Bias cognitivi: se li conosci li eviti
Come prendere decisioni quando l’errore di valutazione è dietro l’angolo
La verità è che tutti agiamo secondo l’istinto. Questo può suscitare diverse perplessità nella maggior parte delle persone, ma la realtà è che quasi inconsciamente lo facciamo tutti (chi più e chi meno) e nella maggior parte dei casi nemmeno ce ne rendiamo conto. Questa nostra attitudine ci rende facile preda dei bias cognitivi: errori di valutazione, pregiudizi che spesso sono alla base di decisioni non proprio sagge o azzeccate.
Cosa sono i bias cognitivi?
I bias cognitivi sono sostanzialmente degli errori irrazionali del processo decisionale umano. Sono frutto del mondo che giorno dopo giorno costruiamo all’interno della nostra testa, un mondo fatto anche di pregiudizi, ideologie e fattori culturali che molto spesso esulano o comunque hanno poco a che fare con un ragionamento logico e razionale.
L’esistenza stessa dei bias è “legata a doppia corda” con il concetto di economia decisionale. Nella vita di tutti i giorni ci troviamo a dover compiere una marea di scelte, ma questo processo per il nostro cervello è un enorme sforzo che richiede un incredibile dispendio di energie. Ma il nostro cervello è tendenzialmente pigro e, ogni volta che gli è possibile, cerca di ottimizzare i processi al fine di risparmiare più energie possibili.
Possiamo paragonare i processi decisionali a una bella e lunga passeggiata nel bosco dove la domanda iniziale è rappresentata dal nostro punto di partenza, mentre la decisione finale è rappresentata dal punto di arrivo, come (per esempio) un bel cespuglio di mirtilli. A questo punto il nostro cervello ha due alternative:
- prendere una scorciatoia, la via più rapida per raggiungere il cespuglio di mirtilli rossi e mangiarne il più possibile;
- prendere la via più lunga, che porterà nel cuore del bosco, nei suoi meandri più affascinanti e misteriosi, fino a condurlo finalmente al cespuglio di mirtilli stanco, affamato ma sicuramente più consapevole del “tesoro” trovato.
Cominci a capire la questione? In moltissimi casi le decisioni prese con ponderazione e seguendo la “via più lunga” o il “pensiero lento” (citando Daniel Kahneman) sono qualitativamente migliori. Questo perché per arrivare alla soluzione richiamiamo tutto il nostro bagaglio di esperienze e conoscenze per sottoporlo alla dura analisi della nostra mente logica e razionale. Quindi perché non prendere sempre decisioni attraverso il “pensiero lento”? Proprio perché è lento!
Tale processo richiede un enorme dispendio di energie e non è assolutamente immediato. Infatti il nostro cervello è capace di fare una cosa per volta nonostante la sua enorme potenza di calcolo. Immagina di dover prendere una decisione logica e ponderata su tutto, ma proprio tutto quello che fai dalla mattina appena ti svegli. Finiresti per ritrovarti ancora nel letto quando sarà nuovamente l’ora di coricarsi.
Per questa ragione viviamo la maggior parte della nostra giornata affidandoci a quello che è uno schema di pensiero più veloce e intuitivo, ma dotato di meno autocontrollo e consapevolezza, il percorso numero 1 della nostra passeggiata in bosco, detto anche “pensiero veloce” (sempre citando Kahneman) o euristiche: una sorta di scorciatoie mentali.
L’alternarsi dei due processi decisionali ci permette di sviluppare un incredibile moltitudine di capacità e abilità, senza soffermarsi troppo su situazioni più “scontate” grazie al pensiero veloce (come nel caso di un pallone che arriva velocemente verso la nostra testa: non c’è molto da pensare, c’è solo da schivare o indirizzarlo caparbiamente verso la porta se si è un attaccante in aria di rigore durante un cross) o riflettere attentamente prima di parlare/agire grazie al pensiero lento (come nel caso di un bambino che ha rotto il soprammobile preferito della mamma e deve scegliere la maniera migliore per spiegarle la situazione evitando possibilmente una brutta sgridata).
A questo punto abbiamo compreso anche l’importanza del pensiero veloce, quella scorciatoia in mezzo al bosco che forse non ci mostrerà tutte le bellezze della natura, ma ci permetterà di correre verso i mirtilli, farne una bella scorpacciata e avere successivamente del tempo per passare ad altre attività di nostro interesse. Ed è qui che nascono le insidie: nella fretta di una corsa in mezzo al bosco, la quale non ci da la possibilità di accorgerci delle radici che talvolta ci fanno inciampare e finire in mezzo ai pruni.
Queste radici affioranti dal terreno sono i nostri “amati” bias: trappole in cui tutti, ma proprio tutti possiamo inciampare presi dalla fretta dettata da decisioni non ponderate.
Bias cognitivi: esempi
È normale sentirsi in un certo senso superiori a tali meccanismi e convincersi di non essere facilmente vittime di questi pregiudizi cognitivi. La psicologia ci dice che tuttavia nessuno ne è immune e in un certo senso tali processi hanno anche una sorta di utilità evolutiva nonostante possano risultare molto spesso imprecisi.
Bias dell’azione
Il bias dell’azione descrive la nostra tendenza a favorire l’agire rispetto al non agire, anche se questo potrebbe penalizzarci. Ci sono casi in cui ci sentiamo obbligati a entrare in azione, anche se non ci sono prove che questo porterà a un risultato migliore rispetto al non agire.
Euristica degli affetti
Un tipo di euristica è l’euristica degli affetti: tutti facciamo affidamento sulle nostre emozioni quando prendiamo decisioni. Questo ci consente di raggiungere una conclusione rapidamente e senza troppi sforzi, ma talvolta con esiti nefasti.
Bias di ancoraggio
Tendiamo a dare un’eccessiva fiducia alla prima informazione con cui entriamo in contatto. Tutte le informazioni che ci giungono successivamente tendono a essere interpretate tenendo conto della prima (àncora), ma non sempre tale processo porta a effetti positivi.
Bias dell’attenzione
Tendiamo a concentrarsi su alcuni elementi ignorandone altri. Questo può dipendere da stimoli esterni o interni. Un paio di esempi? Se hai fame (stimolo interno) sarai maggiormente propenso a notare una bella pizza su un tavolo piuttosto che un quadro su una parete. Allo stesso modo, nel caso ci sia un cane inferocito lanciato al tuo inseguimento (stimolo esterno) noterai con più facilità una via di fuga o la porta aperta di una casa piuttosto che i mocassini lucidi del signore seduto alla fermata dell’autobus.
Euristica della disponibilità
L’euristica della disponibilità descrive la nostra tendenza a utilizzare le informazioni che ci vengono in mente rapidamente e facilmente quando si prendono decisioni riguardanti il futuro.
Effetto carrozzone
L’effetto carrozzone si riferisce alla nostra abitudine di adottare determinati comportamenti o convincerci di determinate idee perché molte altre persone fanno lo stesso.
Effetto Forer o effetto Barnum
Questo bias descrive le situazioni in cui le persone credono che informazioni generiche, applicabili a chiunque (un classico esempio sono gli oroscopi), si applichino specificamente a se stesse.
Effetto “cashless”
Pagare con bancomat, carta di credito o tramite un click ci pesa molto meno psicologicamente rispetto al dover tirare fuori il portafoglio e vedere il cassiere prendersi le nostre banconote. Eppure l’effetto finale sulle nostre finanze è il medesimo.
Bias dell’impegno
Tutto ciò che è ottenuto con fatica possiede un valore psicologico elevatissimo e acquisisce per noi un’enorme importanza, a prescindere dal suo valore reale. Tale bias è alla base delle prove di iniziazione di molte tribù o confraternite.
Bias di conferma
Tendiamo a dare udienza e accettare solamente le informazioni atte a confermare le nostre convinzioni di partenza. Se siamo convinti che nel mondo esistano più gatti neri rispetto a qualsiasi altro colore sicuramente tenderemo a notare maggiormente tutti i gatti neri.
Effetto Dunning-Kruger
L’effetto Dunning-Kruger descrive come le persone che svolgono un determinato compito in modo scadente, sovrastimino contemporaneamente le proprie capacità e conoscenze nell’area pertinente.
Effetto cornice
Le nostre decisioni sono suscettibili alla forma e sono influenzate dal modo in cui le informazioni vengono presentate. Informazioni equivalenti possono essere più o meno attraenti a seconda delle caratteristiche evidenziate.
Effetto Google
Tendiamo a dimenticare facilmente qualsiasi informazione che sappiamo di poter reperire facilmente in un secondo momento.
Effetto IKEA
Quando una cosa è fatta con le nostre mani o abbiamo contribuito alla sua realizzazione questa prende immediatamente un valore psicologico elevato. Tale principio prende il nome dalla strategia di marketing del noto brand svedese.
Bias “in-group”
Coloro che fanno parte di un qualsiasi gruppo a cui apparteniamo anche noi (colleghi del nostro reparto, compagni della nostra classe, i membri della nostra famiglia) tenderanno ad avere caratteristiche migliori rispetto a persone appartenenti ad altri gruppi.
Bias di negatività
A parità di entità, tendiamo a tenere a mente un evento negativo e a dimenticarne uno positivo. Per questo spesso le persone hanno una percezione del mondo pessimistica.
Questi sono solamente alcuni dei bias cognitivi esistenti. Per il momento ne sono stati catalogati oltre un centinaio, ma il numero continua ad aumentare costantemente. Ciò ci aiuta a comprendere come sia praticamente impossibile contrastarli uno per uno. Inoltre tali meccanismi mentali sono alla base di moltissime strategie nel mondo della pubblicità, della PNL e della comunicazione strategica.
Non cadere vittima dei bias cognitivi
Abbiamo già detto come sia impossibile non cadere in qualche pregiudizio cognitivo o sbagliare a causa di un’euristica non accurata. Tuttavia esiste un modo per limitare i possibili danni che potrebbero scaturire da un grossolano errore di giudizio.
L’unica carta che possiamo giocare a nostro vantaggio è quella della consapevolezza su più livelli:
- consapevolezza che questi bias esistono;
- consapevolezza che siamo soggetti a pregiudizi;
- consapevolezza che non siamo perfetti e che anche l’idea più radicata in noi può essere inesatta;
- consapevolezza che gli altri non sempre sono in malafede;
- consapevolezza che gli altri non sempre sono in buonafede;
- consapevolezza che si può sbagliare.
Una volta che abbiamo acquisito tali consapevolezze e riusciamo ad accettare l’errore (nostro e degli altri) come un naturale fatto dal quale non si può fuggire potremmo finalmente elevarci a un livello superiore di accettazione e potenziamento delle nostre facoltà mentali.