Dermatite seborroica: come convivere con questa condizione?
Antonella, ragazza affetta da da dermatite seborroica ci racconta la sua esperienza con la malattia
La dermatite seborroica, come approfondiamo nell’articolo Dermatite seborroica: identikit e trattamento, è una dermatite cronica-recidivante che colpisce varie parti del corpo che vanno dal cuoio capelluto all’area ano-genitale. Teorizzata per la prima volta da Charles Malassez nel 1874, interessa dall’1 al 3% della popolazione mondiale ed è presente in larga maggioranza nella civiltà occidentale (il 90% dei casi complessivi).
Per raccontare come questo tipo di malattia impatta sul mondo femminile (così come avviene con la EEC) ne abbiamo parlato con Antonella, una ragazza che ne soffre da due anni, che si è resa gentilmente disponibile per raccontare la sua esperienza e che qua ci spiega come la dermatite seborroica incide nella sua vita, oltre che nel rapporto con gli altri.
Salve Antonella, quando è comparsa la dermatite seborroica nella tua vita?
È comparsa due anni fa, prima sul cuoio capelluto, dopo aver usato una nota marca di shampoo. Ho iniziato ad avere prurito intenso alle cute da cui mi cadevano scaglie giallastre. Non capivo cos’era e all’inizio pensavo si trattasse di una forfora più intensa, magari dovuta allo stress o al cambiamento di stagione. A questo punto con i miei genitori siamo andati da un dermatologo per chiedere un parere, perché questo problema non mi passava e al contrario peggiorava. I capelli erano diventati più grassi e facevo continuamenti sciampi per pulirli ma senza ottenere risultati significativi. Da circa un anno la dermatite seborroica si è spostata anche sul viso e le zone colpite sono il naso, la zona circostante al naso, quella tra le sopracciglia e le orecchie.
Come hai vissuto da un punto vista psicologico la presenza di questa dermatite nella tua quotidianità? E nel rapporto con gli altri?
La dermatite seborroica ha avuto un impatto psicologico importante nella mia vita e nel rapporto con gli altri. A me prima piaceva moltissimo truccarmi e adesso non posso più farlo, quindi non riesco a camuffare il rossore, le squame che ho sul viso dovute all’insorgenza di questa patologia e questo mi porta a sentirmi a disagio nel rapporto con gli altri. Soffro inoltre di bassa autostima, sulla quale devo ancora lavorare un po’ e questa dermatite certamente non mi aiuta.
Oggi, grazie ai social, è possibile condividere la propria esperienza e confrontarsi con altre persone che ne soffrono. Io ho conosciuto il tuo caso tramite un gruppo Facebook dedicato all’argomento. Quanto ti ha aiutato e ti aiuta condividere la tua situazione con altre persone?
Condividere la mia situazione con altre persone che stanno affrontando le stesse problematiche mi aiuta moltissimo. Inoltre i social sono certamente un ottimo posto dove trovare informazioni, ma bisogna filtrarle, non prendendo tutto per buono, perché, a volte, la dermatite seborroica può tendere a peggiorare e sicuramente è necessario il parere di un professionista che ha studiato. Non tutti siamo uguali e i consigli generici che si ricevono anche nei gruppi social possono risultare inefficaci, come è successo anche a me in prima persona. Il mio consiglio è di andarci cauti, non basarsi completamente sull’aiuto che arriva dai social e fidarsi di più del medico che è una figura preparata sull’argomento.
Da giovane ragazza quale sei, come stai vivendo questo problema?
Ci tengo subito a dire che sia per gli uomini che per le donne questa è una patologia limitante. Non voglio dire che noi ragazze ne soffriamo di più e non voglio fare distinzioni, tanto che anche mio padre ne è affetto. Detto questo, io ne sto soffrendo molto, soprattutto a livello di immagine. Mi rende più insicura, mi sento sempre a disagio e mi vergogno perché il mio viso non è “ottimo” come quello degli altri. Molti medici dicono che bisogna andare al mare e prendere il sole perché va benissimo per la dermatite seborroica. Ma non siamo tutti uguali. Ad esempio a me l’esposizione al sole crea una reazione assurda se non mi metto la crema, tanto che a un certo punto non volevo più uscire di casa. Vorrei anche aggiungere un’ultima cosa se me lo permette…
Prego…
Apro questa parentesi che è stata la motivazione che mi ha spinto a fidarmi di lei e fare questa intervista. Vorrei che il personale medico personalizzasse la cura dei pazienti e non la omologasse con terapie standard. Chiedo questo al personale medico che si occupa di questa patologia, perché purtroppo dare a tutti il cortisone secondo me non è la chiave. Bisogna indagare all’origine la causa che scaturisce nel corpo questa malattia. Oltre lo stress secondo me c’è anche ben altro.