“ La complessità strutturale e funzionale dei sistemi biologici pluricellulari, come il cervello, va al di là della portata del design umano o delle capacità di assemblaggio. Le cellule, negli organismi viventi, possono essere reclutate per costruire materiali o strutture sintetiche (artificiali) se trattate come compartimenti,anatomicamente definiti tramite chimica specifica, sfruttando la biologia, per assemblare strutture funzionali complesse. Unendo enzimi ingegnerizzati e la chimica dei polimeri,abbiamo insegnato, sul piano genetico, a specifici neuroni viventi come guidare la sintesi chimica di polimeri elettricamente funzionali (conduttori o isolanti) sulla membrana plasmatica.”
Questa è l’introduzione che troviamo in calce all’articolo che il 20 Marzo 2020 è apparso su una delle riviste scientifiche più conosciute al mondo medico e non solo: Science (trovi l’articolo originale qui).
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford ha messo a punto una tecnica che permetterebbe la riprogrammazione delle cellule, mettendo a loro disposizione dei materiali sintetici, per costruire “strutture artificiali complesse” in grado di svolgere varie funzioni all’interno dell’organismo.
Karl Deisseroth, uno degli autori dello studio afferma:
“ Abbiamo trasformato le cellule in ingegneri chimici che utilizzano i materiali forniti da noi per costruire delle strutture artificiali fatte di polimeri che modificano la loro funzionalità in maniera specifica”.
Ma se questa introduzione vi sembrerà ostica e di difficile comprensione non preoccupatevi. Ho contattato la Dott.ssa Giulia Rossetti, che studia e lavora da anni in ambito neurologico presso l’Istituto di neuroscienze e medicina Forschungszentrum Jülich, in Germania, per fare chiarezza sullo studio.
Quanto è grande la portata di questa scoperta e su quali sono le eventuali applicazioni in ambito medico?
Per arrivare a fondo di questa ricerca però, dobbiamo necessariamente partire dall’inizio.
Cosa sono i neuroni?
Il neurone è per definizione una cellula del sistema nervoso centrale che consente la messa in atto di funzioni cognitive e comportamentali primarie come: pensare, camminare e parlare.
Grazie alle sue caratteristiche fisiologiche e chimiche permette di ricevere, integrare e trasmettere impulsi nervosi e di produrre sostanze denominate neurotrasmettitori.
Giulia, notando la mia ignoranza in ambito di neuroscienze, mi consiglia di osservare tramite una semplice ricerca su internet, un’immagine del neurone e mi descrive, con estrema cura e semplicità, la sua struttura :
“ Il neurone è ovviamente una cellula e come tale possiede un nucleo. Il centro del neurone, sede del nucleo è chiamato pirenoforo. Dal corpo cellulare partono due filamenti, prolungamenti citoplasmatici: i dendriti e l’assone.
I dendriti sono i ricettori dei segnali elettrici provenienti dai neuroni confinanti e sono in grado di trasmettere tale segnale in direzione centripeta, quindi verso il pirenoforo.
L’assone invece, propaga il segnale nervoso in direzione centrifuga verso altre cellule ed è avvolto da una sostanza isolante chiamata mielina. Quest’ultima si interrompe ad intervalli regolari lungo l’assone, permettendo la propagazione ‘a salti’ dell’impulso nervoso. Se l’impulso dovesse percorrere l’intero assone, la velocità di esso si ridurrebbe di 2 ordini di grandezza. Pensiamo quindi ad un cavo elettrico; anche nel neurone abbiamo una parte interna ed una parte esposta che ha come principale obiettivo quello di isolare il nostro cavo: la cosiddetta guaina mielinica.”
La Mielina, protagonista di questa storia.
Soffermandomi ancora un po’ sull’immagine del neurone ho potuto constatare che la mielina si presenta visivamente come uno “strato di grasso” protettivo, ma non ero a conoscenza della sua importanza e di quanto la presenza di queste “ bolle” che ricoprono l’assone siano importanti nell’evitare la comparsa di determinate malattie di cui si sente spesso parlare. Ovviamente non ci sono arrivata da sola ma è stata Giulia, che con estrema chiarezza e puntualità mi ha dato qualche nozione su di essa.
“La mielina è una sostanza, composta al 30% di proteine al 70 % di grassi, che inizia a formarsi già nel tardo stadio fetale e continua nei 5 anni di vita successivi. Purtroppo ci sono malattie che vanno ad incidere sulla formazione di questa guaina preziosa e gli impulsi elettrici dei neuroni, che solitamente vengono correttamente condotti da questa sostanza, in questi casi, si disperdono e purtroppo ciò compromette l’efficiente conduzione di impulsi nervosi. Le malattie che coinvolgono la mielina possono essere di due tipi:
- malattie acquisite : sclerosi multipla e la malattia di Guillan-Barrèè;
- malattie ereditarie metaboliche.
L’esperimento degli studiosi di Stanford
Arriviamo quindi al nocciolo della questione : come hanno fatto questi studiosi di Stanford a elaborare una tecnica così accurata e a trovare un enzima, che venendo introdotto all’interno di una cellula, è riuscito ad “insegnare” alla cellula stessa ( in questo caso al neurone) a ricreare e a rigenerare la sua parte difensiva o “corazza”?
“Che cosa hanno fatto questi ricercatori? Hanno sicuramente sperimentato e molto. Per fare ciò si sono serviti di un batterio, ma chiamiamolo pure vermicello, molto utilizzato in biologia, per la sua versatilità, la facilità con cui si trova in natura e per la sua struttura molecolare molto semplice : il C. Elegans. All’interno del DNA di questi piccoli vermi, coltivati in vitro, questi studiosi hanno inserito le istruzioni genetiche per produrre un enzima chiave; Apex2 (ingegnerizzato a tavolino) che riesce a modificare la natura chimica della guaina di specifici neuroni.
E’ importante sottolineare il fatto che tutte le nostre cellule sono piccole fabbriche. Ogni giorno, quando noi mangiamo, diamo modo alle nostre cellule di produrre sostanze di tipo biologico che poi queste sfruttano per il mantenimento e il corretto funzionamento di tutto il nostro organismo. Quello però di cui si sono accorti questi studiosi è che se all’interno delle cellule inseriamo del materiale artificiale, ovviamente non nocivo, possiamo indurre le cellule ad utilizzare quel materiale e ad apportare ulteriori benefici.
In questo caso, inserendo Apex2 all’interno delle cellule neuronali del vermicello C.Elegans, questa ha prodotto e in seguito ha assemblato polimeri (macromolecole) bioelettronici che poi la cellula va necessariamente ad integrare a quelli di tipo biologico.
Si è così formata una corazza polimerica intorno ai neuroni, dotata di proprietà isolanti o conduttive.”
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Quali possono essere le applicazioni di questa recente scoperta?
“Questo esperimento può essere fatto su qualsiasi tipo di tessuto cellulare, per esempio: su quello della pelle, dei muscoli etc. Però se lo applichi su tessuti come quelli neuronali puoi avere delle applicazioni, in linea teorica, eccellenti dal punto di vista curativo e medico. Potenzialmente infatti puoi andare a riparare neuroni che geneticamente sono nati difettosi, questo riguarda tutte le malattie del sistema nervoso. E’ ad esempio il caso della Sclerosi Multipla, una delle malattie da mielinizzazione più diffusa.
Il sistema immunitario in questo caso, per qualche strana ragione, riconosce la mielina come se fosse qualcosa da attaccare e comincia a degradarla, lasciando punti scoperti del neurone, producendo così infiammazioni e incapacità di mandare il corretto stimolo elettrico di cui parlavamo prima.
Nel caso invece di autismo ed epilessia si potrà verificare se l’armatura conduttiva può aiutare i neuroni a mandare meglio i loro impulsi”.
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Pensi che saranno condotti esperimenti su altri esseri viventi?
“ Certo! Questo è solo un primo passo: infatti introducendo nuovi geni dentro l’organismo si possono attivare nuove funzioni biochimiche e cambiare alcune funzioni esistenti della cellula, spendendo e manipolando la struttura dei tessuti. Se inserisci un enzima ingegnerizzato come Apex2 e lo fai esprimere all’interno dei neuroni può infatti sintetizzare polimeri conduttivi in animali vivi. Quindi tali polimeri possono permettere la modulazione delle stesse proprietà del neurone. Questo chiaramente può avere effetto a livello medicinale, ma per adesso non hanno ancora eseguito applicazioni mediche oltre a questo test per provare il corretto funzionamento dell’esperimento.”
Su Giulia Rossetti
Biosketch
Giulia Rossetti è una professoressa dell’università di Aquisgrana in Medicina Computazionale e lavora all’Istituto di Neuroscienza e Medicina al centro di Ricerca di Jülich che è parte dell’organismo tedesco “Helmholtz Association of German Research Centres” ed è uno dei più grandi centri di ricerca interdisciplinare in Europa.
Giulia Rossetti è esperta nella modellizzazione di patologie del cervello, come le malattie neurodegenerative e dello sviluppo neuronale, con circa 60 pubblicazioni su riviste internazionali del campo. Il suo gruppo è parte dello Human BrainProject (https://www.humanbrainproject.eu/en/), un consorzio che coinvolge 90 università e scuole di alta formazione di 22 differenti paesi, che mira a realizzare, entro il 2023, attraverso l’uso di supercomputers, una simulazione del funzionamento completo del cervello umano.
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