“Sono stanca!”, lo stress del farmacista in pandemia

La stanchezza e lo stress sono le sensazioni più comuni tra i farmacisti in questo momento

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    Essere una farmacista in pandemia è stato qualcosa che ha messo a dura prova il mio stato d’animo e alcune mie solide certezze accumulate in questi anni. A gennaio 2022, quando tutto sembrava più gestibile, Omicron e il dopo le feste hanno inciso ulteriormente sul lavoro del farmacista e la richiesta dei tamponi di fine quarantena ha travolto le farmacie. Ma a dispetto di due anni prima, non ce la facevo più. Ripetevo a me stessa: “Sono stanca!”.

    Ho voluto allora capire meglio il pensiero di altri farmacisti, ascoltare le sensazioni dei colleghi che hanno vissuto come me sulla propria pelle la battaglia non ancora conclusa del Covid-19. Ho raccolto quindi alcune testimonianze di farmacisti, ottenute attraverso un sondaggio anonimo con 9 domande lanciato direttamente sui miei canali social a fine gennaio 2022. Le risposte che ho ricevuto mi hanno permesso di creare l’identikit del farmacista che ha visto con i propri occhi la pandemia, comprenderne a pieno le emozioni e infine analizzare i diversi punti di vista.

    Inizialmente quando la paura di questo virus sconosciuto dilagava, ero molto ferma nella mia posizione e mi sono sentita carica nell’affrontare questa nuova sfida. Mi sono rifugiata nelle dichiarazioni dell’Aifa e dell’EMA e ho trovato un mio nido sicuro, avevo spento la tv e mi ero sottratta dalla confusione delle trasmissioni televisive. Meno si conosceva e più avevo certezze, non avevo paura di affrontare il lavoro del farmacista, così a stretto contatto con la popolazione. Quando gli scienziati hanno iniziato a mettere insieme i propri cervelli e i finanziamenti hanno coinvolto tutto il mondo, le informazioni scientifiche hanno iniziato a travolgermi come uno tsunami e lì ho iniziato a vacillare. Ho iniziato a pormi dubbi sul mio modo di svolgere l’attività del farmacista: “Lo sto facendo bene? Ė il modo più corretto? La scienza farebbe questo?”.

    Quando la paura ha iniziato a scalfire la mia professione ho iniziato a tremare. Sul posto di lavoro non si trovava l’ombra di una mascherina o di gel disinfettante per le mani e questo ha risvegliato in me la necessità umana di adattamento: “Lotto o Scappo?”. Continuo a lottare. Ciò che mi ha fatto mettere in dubbio questa mia scelta è stato vedere una mia collega essere portata in ospedale con l’ossigeno, le mie certezze si erano affievolite e mi sentivo addosso una grossa responsabilità per lei e per la farmacia. Il peso del lavoro era triplicato, mentre la task force in farmacia era diminuita. Ho dovuto fare i conti con le domande delle persone che si riversavano in farmacia per avere risposte, quando di verità assolute non ne avevo. Il lavoro, quindi, non finiva una volta timbrato il cartellino a fine giornata, ma finiva a notte tarda, dopo aver controllato le ultime novità tenendosi aggiornati sulle dichiarazioni lasciate dal governo, dall’ordine e dai siti di riferimento. Nei mesi la pandemia era mutata e quando ci si avvicinava sempre di più alla verità, il virus cambiava e il castello di carte si disfaceva e bisognava ricominciare a rimettere insieme i pezzi. La paura di portare a casa il virus e colpire inconsapevolmente qualcuno dei miei cari era il condimento aggiuntivo.

    La battaglia del Covid-19 non era una, ma racchiudeva sommosse minori legate al virus che si trascinava dietro domande infinite: le mascherine? Il gel disinfettante? Il distanziamento? La quarantena? Il lockdown? Il vaccino? I tamponi? I sierologici? Il Green Pass?… e così via. La catena del Covid-19 non finiva mai e non finiva una domanda che il telefono della farmacia faceva: “Driin Driin” e bisognava essere pronti per una nuova risposta. Un sospiro di sollievo e si andava avanti.

    Io mi sono sentita così e a due anni esatti dall’inizio della pandemia mi è sorta una domanda spontanea: “Come state realmente?”.

    L’identikit del farmacista stressato

    I farmacisti che hanno partecipato al sondaggio anonimo sono 18. Analizzando in seguito i dati ottenuti dal test, il 72,2% dei partecipanti è un farmacista dipendente; l’88,9% lavora da inizio pandemia e nel 77,8% dei casi si eseguono tamponi antigenici, mentre il 33,3% esegue i vaccini nel luogo di lavoro.

    La parola più presente nella bocca degli intervistati per descrivere il proprio lavoro prima e dopo la pandemia è stressante ripetuta ben 12 volte. Se nel descrivere il proprio lavoro pre-pandemia la parola stressante si evidenzia unicamente 2 volte (con un’accezione né negativa e né positiva, ovvero come previsto dal proprio lavoro), nel secondo caso, nel descrivere il proprio stato d’animo durante la pandemia, la parola stressante assume un’accezione negativa, si ripete per 10 volte nelle risposte lasciate dai farmacisti e si accompagna ad esempio a: faticoso, impegnativo, frenetico, portatore di ansia, caotico, nevrotico.

    Il lavoro del farmacista prima della pandemia

    Alla domanda: “descrivi con 3 parole il tuo lavoro prima della pandemia”, gli aggettivi utilizzati per descrivere il proprio stato emotivo presentano una connotazione prettamente positiva come sereno, tranquillo, soddisfacente, vario, entusiasmante. Una piccola parte dei farmacisti disegna però il lavoro prepandemico come noioso, meccanico, lento.

    Il lavoro del farmacista in pandemia

    Oltre lo stress manifestato da più del 55,56% degli intervistati, le parole utilizzate per descrivere l’attuale lavoro riserva per tutti connotazioni negative come: demotivante, faticoso, frenetico, caotico. Un’altra caratteristica del lavoro in farmacia evidenziata da diversi farmacisti è quella che il lavoro del farmacista fosse diventato monotono e polarizzato verso un unico argomento: esecuzione dei tamponi antigenici e a seguire stampa dei Green Pass. Una farmacista mi scrive: “Mi manca la poliedricità delle dinamiche, soprattutto la possibilità di spaziare nel consiglio toccando vari argomenti. Ora l’argomento è uno solo.”.
    E questo, ahimè, è vero, il Covid-19 tiene la scena per sé da due anni ed è il protagonista indiscusso delle nostre giornate lavorative.

    L’umore del farmacista

    Lo stato d’animo comune predominante è la stanchezza. “Sono Stanc*” è riportato nel sondaggio da 5 colleghi sui 18 intervistati. Lo stato d’animo, però, si diversifica: 15 colleghi vivono il periodo di pandemia con pessimismo come ad esempio “Mi viene da piangere e sono infinitamente stanca”. Al contempo, una minoranza di colleghi nonostante tutto riesce a vedere il bicchiere mezzo pieno e afferma: “Sono stressata, ma sempre contenta di svolgere la mia professione che amo”.

    I bisogni dei farmacisti

    Alla domanda “Cosa ti manca di più del tuo lavoro?” i colleghi si sono sbizzarriti e hanno mostrato tante sfaccettature diverse della professione, ma gli aspetti comuni riscontrati sono: il tempo, il consiglio e la serenità. La mancanza di tempo assume connotazioni diverse come la necessità di dedicare il “giusto tempo” alle persone, il poco tempo per studiare, aggiornarsi e confrontarsi tra colleghi.

    Un’altra grossa mancanza, a parità con il tempo, è il consiglio, un’attività preponderante che ha sempre descritto a pieno il ruolo del farmacista venuta meno durante la pandemia per mancanza di “calma” lavorativa. Un collega sostiene mi manca: “La calma, il poter ragionare quando si parla con il cliente o si gestisce una situazione.”. Infine, non meno importante, sono la serenità, la tranquillità e la spensieratezza di affrontare il proprio lavoro con il sorriso.

    Le conseguenze

    La pandemia ha fatto riflettere i farmacisti e una fetta ha maturato l’esigenza di cambiare il proprio lavoro, mettere in discussione la retribuzione, le proprie mansioni o rivalutare la scala di valori famiglia/lavoro. Se alcuni hanno preferito non rientrare a lavorare e dedicarsi alla famiglia, molti feedback ricevuti sui miei canali social mi hanno fatto comprendere la tendenza di molti farmacisti a voler abbandonare il camice e la spilletta per altre professioni.

    In attesa di comprendere come evolverà la pandemia e di conseguenza come maturerà il ruolo del farmacista, colgo l’occasione di ringraziare tutti coloro che mi hanno scritto, hanno condiviso il loro punto di vista e hanno partecipato a questo sondaggio.
    A voi, Grazie!

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