Tumore al seno metastatico: nuove speranze grazie all’innovazione e alla ricerca

Grazie a un farmaco ADC, il trattamento del tumore al seno metastatico sta evolvendo, offrendo terapie più mirate e nuove prospettive di guarigione.

nuove cure metastasi al seno

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    Per anni, la diagnosi di tumore al seno metastatico è stata percepita come sinonimo di un percorso terapeutico complesso e associato spesso a prospettive limitate. Oggi, grazie all’innovazione scientifica e alla ricerca oncologica, sono disponibili nuove strategie per gestire la malattia e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

    La ricerca oncologica ha compiuto passi in avanti significativi, offrendo nuove prospettive a chi convive con il tumore al seno metastatico. Fino a poco tempo fa, infatti, le opzioni terapeutiche erano poche e la prognosi scoraggiante.

    L’ultima svolta è arrivata con gli Antibody-Drug Conjugates ( ADC ), una categoria di farmaci che cambia l’approccio alla cura del tumore al seno metastatico, una condizione che coinvolge 13.000 persone ogni anno e interessa circa 40.000 donne solo in Italia.

    In questo articolo comprenderemo perché questi farmaci sono così innovativi e cosa dice la scienza riguardo le prospettive future per chi affronta questa malattia.

    La terapia mirata degli Anticorpo-Drug Conjugates (ADC)

    Fino a pochi anni fa, la chemioterapia rappresentava l’unica opzione per molti pazienti con tumore al seno di tipo metastatico. Tuttavia, pur essendo efficace, questo approccio ha sempre presentato il problema di colpire non solo le cellule tumorali , ma anche quelle sane , causando effetti collaterali significativi.

    Gli Antibody-Drug Conjugates (ADC), conosciuti come coniugati anticorpo-farmaco, offrono una strategia più mirata: sono farmaci “intelligenti” che combinano la precisione degli anticorpi monoclonali con la potenza dei farmaci citotossici.

    La loro forza sta nella selettività: anziché colpire indiscriminatamente tutte le cellule, come fa la chemioterapia tradizionale, gli ADC riconoscono le cellule tumorali attraverso i recettori presenti sulle loro superfici e le colpiscono selettivamente con l’agente chemioterapico, riducendo al minimo gli effetti collaterali e aumentando l’efficacia del trattamento.

    Uno degli ADC più promettenti è il Sacituzumab govitecan , un farmaco in grado di legarsi alla glicoproteina TROP-2 espresso in molte cellule tumorali e rilasciare l’agente chemioterapico SN-38 all’interno di queste cellule, tutto senza intaccare i tessuti sani. Questa modalità d’azione offre un trattamento più efficace dopo almeno una linea endocrina e due linee di chemioterapia rispetto ai trattamenti standard.

    Il farmaco , già approvato in Italia per il tumore al seno triplo negativo metastatico (mTNBC), ha recentemente ricevuto una nuova indicazione dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per il trattamento del tumore al seno metastatico HR+/HER2- e per l’uso anticipato in seconda linea nella cura del tumore triplo negativo metastatico ( mTNBC ).

    Questa “chemioterapia intelligente” permette di trattare il tumore al seno metastatico non più come una condizione con poche possibilità, ma come una malattia gestibile nel tempo.

    HR+/HER2- e mTNBC: due tipologie di tumore con nuove speranze di cura

    Il tumore al seno HR+/HER2 è il tipo di cancro mammario più diffuso , visto che incide sul 70% delle diagnosi e comporta circa 6.000-8.000 nuovi casi in Italia ogni anno. tuttavia, la prognosi diventa più severa in presenza di metastasi , portando il tasso di sopravvivenza a cinque anni al 34%. 

    L’impiego di Sacituzumab govitecan dopo una linea endocrina e due linee di chemioterapia ha aperto nuove possibilità riguardo quanto si può vivere con un tumore al seno metastatico, dimostrando nei trial clinici di ridurre il rischio di progressione della malattia del 34% e il rischio di morte del 21% rispetto alla chemioterapia standard.

    Per quanto riguarda il tumore triplo negativo metastatico (mTNBC), la situazione si presenta complessa. Questa forma aggressiva di carcinoma, privata dei principali bersagli su cui agire le terapie standard, si associa purtroppo a un tasso di sopravvivenza a cinque anni drammaticamente basso, intorno al 12%. L’uso del Sacituzumab govitecan già in seconda linea , ovvero dopo un primo trattamento, offre una preziosa opportunità per intervenire precocemente e con maggiore efficacia .

    Ricerca e Accessibilità: il prossimo obiettivo

    L’innovazione farmacologica, per quanto promettente, non basta da sola. Nonostante questi successi, infatti, la vera sfida rimane garantire un accesso equo alle nuove terapie su tutto il territorio nazionale. 

    Attualmente, la disponibilità di Sacituzumab govitecan non è omogenea su tutto il territorio nazionale, il che rende necessaria un’azione coordinata tra le Regioni per permettere una prescrizione tempestiva del farmaco sia all’interno delle strutture oncologiche che nei centri di senologia.

    Le associazioni di pazienti, come Europa Donna Italia e Fondazione IncontraDonna , stanno promuovendo l’accesso più rapido al trattamento . A testimonianza del loro impegno, nel dicembre 2023, Europa Donna Italia ha indirizzato una lettera all’AIFA, sollecitando un riesame delle limitazioni imposte all’utilizzo di Sacituzumab govitecan.

    In occasione di una conferenza con la stampa incentrata sulle nuove indicazioni del farmaco-anticorpo coniugato (ADC), Frederico Da Silva , amministratore delegato di Gilead Sciences Italia, ha ribadito l’impegno dell’azienda sviluppatrice del farmaco nel portare avanti la ricerca clinica con 30 studi clinici attivi con l’obiettivo di ampliare nuove potenziali indicazioni terapeutiche non solo per il tumore al seno, ma anche per altre forme tumorali entro il 2030. 

    Fonti

    Ansa

    FNOB – Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi

    Quotidianosanità.it – ​​Quotidiano online d’informazione sanitaria

    Il Sole 24 Ore

    Fondazione Umberto Veronesi

    Sanità Informazione

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