Diagnosi genetica preimpianto: cos’è e come funziona
La fecondazione assistita da parte di coppie con malattie genetiche: cosa fare e cosa permette la legge italiana
La diagnosi genetica preimpianto è una tecnica recente, fondamentale per la salute di futuri bambini e persone. In Italia, questa pratica, capace di selezionare gli embrioni sani da impiantare nel percorso di fecondazione assistita per evitare gravidanze di feti con malattie genetiche, è molto dibattuta. Ma andiamo per gradi: cos’è, quando e come si fa la diagnosi genetica preimpianto e a cosa serve?
Cosa si intende per diagnosi genetica preimpianto?
La diagnosi preimpianto per malattie genetiche (PGD, adesso PGT-M) è un’analisi genetica di cellule dell’embrione che può essere richiesta dalla coppia se uno o entrambi i futuri genitori hanno una malattia genetica conosciuta, potenzialmente trasmissibile. Per questo motivo viene eseguita nelle coppie che procedono con la fecondazione assistita, in provetta, evitando così le probabilità del ricorso all’aborto terapeutico.
L’aborto terapeutico è un caso particolare di aborto legato alle condizioni particolari e patologiche di un feto rischiose anche per la madre. Quando ciò avviene, le probabilità di mortalità e di rischio delle condizioni psicofisiche della madre sono compromesse, per questo si può procedere all’aborto anche dopo i consueti 90 giorni di gestazione, fino a circa 22 settimane di gravidanza. Ovviamente, questa scelta causa nella donna e nei futuri genitori danni fisici, ma soprattutto psicologici, molto importanti; questa tipologia di diagnosi evita che ciò accada.
Perché può essere necessario ricorrere alla diagnosi genetica preimpianto?
Quando una coppia vuole avere un figlio, ma sa di avere o di essere portatrice di malattie genetiche gravi, questo esame può aiutare a capire se l’embrione manifesta le mutazioni riconducibili alle patologie così da inserire esclusivamente gli embrioni sani e successivamente dar vita a una gravidanza. Questo permette di:
- Ridurre gli aborti, spontanei o volontari, a causa del trasferimento di un embrione affetto dalla malattia
- Ridurre della percentuale di gravidanze gemellari: trasferiti gli embrioni sani, le probabilità di una gravidanza multipla si riduce notevolmente e, con questo, anche i fattori di rischio per la madre e per il feto dovuto a un parto gemellare
- Aumentare la percentuale di gravidanze portate a termine, arrivando fino al 40%, indipendentemente dall’età della donna
Non solo, questo tipo di diagnosi può essere effettuato anche da chi ha già subito transfer negativi o aborti spontanei in un processo di PMA e vuole ridurre i rischi che ciò accada di nuovo o per le donne con un età superiore a 38 anni, proprio per evitare (o ridurre notevlmete) il rischio di aborti spontanei o non riuscita dell’impianto.
In quali casi si può fare in Italia?
Fino al 2015 la PGT-M poteva essere effettuata esclusivamente da coppie infertili affette da patologie genetiche o portatrici di questo tipo di malattie gravi. Ma dopo una sentenza della Corte Costituzionale, dal 2015 sono state apportate delle modifiche della Legge 40 in cui si sottolinea come anche le coppie fertili, affette da patologie genetiche, possono richiedere la diagnosi genetica.
Come funziona?
Per ottenere una diagnosi genetica preimpianto è necessario procedere inizialmente con studi sul DNA dei due membri della coppia e, se necessario, anche di altri parenti della coppia. Vengono prelevati campioni biologici (sangue, saliva o liquido seminale) e analizzato il DNA. Una volta ultimata questa tipologia di analisi, si prosegue con un ciclo di procreazione medicalmente assistita (PMA) e gli embrioni che vengono ottenuti in provetta vengono analizzati tramite biopsia. In questo modo è possibile verificare la presenza di mutazioni riconducibili alla patologia genetica: se si presentano mutazioni l’embrione non viene inserito (evitando, come abbiamo visto, un eventuale aborto spontaneo o no), se viene visto che è non affetto dalla mutazione della malattia, al contrario, viene impiantato, selezionando così solo gli embrioni che non palesano le mutazioni della malattia.
Malattie genetiche
Per capire che cos’è una malattia genetica bisogna partire dalla genetica. Questa nasce nell’Ottocento da Gregor Mendel e, attraverso i suoi studi e i progressi nel campo, si è potuto apprendere che se un gene ha un’alterazione possono causare malattie genetiche, ereditarie o meno. Sono, quindi, “errori” che si trovano nel DNA.
Le malattie genetiche si suddividono in:
- Patologie multifattoriali: fanno parte di questo gruppo ipertensione, diabete, celiachia, Alzheimer, cardiopatia: queste sono le malattie più comuni e sono causate da fattori genetici e ambientali
- Malattie causate da anomalie cromosomiche (anomalie nel numero e nella struttura cromosomica)
- Malattie monogeniche: sono causate dall’alterazione di un solo gene su uno specifico cromosoma, seguono le trasmissioni dei geni da genitori a figli
Tra le malattie genetiche più frequenti che possono essere individuate tramite la diagnosi genetica reimpianto sono:
- Emofilia A e B
- Beta-talassemia
- Distrofia muscolare di Duchenne e Becker
- Fibrosi cistica
- Sindrome dell’X fragile
- Atrofia muscolare spinale