Cannabinoidi: quanti ne esistono e quali sono i loro effetti curativi

Come vengono usati per scopo terapeutico? Quali sono le controindicazioni?

Ne esistono di diversi tipi, se ne fa uso terapeutico per svariate patologie ma se se ne abusa hanno effetti collaterali da non sottovalutare. Sto parlando dei cannabinoidi, sostanze chimiche di origine naturale che nella testa di molti faranno subito venire in mente gite “culturali” ad Amsterdam e celebri acronimi come CBD e THC.

Abbiamo già affrontato il tema della cannabis e della terapia contro il dolore ma il mondo dei cannabinoidi è molto ampio, strutturato e ne esistono diverse varianti. Per questo abbiamo deciso di entrare nei dettagli.

Tipi di cannabinoidi

Il mondo dei cannabinoidi è (bello perché è) vario. Se non mi credete mettetevi comodi che, senza rubare ulteriore spazio con divagazioni, vi elenco i principali cannabinoidi esistenti.

La prima distinzione intanto da fare è fra:

  • cannabinoidi naturali 
  • cannabinoidi endogeni 
  • cannabinoidi sintetici

Per cannabinoidi naturali si intendono quelli appartenenti alla famiglia di composti chimici presenti nella Cannabis sativa.

Fra i circa settanta composti a oggi identificati i più importanti sono:

  • cannabiciclolo

Non è psicotropo e ha origine dalla degradazione del cannabinolo. Ancora non se ne conoscono però le caratteristiche benefiche. Ci sono studi in corso.

  • cannabidiolo 

Conosciuto con l’acronimo di CBD è il metabolita della più nota Cannabis. A differenza del THC non crea assuefazione e ha capacità antinfiammatorie, antidolorifiche e rilassanti che lo rendono protagonista in campo terapeutico.

  • cannabidivarina

Cannabinoide non psicoattivo è caratteristico della Cannabis indica, coltivata nel nord-ovest dell’India, e dell’hashish del Nepal.

  • cannabielsoino

Siamo nel 1983 all’Ohio State University in Giappone e per la prima volta questo cannabinoide viene osservato, scoperto durante lo studio del metabolismo del cannabidiolo.

  • cannabigerolo

Fra le caratteristiche ha quelle di attenuare la pressione endoculare e di essere utile nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche dell’apparato intestinale. Maggiore è la quantità di THC nella cannabis, maggiore è il cannabigerolo presente.

  • cannabinolo

Caratterizzato da proprietà psicoattive deboli è frutto della degradazione del THC. Non si conosce ancora molto bene ma in ambito medico è comunque utilizzato assieme a THC e CBD. Note sono infatti le sue capacità nella riduzione dell’insonnia e nell’aumentare l’appetito.

  • cannabocromene 

La sua struttura chimica si collega agli altri cannabinoidi naturali, come il THC, il THCV (la tetraidrocannabivarina), il CBD e il CBN (il cannabinolo). Studi stanno accertandone le sue proprietà anti-infiammatorie e anti-virali; di certo c’è che non ha proprietà psicotrope.

  • tetraidrocannabinolo 

Meglio noto come THC è capostipite della famiglia dei fitocannabinoidi, comunemente fumato o inalato. Storia vuole che fu isolato nel 1964 da tre ricercatori dell’Istituto Weizmann di Israele: Raphael Mechoulam, Yechiel Gaoni e Habib Edery.

  • tetraidrocannabivarina

È stata isolata per la prima volta nel 1971 ma non se conoscono ancora bene le proprietà farmacologiche. Resta comunque uno dei numerosi principi attivi nella Cannabis sativa.

Per cannabinoidi endogeni (o endocannabinoidi. Il termine fu coniato nel 1995 da due studiosi italiani, Vincenzo Di Marzo e Fontana) si intende invece una tipologia di messaggeri lipidici, generati nel proprio organismo, che interagiscono con i recettori cannabinoidi e sono processati dal sistema nervoso centrale o periferico.

I più noti cannabinoidi endogeni sono:

  • anandamide

Il nome dalla lingua da cui deriva non lascia spazio a interpretazioni. “Ananda” in sanscrito significa beatitudine interiore e fu isolato nel 1992 dal chimico Lumir Ondrej Hanus e dal farmacologo statunitense William Anthony Devane. È un neuro-modulatore che riproduce gli effetti psicoattivi della cannabis.

  • virodamina

Endocannabinoide dall’origine incerta. Potrebbe essere sintetizzata partendo da una molecola di etanolamina o dall’anandamide con una reazione spontanea o catalizzata enzimaticamente.

I cannabinoidi sintetici

Realizzati in laboratorio e con finalità terapeutiche, i cannabinoidi sintetici imitano il più fedelmente possibile quelli naturali e quelli endogeni.

I più conosciuti sono:

  • acido ajulemico

È stato sviluppato per curare il dolore neuropatico e l’artrite e studi stanno confermando i suoi benefici per dolori neurologici cronici e come analgesico orale per dolori acuti, che lo renderebbero a tutti gli effetti parte della famiglia degli antidolorifici.

Di contro, provoca cachessia, sedazione in forma leggera, secchezza delle fauci e vertigini.

  • dronabinol

La sua storia risale alla metà degli anni ‘80, quando fu registrato come farmaco per i pazienti in chemioterapia o malati di AIDS.

Lo si trova in commercio negli Stati Uniti e nell’Unione Europea (ma non in Italia), rispettivamente come Marinol e Dronabinol.

  • nabilone

Come il dronabinol è utilizzato per coloro che si devono sottoporre a chemioterapia antitumorale e anch’esso non è in commercio in Italia.

  • levonantradolo

È molto più potente (di circa trenta volte) del conosciuto THC e i suoi effetti sono antiemetici e analgesici. Se nella medicina gli è preferito il dronabinol e il nabilone, nella ricerca di potenziali applicazioni terapeutiche è invece ampiamente utilizzato.

  • HU-21 

Secondo uno studio presente su Journal Of Clinical Investigation ha poteri ansiolitici e antidepressivi. Come il tetraidrocannabinolo e l’HU-308 deve la sua messa a punto al professor Raphael Mechoulam dell’Università Ebraica di Gerusalemme.

  • HU-308

Sintetizzato dal professor Mechoulam alla fine degli anni ‘90 ha effetti analgesici, proprietà immunomodulatorie in vitro, protegge i vasi sanguigni dallo stress ossidativo e promuove la proliferazione di cellule staminali neurali.

  • Win 55212-2

Ha effetti paragonabili a quelli della THC pur avendo una struttura chimica diversa.

  • CP 47,497

Come il levonantradolo è stato sviluppato dalla Pfizer negli anni ‘80. Grazie al suo effetto analgesico è stato utilizzato nelle herbal blend, le miscele di erbe, come sostituto della cannabis.

  • JWH 018

Ha effetti simili a quelli del THC e come il JWH è noto per essere stato utilizzato come principio attivo nella Spice e nella N-joy, sostituti sintetici della cannabis.

Crea forte dipendenza e può portare gravi danni sia a livello fisico che psicologico, oltre che essere causa di morte.

Uso terapeutico dei cannabinoidi

“Il prete, gli sposi, la marijuna fanno bene fanno male, sto bene sto male”

(Bluvertigo. “L’assenzio(The Power of Nothing)”. Pop Tools. Mescal, 2001. CD. )

Le terapie a base di cannabinoidi rientrano in quelle alternative e le patologie trattate vanno dall’insonnia alla Sindrome di Tourette (di cui abbiamo parlato in un articolo dedicato ai personaggi famosi che ne sono stati colpiti, da Mozart a Billie Eilish), passando per cefalee, dolori mestruali e cronici, schizofrenia, depressione, cancro e molte altre ancora.

È importante sottolineare però che la funzione dei cannabinoidi nei trattamenti è sostanzialmente palliativa.

Fatta questa premessa si può dire che:

  • il cannabidiolo ha tra proprietà terapeutiche anti-epilettiche, anti-infiammatorie, anti-ematiche, anti-tumorali, rilassanti, analgesiche, antiossidanti e per il trattamento dell’ansia. A differenze del THC, inoltre, non crea nessun tipo di effetto psicoattivo.
  • il tetraidrocannabinolo o THC allevia il dolore, nausea, vomito e favorisce il riposo.

Eventuali controindicazioni

I cannabinoidi agiscono sullo stato fisico ed emozionale di chi li consuma, portando effetti benefici ma anche collaterali da non sottovalutare.

I principali effetti collaterali legati al consumo di cannabinoidi sono:

  • sonnolenza
  • mancanza d’ascolto
  • modifica della percezione spazio-temporale
  • agitazione
  • irritazione
  • congiuntivite
  • dilatazione delle pupille

A questi stati, si uniscono quelli di tachicardia, cambiamento della pressione sanguigna e della personalità.

L’abuso porta inoltre alla dipendenza psicologica e vari studi, sia americani che europei, hanno dimostrato i danni che può provocare ai polmoni e alle vie respiratorie.