Il biohacking è un termine che sta guadagnando sempre più popolarità negli ultimi anni, soprattutto grazie alla sua diffusione sui social media.
Ma quanto di questo fenomeno è effettivamente una moda passeggera e quanto invece rappresenta un approccio interessante e potenzialmente utile per la nostra salute? Abbiamo studiato il tema per trovare assieme una risposta.
Cos’è il biohacking?
Il biohacking è essenzialmente la pratica di modificare la propria chimica e fisiologia corporea attraverso l’utilizzo di tecnologie, scienza e auto-sperimentazione, con l’obiettivo di aumentare le proprie capacità cognitive e fisiche e migliorare il proprio benessere generale. A volte il biohacking è anche chiamato biologia fai-da-te (DIY in inglese).
Attraverso semplici variazioni di abitudini – raggruppate sotto il nome di biohacking – il nuovo movimento promette di raggiungere risultati talvolta miracolosi, altre volte realmente di valore, partendo dai i quattro pilastri della salute:
- nutrizione;
- esercizio fisico;
- gestione dello stress;
- sonno.
Per raggiungere i risultati in questi quattro campi, si possono innescare cambiamenti appartenenti alle 4 maggiori categorie:
- stili di vita, come dormire o fare attività fisica;
- molecolari, come gli integratori;
- biologici, come le cellule staminali o le trasfusioni endovenose;
- tecnologici, come l’uso di smartwatch o la misurazione della glicemia.
Tra moda e scienza
Il biohacking ha acquisito una certa popolarità negli ultimi anni, soprattutto grazie alla visibilità di alcuni “biohacker” influenti sui social media che sperimentano su sé stessi e divulgano i presunti benefici delle loro pratiche: persone che utilizzano le conoscenze scientifiche per comprendere e ottimizzare i sistemi biologici, per poi condividere con gli altri i risultati.
Questo fenomeno ha generato non poche preoccupazioni, in quanto molte di queste pratiche procedono senza un solido fondamento scientifico o la supervisione di professionisti della salute.
Tuttavia, ci sono anche forme di biohacking che sono ormai collaudate nel tempo e che possono effettivamente apportare benefici concreti per la salute. Distinguere tra teorie complottistiche e fondate verità è il primo step per hackerare il proprio benessere.
I benefici del biohacking
Come appena detto, alcune forme di biohacking non invasive e accessibili a tutti permettono di raggiungere risultati duraturi per il proprio benessere psicofisico, fornendo energia, salute e resilienza al nostro corpo.
Tra queste possiamo citare alcuni esempi di abitudini che forse già abbiamo adottato, senza averle definite forme di biohacking:
- il digiuno intermittente, una tecnica nutrizionale che include fasi di digiuno controllato per detossificare l’organismo, riequilibrare gli ormoni, ridurre l’infiammazione e rallentare l’invecchiamento. La versione “light” prevede di trascorrere 16 ore di digiuno tra un pasto e l’altro, bevendo solo acqua, caffè e bevande senza zucchero;
- la meditazione, che consente di raggiungere noteboli vantaggi come il miglioramento dell’ossigenazione del sangue, il potenziamento del sistema immunitario, l’equilibrio ormonale e la riduzione dello stress;
- gli allenamenti ad alto impatto, come raggiungere i 10.000 passi al giorno all’aria aperta, eseguire un circuito ad alta intensità di 20 minuti a giorni alterni, o allenare la forza muscolare: allenarsi aiuta a modificare il proprio corpo in maniera naturale, purché sia sempre rapportato al proprio benessere;
- l’esposizione alla luce solare, che aumenta la produzione di vitamina D, migliora l’umore, aumenta l’energia e rafforza il sistema immunitario;
- in generale, il contatto con la natura, che riduce stress e ansia, migliora la salute mentale, rafforza la connessione con sé stessi e con la comunità e innesca l’aumento della creatività e della soddisfazione personale;
- un sano e regolare ritmo circadiano, che si può mantenere attraverso trucchi che possano conciliare il sonno, come evitare gli schermi a luce blu prima di addormentarsi, fare attività fisica intensa nel pomeriggio, mangiare massimo 4 ore prima di andare a dormire;
- la terapia del freddo, dalle semplici docce gelide alla crioterapia, per mantenersi giovani, stimolare il sistema immunitario, aumentare la resilienza, la concentrazione e la determinazione, ridurre l’infiammazione di basso grado e aumentare la termogenesi grazie alla termoregolazione.
Alla base, la prima regola da ricordare è che quello che funziona per gli altri, non è detto che funzioni per noi, e solo il supporto di professionisti può garantire la sicurezza di seguire basi scientifiche che non ci danneggino.
Etica del biohacking
Come tutti i fenomeni derivati dai social, gli esperti si preoccupano dei risvolti etici del biohacking e della sua promessa di eternità e giovinezza. Infatti, il desiderio di sfuggire all’invecchiamento e mantenere un aspetto giovane può portare a una percezione distorta della propria identità e del proprio valore.
Questo approccio può creare una pressione psicologica per mantenere un aspetto fisico ideale, potenzialmente alimentando disturbi come la dissociazione corporea e la negazione della realtà. Inoltre, il biohacking può essere visto come una forma di disumanizzazione, dove l’individuo si concentra esclusivamente sulla sua fisicità e trascura aspetti più significativi della vita, come la connessione con sé stessi e con gli altri.
È fondamentale affrontare questi risvolti etici e psicologici per evitare che il biohacking diventi un mezzo per sfuggire alla realtà e per perseguire un’illusione di eternità.
In conclusione, il biohacking rappresenta un fenomeno complesso, che comprende sia pratiche potenzialmente interessanti e benefiche per la salute, sia tendenze più estreme e prive di basi scientifiche. È importante quindi approcciarsi a questo ambito con spirito critico, affidandosi a professionisti qualificati e basandosi su evidenze scientifiche solide, piuttosto che su semplici mode o promesse miracolose.
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