“Nel 2050 le morti da infezioni supereranno quelle dovute ad altre cause”: intervista all’immunologa Romani

Batteri e resistenza agli antibiotici: un tema che non possiamo più ignorare. Ne abbiamo parlato con la super esperta italiana di microbioma, Luigina Romani.

Immunologa, ordinaria di Patologia Generale all’Università di Perugia, Luigina Romani è una dei super esperti di microbioma in Italia. E quando parla con una meticolosità disarmante di microbi e batteri, diventa un fiume in piena. “È un capitolo della medicina che mi affascina molto – spiega, con profonda partecipazione, la dottoressa -, un argomento che cattura totalmente il mio interesse. Non ci dormo la notte nel cercare di capire come comunicano, tra di loro, questi batteri. Cosa combinano, come si interfacciano, quali pro e contro portano nelle nostre vite. Sono oggetto, costante, delle mie attenzioni e dei miei studi”.

La nostra intervista

Microbioma e microbiota, due termini spesso usati come sinonimi… 

Vero, ma non lo sono, perché per microbiota intendiamo tutti i microorganismi presenti nel corpo umano, per microbioma l’insieme dei geni del microbiota. La metagenomica, piuttosto, è la scienza che li studia entrambi.

Che importanza hanno i microbi per l’uomo? 

Se pensiamo che il microbiota è costituito da 2 a 12 milioni di geni, a fronte dei poco più di 20.000 umani e che il 37% dei geni dell’uomo è di derivazione microbica, ci rendiamo subito conto di quanta importanza possano avere ed avere avuto per l’umanità i microbi. Non siamo che animali in un mondo di batteri apparsi sulla terra circa 3.8 bilioni di anni fa, direi molto molto prima degli animali (circa 700 milioni di anni fa).

Possiamo dire che il corpo umano è un insieme di cellule e microbi? 

Nel 2002, il premio Nobel Joshua Lederberg ha coniato il termine “superorganismo” per descrivere l’insieme di cellule umane e non umane che occupano lo spazio del nostro corpo fisico, nonché la loro relazione finalizzata al mantenimento della salute umana.

Il microbiota può essere considerato un organo? 

Il microbiota dell’intestino (come quello degli altri distretti) può essere considerato, a tutti gli effetti, un “organo” nell’organo, che co-evolve con l’essere umano per raggiungere una relazione simbiotica che porta ad una fisiologica omeostasi. Pesa circa 1 chilogrammo e mezzo ed è composto da quasi un migliaio di specie batteriche, il 90% delle quali appartiene ai phyla dei Firmicutes e Bacteroidetes.

Mentre i batteri sono utili o dannosi? 

Molti batteri sono utilissimi, come alcuni generi della phylum Bacteroidetes, altri meno e potenzialmente più dannosi (ad esempio, il Clostridium difficile appartenente ai Firmicutes). La grande maggioranza dei microbi, infatti, non è pericolosa. Anzi, provvede ad alcune funzioni essenziali come la digestione del cibo, la produzione di alcune vitamine, l’abbattimento di tossine e la lotta contro svariate malattie provocate da altri microbi invasori. Già Ippocrate, intuendo l’importanza dell’omeostasi gastrointestinale e dei fenomeni di disbiosi, affermava che “la morte risiede e origina nell’intestino”. Buoni o meno buoni che siano, i nostri microbi sono insomma indispensabili alla nostra fisiologia o, meglio, alla nostra omeostasi funzionale, cioè al nostro benessere.

Come si comportano all’interno dell’organismo umano? 

I batteri possono organizzarsi in comunità, comunicando tra di loro e regolando il comportamento della comunità batterica nel suo complesso, in stretta relazione con l’uomo. Questo fenomeno è stato denominato “sociomicrobiologia”. Decifrare il lessico usato dai batteri nelle loro “conversazioni” è diventata, pertanto, una delle sfide della ricerca medica. Non solo in ambito microbiologico ma, e soprattutto, in ambito clinico.

Si può influire sul microbiota? 

A differenza di alcuni fattori che non sono modificabili e che incidono sull’insorgenza di malattie come l’età e la genetica, modificare il microbioma si può e, aggiungo, si deve. Anche in funzione delle malattie stesse.

Come?

Con l’alimentazione, in primis. Ma c’è di più. Il microbiota ha un ruolo centrale nel definire e determinare l’identità di ogni essere umano, ad esempio educando il nostro sistema immunitario specifico nonché influenzando le nostre funzioni cognitive e cerebrali che sono alla base della personalità di ognuno di noi.

Gli ossiuri, tipici nei bambini, fanno parte di queste colonie di batteri? 

No, è una parassitosi vera e propria, causata dall’ingestione delle uova di questi parassiti.

Cosa accade se vengono eliminati microbi positivi per la salute?  

Da sempre l’uomo vive in simbiosi, ad esempio, con il batterio Helicobacter pylori e si ritiene che, per quanto responsabile di varie patologie umane come la gastrite, il cancro dello stomaco e forse altre malattie, la sua graduale scomparsa, a seguito della terapia antibiotica, possa essere responsabile e associata ad altrettanti gravi patologie. Parafrasando Martin Blaser, autorevole esperto del microbiota, la perdita o scomparsa di un microbo (“the missing microbe”) può essere altrettanto pericolosa per la salute umana quanto la sua presenza.

Può succedere dai primi anni di vita? 

Sì, perché gli antibiotici, quando anche necessari, cambiano il microbiota in maniera significativa, sia in termini di durata del cambiamento dopo l’antibiotico che del tipo di cambiamento. E se tutto questo avviene nei primi anni di vita può aumentare il rischio di allergie, obesità e diabete in età adulta.

Quindi, sì ai batteri buoni e cattivi?  

Non esiste il batterio buono o cattivo di per sé, ma è dal rapporto bidirezionale che stabilisce con l’ospite, uomo o animale che sia, che scaturisce la sua natura positiva o negativa, il suo essere utile o meno utile. In altre parole, è una responsabilità condivisa, non a caso si parla di matrimonio indissolubile tra l’uomo e i suoi batteri.

Una specie di sodalizio…

L’uomo, se parliamo di essere umano, mette a disposizione un ambiente ricco di nutrienti e i microorganismi da parte loro svolgono funzioni indispensabili che il corpo non riesce ad assolvere autonomamente. Per esempio, la produzione di alcune vitamine, la digestione di zuccheri complessi e la produzione di muco. Ed è proprio la fermentazione di prodotti non digeribili che ingeriamo, come le fibre alimentari, che permette la crescita di microbi specializzati nella produzione di acidi grassi a catena corta (i famosi SCFA), tanto importanti nel controllo del bilancio energetico e dell’obesità.

Quanto alle infezioni, che ruolo hanno questi microrganismi? 

Un altro importante servizio reso dai nostri microbi riguarda la difesa dell’organismo dalle infezioni, come dire “it takes one to know one”: chi meglio dei microbi sa, conosce e riconosce un altro microbo, potenzialmente patogeno per l’uomo sì, ma anche un probabile antagonista di loro stessi (ad esempio, sottraendo nutrienti o creando condizioni sfavorevoli alla crescita). Basti pensare alle superinfezioni da funghi (ad esempio Candida albicans) in pazienti sottoposti a terapia antibiotica! O alle coliti e diarrea da Clostridium difficile associata ad antibiotici!

Torniamo agli antibiotici, cosa potrebbe accadere se dovessimo diventare resistenti?  

Qui si apre una nuova frontiera in medicina, che è la lotta alla resistenza sviluppata dalle diverse specie batteriche nei confronti dei farmaci antibiotici, problema non da poco se si considera che nel 2050 la morte per infezioni da batteri resistenti supererà le morti da tutte le altre cause! Entro quella data, le infezioni sostenute da batteri resistenti agli antibiotici provocheranno con tutta probabilità 10 milioni di morti l’anno, con un costo stimato di 100 trilioni di dollari.

Come verranno trattate, dunque, le malattie infettive al termine dell’era antibiotica? 

È spiando i microbi per capire come si difendono tra di loro, comprendere il loro linguaggio e i loro strumenti di lotta e di difesa, fatti di molecole e metaboliti, che si apre uno spiraglio concreto nella lotta alla resistenza agli antibiotici. Gli antibiotici di nuova generazione mireranno a un controllo della crescita dei microbi o della loro aggressività più che alla loro totale eliminazione. Non esisteremmo, senza i nostri microbi!

Piena collaborazione, insomma, con i nostri microbi.

Sì. E vorrei aggiungere che la nuova pandemia, il COVID-19, ci fa capire che il futuro non è poi così lontano! Sappiamo già che in pazienti con COVID-19 esiste uno squilibrio microbico a livello intestinale, tale da aggravarne tutta la sintomatologia, sia quella intestinale che polmonare.

Anche qui, dunque, pare che il microbiota dica la sua in termini di suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2, nonché di gravità della malattia.

Proprio così. Ed è un altro campo di estremo interesse, se pensiamo all’importanza che possano avere i microbi del naso e della bocca nella resistenza al virus.

Il microbioma è, nella sostanza, una sorta di impronta digitale che ognuno di noi si porta dietro dalla nascita. 

Ogni persona ha una composizione distinta e altamente variabile di microrganismi intestinali, sebbene si supponga che ce ne sia un nucleo fisso comune a tutti gli individui, abbastanza stabile nel tempo, tanto da rappresentare una sorta di impronta digitale, per così dire, di natura microbica. In altre parole, il sospetto è che ogni individuo abbia un proprio caratteristico microbiota. La possibilità di identificare una persona solo con il DNA dei propri microbi offrirebbe nuove opportunità in ambito di medicina e della medicina forense. Non senza problemi relativi alla privacy.

Curiosità e informazioni

Parto e microbiota

I bambini nati attraverso il parto cesareo hanno un microbiota intestinale differente paragonati a quelli che vengono alla luce attraverso la vagina e lo stesso dicasi per i neonati allattati al seno rispetto a quelli alimentati con latte in formula. La dieta, sia nell’infanzia che in età adulta, è nota per modulare la composizione del microbiota intestinale, anche a lungo termine, rendendo ragione di differenze geografiche nell’insorgenza e distribuzione di svariate patologie umane. Questo avviene perché la composizione macronutriente della dieta (cioè la proporzione di proteine, carboidrati e grassi) sembra avere un ruolo nella determinazione della composizione microbica, almeno quella intestinale.

Alimentazione e microbiota 

Le ultime acquisizioni scientifiche hanno definitivamente chiarito che il microbiota intestinale si modula in quantità e qualità a seconda di quanto e come ci si alimenta. Ad esempio, livelli di assunzione maggiori di certe componenti alimentari possono aumentare il numero di batteri che usano questi specifici componenti come combustibile, il che significa che i cambiamenti nella composizione della dieta possono portare a cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale. Già 400 anni a.C. Ippocrate, padre della Medicina, affermava: “Fa che il cibo sia la tua medicina e la tua medicina sia il cibo”. Alias, siamo quello che mangiamo. Tra gli scienziati che hanno intuito e tracciato le strade di queste scoperte è doveroso ricordare Ilya I. Metchnikoff (1845-1916), considerato il padre dei probiotici, il quale sosteneva che attraverso l’assunzione di batteri lattici acidificanti contenuti nei latti fermentati si poteva ottenere “Longevity without ageing”. Da questa intuizione si è sviluppata una vasta serie di ricerche sugli effetti dei probiotici nel mantenimento degli equilibri del microbiota intestinale.

Probiotici fondamentali 

probiotici sono organismi vivi che promuovono un ambiente intestinale sano, favoriscono la flora batterica intestinale, supportano il transito intestinale e favoriscono la risposta immunitaria. Sono contenuti negli yogurt con ceppi probiotici, nei latti fermentati con ceppi probiotici, nei gelati probiotici, nei formaggi freschi probiotici, nei vegetali fermentati. Più recentemente è stato sviluppato il concetto di un alimento in grado di promuovere in modo selettivo lo sviluppo e le attività dei batteri autoctoni, benefici che colonizzano il tratto intestinale. Questi sono i prebiotici (ingredienti non digeribili) che stimolano lo sviluppo e le attività dei microrganismi intestinali utili, modulano il transito intestinale e l’attività fermentativa, riducono la produzione di ammoniaca e controllano i disturbi intestinali. Sono rappresentati in particolare dall’inulina (contenuta in cipolla aglio, cicoria, asparagi, carciofi), dai GOS e FOS.

La dieta giusta per il microbiota

Per il buon funzionamento del microbiota intestinale, sono necessari gli alimenti funzionali naturali che contengono fibre (cellulosa, emicellulosa, pectine, gomme, lignina), acidi grassi polinsaturi (oli vegetali di semi di lino, zucca, girasole, oliva), acidi grassi omega 3 (pesci, olii di origine vegetale, noci e legumi), carotenoidivitamina A e luteina (spinaci, broccoli, piselli, lattuga, prezzemolo), licopene (pomodoro, pompelmo rosa, mango, anguria), zeaxantina (vegetali giallo-arancio, ortaggi verde scuro), beta-carotene (carote, zucca, peperoni, albicocche), polifenoli, flavonoidi (olive, cipolla, aglio, cavoli, lattuga, mirtillo, pomodori, mele, albicocche), isoflavonoli (soia e leguminose), antociani (frutti rossi, uva, arance rosse) e flavoni (sedano, olive). Tutti questi composti diventano la chiave di volta del nostro benessere se associati in modo bilanciato al nostro cibo quotidiano. Il nostro microbiota si modulerà in quantità e tipo, e favorirà in modo personalizzato le attività fisiologiche di ognuno di noi.

Quale futuro si potrà aprire studiando il microbiota? 

Gli studi sul microbiota apriranno la via alla comprensione del “superorganismo” umano e al superamento di tanti vecchi paradigmi medici e culturali. Abbiamo un alleato invisibile, il microbiota, che a costo zero è al nostro servizio, felice e performante in buona salute, gradisce il riposo e, perché no, l’attività fisica quotidiana. Che siano seguaci, i nostri microbi, del Regimen Sanitatis Salernitanum.