I vaccini che utilizzano l’mRNA sono diventati noti durante la pandemia di Covid-19, ma gli studi sull’mRNA a scopo terapeutico, che hanno incontrato inizialmente molto scetticismo, nascono per trovare un vaccino contro l’HIV e fino ad anni recenti il loro campo di sperimentazione non era tanto quello delle infezioni (come quella dovuta al coronavirus) quanto quello oncologico. In particolare, delle ricerche su vaccini a RNA messaggero contro il melanoma e il tumore al pancreas sono già in fasi avanzate di sperimentazione. La possibilità di creare un vaccino personalizzato, insieme ai progressi in tutti gli altri campi della medicina e della scienza, ha permesso di ottenere questi risultati, ma ci si è arrivati? Inoltre, il cancro è considerato una malattia moderna, per la sua sempre maggiore diffusione, ma da quando è conosciuto?
La fase 3 del vaccino a mRNA contro il melanoma
Uno studio non ancora pubblicato, ma già presentato in varie occasioni, illustra i risultati della sperimentazione di un vaccino che utilizza l’RNA messaggero contro il melanoma, uno dei tumori per cui le cure tradizionali sono meno efficaci e con un alto tasso di mortalità.
L’utilizzo di questo vaccino, creato su misura per ogni paziente, insieme alla terapia tradizionale, consentirebbe di abbassare del 65% le possibilità di una recidiva e la mortalità.
I vaccini a mRNA contro i tumori utilizzano questa molecola per “consegnare” al sistema immunitario informazioni sulle cellule tumorali, con lo scopo di attivarlo per inibire la riproduzione delle cellule tumorali e distruggerle. Questo non sarebbe stato possibile, però, senza gli studi sul legame fra i melanomi e il sistema immunitario di Jim Allison e Tasuku Honjo, premi Nobel nel 2018.
La fase 3 di questa ricerca si sta svolgendo in vari centri di USA, Australia ed Europa e secondo il direttore di Oncologia del NIBIT (Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori), è realistico pensare che entro il 2030 sarà disponibile un vaccino contro il melanoma. Si porrà a quel punto il problema della distribuzione.
Se infatti i vaccini a mRNA utilizzati contro le malattie infettive hanno un target comune (il virus), nel caso dei tumori il target sono cellule stesse del corpo, che per il sistema immunitario può essere più difficile individuare come estranee, favorendone così la proliferazione.
La fase 2 del vaccino a mRNA contro il tumore al pancreas
I risultati di un piccolo studio svolto su sedici pazienti del Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSK) per un vaccino contro il tumore al pancreas sono stati invece pubblicati sul numero di maggio di quest’anno di “Nature”.
La prima fase, coordinata da Vinod Balachandran, ha indicato non solo che questi vaccini sono sicuri, ma che potrebbero aver diminuito o ritardato la possibilità di recidive in circa la metà dei pazienti, per i quali il vaccino è stato affiancato all’operazione chirurgica e alla chemioterapia.
La fase 2 valuterà se il vaccino è più efficace delle cure attuali e coinvolgerà 260 pazienti al MSK e altri 80 in varie parti del mondo, comprensivi di chi ha avuto una diagnosi di tumore al pancreas ma non ha ancora iniziato le cure.
La possibilità di un vaccino contro il tumore al pancreas, poco responsivo alle cure tradizionali e con un’altissima probabilità di recidive e di mortalità, come il melanoma, non sarebbe però stata possibile senza uno studio precedente, pubblicato a novembre 2017 su “Nature”.
Si tratta di uno studio sulle difese immunitarie di pazienti sopravvissuti al cancro al pancreas in seguito all’operazione chirurgica. Il team di Balachandran aveva infatti rilevato come i tumori asportati ad alcuni pazienti presentavano molte cellule del sistema immunitario, in particolare cellule T.
Da questo hanno scoperto che nei sopravvissuti al cancro al pancreas il sistema immunitario aveva in effetti riconosciuto le cellule tumorali come estranee.
Grazie a Genentech e BioNTech, interessate a investire nella ricerca su terapie individualizzate contro il cancro (come quelle che utilizzano l’mRNA), il passo successivo è stato un vaccino che avesse come target le proteine, dette neoantigeni, che sono diverse nelle cellule tumorali rispetto a quelle sane.
Dai riti magici ai vaccini a mRNA: la strada delle cure contro i tumori
Nonostante si possa pensare che i tumori siano malattie emerse in tempi relativamente recenti, complice anche la loro maggiore diffusione negli ultimi decenni, in realtà se ne trova traccia già al tempo degli antichi Egizi.
Due papiri, infatti, riportano descrizioni di tumori e tumefazioni maligne. Il cosiddetto Papiro Smith, in particolare, descrive il trattamento per il tumore non infetto della mammella. Oltre all’asportazione chirurgica, in tempi antichi erano previsti anche riti magici e pozioni.
Con gli antichi Greci e gli antichi Romani si iniziano a distinguere vari tipi di tumori: Ippocrate di Coo parla di carcinomi (dal greco “granchio”), mentre Galeno di Pergamo di sarcomi, riferendosi ai tumori carnosi, oggi conosciuti come tumori dei tessuti molli.
Nel Medioevo, invece, la salute dell’organismo era attribuita all’equilibrio di quattro umori: sangue, flemma, bile gialla e bile nera e si pensava che i tumori fossero dovuti a un eccesso di quest’ultima.
A partire dal XV e XVI secolo, poi, il progresso in campo medico e scientifico portò alla nascita dell’oncologia medica e all’ipotesi che anche fattori ambientali come il fumo di tabacco e la fuliggine potessero causare il cancro.
Ma è con Rudolph Virchow nel XIX secolo che per la prima volta ci si rende conto che la causa dei tumori sta nelle più piccole componenti del corpo umano: le cellule. Da allora si iniziò a pensare a possibili terapie che avessero come target le cellule malate.
Con la scoperta della radioattività nel XX secolo, grazie a Marie e Pierre Curie, si è aperta la strada alla radioterapia: alcuni chirurghi russi provarono ad utilizzare sostanze radioattive contro i tumori della pelle. Il primo farmaco chemioterapico, invece, sarà impiegato nel 1949.
Per quanto riguarda la diagnosi e la prevenzione dei tumori, nel 1946 George Papanicolau inventerà il Pap-test per rilevare il tumore alla cervice, il più diffuso fra la popolazione di sesso femminile in quel periodo. La prima indagine statistica sui tumori, condotta da Domenico Rigoni-Stern nel 1842, aveva già evidenziato come questo tumore fosse più diffuso fra le prostitute e le donne sposate rispetto alle suore che vivevano nei conventi.
Solo dopo la metà del secolo si inizierà a sviluppare una maggiore consapevolezza sui rischi cancerogeni di alcune sostanze e dell’inquinamento, il cui aumento viene collegato al maggior numero di casi di cancro.
Il XXI secolo si apre invece con la prima bozza della sequenza completa del DNA umano, il che ha portato alla possibilità di cure sempre più su misura e dall’efficacia maggiore. Inoltre, i progressi medico-scientifici hanno reso sempre più concreta la possibilità di sopravvivere e guarire, per cui la ricerca si è concentrata anche sulla qualità di vita dei pazienti e sullo sviluppo di farmaci senza effetti collaterali a lungo termine.
Le nuove cure contro i tumori
Gli studi e le ricerche più recenti si concentrano quindi su cure quanto più personalizzate, con l’obiettivo di rendere i vari tipi di tumori condizioni sempre più curabili.
Fra le terapie più all’avanguardia troviamo:
- l’immunoterapia, che agisce solo contro le cellule tumorali e non contro tutte le cellule indistintamente
- la terapia con Car-T (che sta per Chimeric Antigen Receptor – cellule T): viene prelevato il sangue dal paziente e all’interno dei leucociti viene inserito il recettore CAR, che permette di riconoscere le cellule tumorali. Viene impiegato per le recidive in pazienti con linfoma di Hodgkin e leucemia
- i vaccini a mRNA, che come abbiamo visto dopo decenni di studi stanno trovando un’applicazione contro numerosi tumori: ci sono infatti oltre quaranta sperimentazioni attive in questo campo, ad esempio quella per un vaccino contro il melanoma e contro il tumore al pancreas
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