna e flora

Città, campagne, mari e oceani sono rifioriti e si sono ripopolati di animali. Lo vediamo dai canali di Venezia, che sono più limpidi e dal resto del mondo, dove sono ricomparse alcune specie di animali che da tempo non si avvicinavano così tanto alle coste. Nello stato indiano di Odisha, per esempio, gli abitanti hanno assistito a una deposizione record di 60 milioni di uova di tartaruga. Nelle Filippine, invece, per giorni hanno nuotato in superficie alcune rare meduse rosa. Anche nei contesti urbani più gentrificati hanno fatto capolino alcune specie animali che erano solite starsene alla larga dalle persone. A Milano sono state avvistate diverse famiglie di lepri nei parchi pubblici e un gruppo di cigni sui Navigli. Di Roma, invece, passeranno alla storia le immagini con i cinghiali che girano in libertà per le vie più antiche d’Italia.

Se vuoi approfondire il tema dell’inquinamento marino, puoi leggere Microplastiche nel mare, conseguenze ambientali e rischi per la salute.

Non è tutto oro quello che luccica

Svaniti questi effetti a breve termine, gli esperti temono un’inversione di tendenza all’insegna dell’aumento della carbonizzazione industriale. Questo scenario è dettato dal calo della domanda e dal conseguente crollo dei prezzi dei combustibili fossili durante il lockdown. Gli addetti ai lavori si interrogano, infatti, sulla sostenibilità economica della sostenibilità ambientale. La storia ci insegna che, nelle fasi di ripresa economica, i fondi destinati ai piani ecologici a lungo termine non sono stati consistenti. Lo dimostra il periodo a seguito della crisi economica del 2008, in cui le emissioni di CO2 sono drasticamente aumentate in tutto il mondo. Prezzi al ribasso dei combustibili fossili significano purtroppo scarso interesse per le energie rinnovabili. Ecco che la decarbonizzazione, già praticamente un’utopia prima del Covid, potrebbe avere un futuro ancora più incerto a causa dei debiti pubblici.

La situazione attuale dell’Unione Europea potrebbe non lasciare spazio ai progetti green nei quali si era impegnata prima dell’inizio della pandemia e gli Stati Uniti potrebbero continuare a essere contrari agli accordi di Parigi sul clima e ribadire la loro ostilità al climattivismo. Inoltre, il calo delle emissioni di gas serra durante il lockdown non può bastare per spazzare via l’inquinamento accumulato per decenni. Solo attraverso il perseguimento di obiettivi comuni e condivisi da parte di tutti i paesi potrebbe verificarsi un’inversione di tendenza a lungo termine.

Di questo punto cruciale ho avuto il piacere di parlare con l’esperta di clima Virginia Bagnoli, Senior Manager del Climate Group e Writer per Will, che ha condiviso con me qualche sua importante riflessione circa la situazione attuale e quella futura. “I lockdown e i blocchi che hanno certamente rallentato le nostre vite e le economie negli ultimi mesi non hanno purtroppo avuto un impatto significativo sulla concentrazione di CO2 in atmosfera, che rimane il vero dato da guardare.” Riallacciandoci al primo paragrafo, “se è vero che alcune stime danno la riduzione delle emissioni di gas serra per quest’anno di circa il 4-7% rispetto all’anno passato, la concentrazione di CO2 in atmosfera non è diminuita, anzi, è aumentata, raggiungendo 414 parti per milione, record in migliaia di anni.” Virginia accenna anche al report United in Science, pubblicato a settembre, riportando una considerazione che l’ha particolarmente colpita: “data la mancanza di target e azioni per ridurre le emissioni in linea con quello che ci dice la comunità scientifica, la situazione è così drammatica che avremmo bisogno (anche se è triste dirlo) di un ‘pandemic-sized carbon slowdown every year from now until the end of the decade’, ovvero, di una diminuzione delle emissioni di CO2 a livello globale come quella causata dal Covid-19, OGNI ANNO, da adesso al 2030.”

Aumento dei rifiuti

Tra gli effetti collaterali più evidenti dell’emergenza sanitaria c’è sicuramente l’aumento dei rifiuti (o la sua mala gestione). Da una parte, l’incremento dello shopping online e delle conseguenti consegne a domicilio ha aumentato la quantità di imballaggi e scatolame, dall’altra, il lavoro incessante negli ospedali ha generato un notevole incremento dei rifiuti sanitari. Per dare un’idea, durante i giorni più pressanti per la sanità, gli ospedali di Wuhan hanno prodotto circa 240 tonnellate di rifiuti al giorno, contro le 50 di media degli anni precedenti.

E come se non bastasse, in tutto il mondo abbiamo assistito a un utilizzo quotidiano massiccio di mascherine e guanti usa e getta, che in alcuni paesi non sono stati smaltiti con programmi di riciclo a causa della preoccupazione per la diffusione del virus nei centri di riciclaggio. Anche l’Europa ha posto un freno alla raccolta differenziata: l’Italia, in particolare, ha vietato alle persone positive al Covid di smistare i propri rifiuti e ha permesso a tutti di utilizzare buste di plastica usa e getta abrogando il precedente divieto, nonostante queste potessero comunque veicolare virus e batteri.

Prevenire è meglio che curare

Interessarsi al cambiamento climatico e mettere in atto un piano di azioni volte a mitigarlo può essere fondamentale anche nella prevenzione di future situazioni emergenziali come quella che stiamo vivendo. L’OMS ci mette in guardia affermando che la crisi climatica potrebbe aumentare il numero di aree geografiche raggiungibili da altre malattie infettive come la Dengue e la malaria. In più, gli esperti da tempo avvertono sui rischi che corre l’umanità se non riusciamo a contenere la deforestazione e l’uso sconsiderato dei terreni per l’allevamento di bestiame e agricoltura. Questi fenomeni potrebbero facilitare il salto di specie di altri virus, dagli animali all’uomo.

Alcuni studi suggeriscono, inoltre, che il Coronavirus sia veicolato proprio dallo smog. Agire con anticipo, potrebbe quindi ridurre la circolazione del Covid anche nell’immediato. Non tutti gli scienziati sono concordi su questo fatto, ma alcuni reputano che lo smog e il particolato atmosferico possano essere una corsia preferenziale per la trasmissione del virus.

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