Tumore al seno: aumenta la guarigione tra le under 50 negli ultimi 15 anni

La lotta contro il tumore al seno in Italia registra una vittoria significativa: la mortalità nelle donne sotto i 50 anni è diminuita del 16% negli ultimi 15 anni. Quali progressi hanno reso possibile questo traguardo?

Prevenzione tumore al seno

Sommario
    Tempo di lettura Tempo di lettura terminato
    0
    Time

    La ricerca oncologica ha raggiunto risultati notevoli nella lotta contro il tumore al seno: tra il 2006 e il 2021, il tasso di mortalità tra le donne sotto i 50 anni è diminuito del 16%. A renderlo possibile sono stati i progressi della medicina oncologica e la frequenza degli esami fondamentali per una diagnosi precoce.

    Il dato è incoraggiante ma, sebbene siano stati fatti passi in avanti, rimanere focalizzati sulla sensibilizzazione riguardo l’importanza degli screening resta centrale, poiché una diagnosi precoce può fare la differenza tra un intervento risolutivo e una lotta più complessa contro la malattia. Tra le queste nuove sfide emerse c’è anche la tutela della fertilità per le pazienti colpite dalla malattia in età riproduttiva.

    Fertilità e cancro: la doppia sfida per le pazienti giovani

    L’impatto delle terapie oncologiche sulla fertilità nelle donne in età riproduttiva è un argomento di grande interesse, come ha dimostrato il simposio “Back from San Antonio”, in cui sono stati presentati i progressi nella gestione degli effetti collaterali dei trattamenti oncologici.

    Le cure per il tumore al seno, in particolare nelle forme più aggressive, possono compromettere la funzione ovarica, aumentando il rischio di infertilità. Tuttavia, la ricerca scientifica ha aperto nuove possibilità, permettendo a molte giovani pazienti di diventare madri anche dopo aver affrontato la malattia.

    L’Ospedale San Martino di Genova è un esempio di eccellenza in questo ambito.  La direttrice della Clinica di Oncologia Medica dell’ospedale, Lucia Del Mastro, ha sottolineato come il tumore al seno nelle giovani pazienti sia spesso biologicamente più aggressivo ma, grazie ai trattamenti personalizzati sviluppati dal suo gruppo di ricerca, oggi molte pazienti hanno la possibilità di guarire e preservare la fertilità anche dopo il cancro.

    Il San Martino è un centro rinomato non solo per i risultati terapeutici, ma anche per la ricerca d’avanguardia sul carcinoma mammario, apprezzata anche a livello internazionale. Circa il 26% delle pazienti partecipa a studi clinici, una percentuale che supera la media internazionale, come sottolinea il direttore scientifico Antonio Uccelli. Questo elevato coinvolgimento consente alle pazienti di accedere anticipatamente a opzioni terapeutiche sperimentali, migliorando le prospettive di cura del tumore al seno e la loro sopravvivenza.

    Gli esami per una diagnosi precoce

    Oltre ai progressi registrati dai trattamenti oncologici, la prevenzione resta fondamentale nella lotta contro il tumore al seno. Tra i principali esami di prevenzione e screening ci sono:

    •         l’autopalpazione regolare: dai 25 anni in poi, tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo mestruale, si può controllare mensilmente il seno per identificare eventuali cambiamenti, come i noduli o le retrazioni;
    •         la visita senologica: durante la visita annuale, non necessaria per le più giovani ma raccomandata dopo i 40 anni, il senologo esegue un’anamnesi accurata (es. storia familiare, cicli mestruali, esperienze di gravidanza), valuta lo stato di salute del seno e, se necessario, indirizza verso esami più approfonditi per chiarire sospetti diagnostici;
    •         la mammografia: raccomandato a partire dai 45 anni o prima in caso di predisposizione familiare, questo esame radiologico è il principale strumento di screening per il tumore al seno perché individua noduli e altre anomalie;
    •         l’ecografia mammaria: si tratta di un esame non invasivo che utilizza ultrasuoni per creare immagini delle strutture interne del seno e rilevare l’eventuale presenza di noduli o anomalie mammarie. Per questo motivo, è spesso utilizzato come integrazione alla mammografia, specie di seni dalla struttura molto densa;
    •         la risonanza magnetica mammaria: utilizzata in casi specifici, ad esempio per donne ad alto rischio genetico o con una storia familiare significativa di tumori al seno oppure in presenza di un seno particolarmente denso, l’RM offre un’immagine dettagliata del tessuto mammario, rilevando anche lesioni piccole o difficili da vedere con la mammografia o l’ecografia;
    •         i test genetici: le donne con una forte storia familiare di tumore al seno o alle ovaie possono sottoporsi a test genetici in grado di identificare mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, utili per determinare la predisposizione genetica e il rischio di sviluppare il tumore al seno (e quindi di intervenire quando è troppo tardi);
    •         la biopsia liquida: è una tecnica innovativa che permette di rintracciare cellule neoplastiche nel sangue, migliorando la gestione e il trattamento precoce delle recidive.

    La possibilità di individuare quando un tumore al seno è in fase iniziale aumenta significativamente le probabilità di successo delle cure e riduce l’impatto della malattia sulla qualità della vita.

    Tumore al seno: le nuove terapie

    All’incontro “Back From San Antonio” di Genova sono stati condivisi anche i progressi sui trattamenti innovativi di studiosi e ricercatori italiani emersi durante l’ultimo San Antonio Breast Cancer Symposium:

    •         Terapie innovative: i farmaci contenenti l’anticorpo avelumab hanno dimostrato di migliorare la sopravvivenza nelle pazienti con carcinoma triplo negativo, una forma particolarmente aggressiva di tumore;
    •         Trattamenti mirati : confrontando gli effetti della radioterapia e della terapia ormonale su donne over 70 con tumore al seno in stadio iniziale, si sono evidenziati minori effetti collaterali e una migliore qualità di vita in caso di somministrazione di radioterapia;
    •         Terapie ormonali: è stata mostrata l’efficacia di combinazioni come palbociclib e letrozolo in fase neoadiuvante (quindi somministrati prima dell’intervento chirurgico) per le donne con tumore al seno HR+/HER2+, riducendo la necessità di procedere con la chemioterapia in alcuni casi;
    •         Chirurgia preventiva: secondo uno studio, la mastectomia bilaterale preventiva ha dimostrato di essere in grado di ridurre il rischio di recidiva del 42% e la mortalità del 35% nelle donne portatrici di mutazioni BRCA.

    In sintesi, la lotta contro il tumore al seno ha compiuto notevoli progressi negli ultimi anni grazie ai continui sviluppi nella ricerca. Tuttavia, la diagnosi precoce rimane determinante per ridurre il rischio e migliorare i risultati terapeutici.

    Fonti

    Ansa

    Medinews

    AISI

    Airc

    Lascia il tuo commento

    Non verrà mostrata nei commenti
    A Good Magazine - Newsletter
    è il contenuto che ti fa bene! Resta aggiornato sulle malattie digitali