C’è una luce all’orizzonte che assume le forme di una speranza. E l’augurio che tutti noi possiamo fare è quello che presto diventi una realtà concreta, tangibile. Il vaccino contro l’HIV.
Come accennato nel nostro precedente articolo riguardante l’Aids e il suo virus, la strada tracciata dai vaccini anti Covid ha aperto possibilità anche ad altre malattie, tra cui quella derivata dal virus dell’immunodeficienza.
Un recentissimo studio, infatti, ha dato risultati incoraggianti per cercare di rendere reale uno degli obiettivi dichiarati dall’Oms: debellare l’Aids entro il 2030. Quando si ha a che fare con la scienza, si sa, è sempre meglio però tenere i piedi per terra e attenersi a fatti concreti, specialmente se si tratta di una malattia per la quale sono stati fatti molteplici tentativi nella ricerca di una cura; ciononostante, a volte, sognare non costa nulla.
Tecnologia nuova
La tecnologia usata per produrre i vaccini contro il coronavirus è una tecnologia nuova, su cui gli scienziati studiano da anni; la pandemia ha accelerato i tempi, portando i governi a un investimento forse mai visto prima nella storia dell’uomo. Ma in cosa consiste esattamente?
Una parola: Rna messaggero (mRna). L’mRna è una molecola di Rna a filamento unico complementare a uno dei filamenti di DNA di un gene. E, nello specifico, qual è la sua funzione? In sintesi dice al corpo come produrre le proteine. Quindi questi particolari vaccini istruiscono le cellule a produrre determinate proteine da un virus o da un altro microbo. Tale processo innesca la risposta del sistema immunitario che, a sua volta, dà vita ad anticorpi e specifiche cellule che proteggono dall’infezione qualora il virus vero e proprio entrasse nel corpo.
Un vaccino a tinte tricolori
In tutto questo c’è una buona parte di Italia. Il team di scienziati, infatti, è stato guidato da Paolo Lusso del NIAID (National Institute of Allergy and Infectious Diseases).
Cosa hanno fatto, dunque, il Dott. Lusso e i suoi ricercatori? Hanno sviluppato e testato un vaccino mRna su alcuni animali, topi e successivamente macachi. Lo hanno iniettato nel muscolo, incapsulando l’mRna che codifica la glicoproteina dell’involucro dell’Hiv, l’Env (equivalente della proteina Spike del Covid-19, ma quest’ultima è meno complessa e quindi più semplice da riprodurre e contrastare) insieme alla proteina antigenica specifica del gruppo dell’Hiv, che si chiama Gag, in una nanoparticella lipidica per produrre così virus simili a particelle (VLP) in vivo, che non causano infezioni perchè mancano del codice genetico completo del virus dell’immunodeficienza; ma sono risultate efficaci in quanto hanno provocato risposte immunitarie simili a quelle causate dall’infezione da Hiv. I primi test, come detto, sono stati eseguiti sui topi. Dopo due iniezioni gli animali hanno sviluppato anticorpi in grado di neutralizzare l’Hiv. E già questo rappresenta un apparente miglioramento rispetto ai precedenti vaccini. Successivamente, si è deciso di procedere con le sperimentazioni sui macachi, ai quali è stato iniettato lo SHIV, ossia un ibrido dell’Hiv adattato per le scimmie. Anche in questo caso, i primati sono stati in grado di sviluppare gli anticorpi necessari per neutralizzare diversi ceppi di Hiv. Non solo: il vaccino sperimentale ha provocato altre risposte positive, come i linfociti T Helper, che aiutano altre cellule immunitarie. Dopo tredici settimane di inoculazione del virus, due macachi immunizzati su sette sono rimasti non infetti. Gli altri hanno avuto un ritardo nell’infezione, in media dopo otto settimane (quelli non immunizzati infetti, in media, dopo 3 settimane). Da tutto ciò si deduce che le scimmie vaccinate avevano un rischio di infezione inferiore del 79% rispetto a quelle non vaccinate. Il corso del vaccino, nel complesso, è stato ben tollerato; ci sono stati lievi effetti collaterali. Anthony Fauci, direttore del NIAID ha affermato che ‘’questo vaccino cambia diverse caratteristiche che possono superare le carenze dei precedenti vaccini sperimentali: è un approccio promettente’’.
Dopo ulteriori perfezionamenti e test, il team prevede di condurre una sperimentazione di fase 1 su adulti sani.
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