Conoscere gli antidepressivi: come agiscono e che effetti hanno
Nelle terapie contro la depressione, questa categoria di farmacia gioca un ruolo primario. Come funzionano? Quali sono i loro effetti collaterali? E soprattutto: si possono sospendere a piacimento?
Quante volte, sfiancati dai problemi, amareggiati dalle delusioni, arrabbiati con la sorte avversa, abbiamo ceduto allo sconforto? E quante volte abbiamo confuso questo sconforto con la depressione? Quante volte ci siamo creduti depressi? La parola “depressione” è infatti entrata nel vocabolario comune e quotidiano per indicare uno stato emotivo di malessere generale, di tristezza più o meno profonda ed è, talvolta, termine abusato o comunque non usato correttamente. La depressione, in quanto disturbo dell’umore, va distinta infatti da una generica demoralizzazione. Lo sa bene quel 5% (secondo il Rapporto OSMED 2019) di popolazione italiana (in prevalenza donne, dai 55 ai 74 anni) affetto dalla malattia che ricorre sistematicamente all’uso dei cosiddetti antidepressivi, classe di farmaci molto studiata, talvolta osteggiata e, comunque, ampiamente utilizzata per trattare casi conclamati di depressione e disturbi bipolari. Per capire però meglio il mondo di questi farmaci – quali i più comuni, come agiscono e quali i possibili effetti collaterali – è utile partire dal conoscere la malattia e i suoi sintomi.
Per un “semplice” disturbo dell’umore – e definirlo semplice non lo rende né piacevole né semplice da gestire – possono essere efficaci rimedi naturali che non comportano l’assunzione di farmaci: in questo senso, qui abbiamo parlato della musicoterapia.
Depressione: definizione, cause e conseguenze
La depressione, fra le cinque patologie più diffuse nel mondo occidentale in quanto colpisce ben il 12% della popolazione con un rapporto uomo/donna di 1 a 2, è caratterizzata da episodi di umore depresso accompagnati principalmente da bassa autostima, perdita di interesse e piacere in attività normalmente apprezzate.
Non si può diagnosticare con test di laboratorio ma solo tramite le esperienze auto-riferite dal paziente ed esami dello stato mentale.
È una malattia invalidante poiché, coinvolgendo la sfera cognitiva e affettiva della persona, influisce negativamente su vita familiare e lavorativa. Studi hanno anche dimostrato che la depressione può aumentare il rischio di esporsi a malattie cardiovascolari e cerebrovascolari e, se non trattata, peggiora gli esiti dell’insufficienza cardiaca.
È una patologia estremamente democratica, dal momento che può colpire chiunque, sebbene la comunità scientifica sia concorde nel ritenere un sentimento di perdita la causa scatenante del disturbo.
Ci sono, inoltre, due fattori di rischio da tenere presente:
- il fattore biologico, ovvero alcune persone nascono con una maggiore predisposizione genetica verso la depressione;
- il fattore psicologico, ovvero esperienze e comportamenti che possono rendere vulnerabili alla depressione.
Depressione: i sintomi
Perché si possa parlare clinicamente di depressione – e non di un calo d’umore passeggero – devono sussistere due o più delle seguenti condizioni (persistenti nel tempo):
- Umore depresso per gran parte del giorno, quasi tutti i giorni;
- Perdita di interesse o piacere per le attività che prima interessavano e davano piacere;
- Stanchezza, mancanza di energia e demotivazione;
- Aumento o diminuzione dell’appetito;
- Insonnia o ipersonnia o disturbi generali del sonno quasi tutti i giorni;
- Scarsa capacità di concentrazione, di mantenere l’attenzione, di prendere decisioni;
- Pensieri ricorrenti di morte o di suicidio.
Se non ti riconosci in questi sintomi ma ti senti stressato e cerchi informazioni su un eventuale aiuto farmacologico, qui trovi un approfondimento sulle benzodiazepine per lo stress.
Trattamento della malattia: gli antidepressivi
Sono due gli strumenti cui si ricorre per il trattamento della malattia: psicoterapia e terapia con antidepressivi. Questi ultimi – classe di farmaci appartenenti alla categoria degli psicofarmaci – agiscono sui sintomi e il loro utilizzo diventa imprescindibile quando la malattia è ad uno stadio tale da inibire la vita sociale, lavorativa e affettiva.
Secondo il Rapporto OsMed sull’uso dei farmaci in Italia, gli antidepressivi hanno rappresentato, nel 2019, il 3,7% del consumo, pari a 42,4 DDD (dosi giornaliere per abitante) in aumento del 2,1% rispetto al 2018. Sempre secondo il resoconto annuale, il consumo aumenta con l’età e raggiunge circa il 25% di prevalenza nelle donne con più di 75 anni. La durata media di terapia è di 223 giorni, ma il 50% degli utilizzatori è trattato per meno di 6 mesi e un paziente su cinque riceve una sola prescrizione all’anno. La Toscana, con 63,1 DDD, ha un consumo doppio rispetto alla Campania (32,9 DDD) mentre Marche e Sardegna sono le Regioni che utilizzano più dosi.
Antidepressivi: come lavorano?
Prima di tutto c’è da fare una precisazione: è stato ampiamente dimostrato che l’efficacia degli antidepressivi è direttamente proporzionale alla gravità dei sintomi. Ciò significa che il loro utilizzo dovrebbe essere limitato ai soggetti che presentano comprovati sintomi di depressione maggiore: nei casi di disturbo lieve o moderato non portano, infatti, particolari benefici.
Sintetizzando al massimo, il lavoro degli antidepressivi consiste essenzialmente nel modificare le quantità delle sostanze chimiche che agiscono comunemente nel cervello (i neurotrasmettitori). Alcune di esse, come la serotonina e la noradrenalina, possono migliorare l’umore e lo stato emozionale delle persone.
Antidepressivi: differenze ed effetti collaterali
Gli antidepressivi più comuni si possono suddividere in tre grandi famiglie di farmaci: gli inibitori della monoamino ossidasi (IMAO, tra i principi attivi la Fenelzina), gli antidepressivi triciclici (TCA, tra i principi attivi la Imipramina ) e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI, tra i principi attivi la Sertalina).
IMAO
Gli inibitori delle monoamino ossidasi, prima famiglia di antidepressivi a essere stata introdotta, agiscono inibendo – appunto – l’attività degli enzimi che metabolizzano i neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione dell’umore (serotonina, adrenalina, noradrenalina e dopamina), determinando così un aumento della disponibilità degli stessi a livello cerebrale. I medicinali in commercio sono Trazodone, Marsilid, Azilect, Jumex, Parmodalin e Aurorix. Tra i principali effetti collaterali ci sono l’aumento di peso e di appetito, ritenzione urinaria, irrequietezza, offuscamento della vista.
TCA
Tra i farmaci più usati nel trattamento della malattia, gli antidepressivi triciclici si distinguono per efficacia e assenza di effetti collaterali. Agiscono captando i neurotrasmettitori e aumentandone la trasmissione. I farmaci in commercio sono Tofranil, Nortimil, Laroxyl, Dominans, Sinequan, Concordin e Ludiomil.
SSRI
Come dice il nome stesso – inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina – questa famiglia di antidepressivi agisce andando a inibire, appunto, il trasportatore responsabile della ricaptazione (ovvero, quel processo con cui vengono inattivati i neurotrasmettitori) della serotonina, aumentandone così la disponibilità. Nausea, anoressia, insonnia e priapismo sono tra i potenziali effetti collaterali. Tra i medicinali spiccano Prozac e Zoloft, ma anche Maveral e Sereupin.
Si può interrompere improvvisamente la terapia?
La comunità scientifica è d’accordo sul fatto che la terapia antidepressiva debba essere interrotta in maniera graduale e non repentinamente dall’oggi al domani. Il rischio, infatti, è quello di avvertire i sintomi tipici dell’astinenza e di incappare in ricadute più gravi.
Se stai passando un momento difficile e pensi di aver bisogno dell’aiuto di un professionista, abbiamo parlato qui di come consultarsi con uno psicologo online.