L’immunoterapia che funziona contro la leucemia nei bambini

Lo studio su un nuovo farmaco, firmato anche da Franco Locatelli del Consiglio superiore di sanità

Progressi immunoterapia e bambini

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    In un periodo di crisi sanitaria, una bellissima notizia. Ad inizio marzo 2021 è stato pubblicato un articolo sulla rivista scientifica online Jama che parla dei risultati di uno studio condotto da diversi gruppi di ricerca scientifici nell’ambito della cura per la leucemia linfoblastica acuta.

    Secondo quanto riportato nell’articolo, l’utilizzo di un nuovo farmaco immunoterapico, il Blinatumomab, sui bambini ad alto rischio di ricaduta della malattia ha risultati migliori dei cicli di chemioterapia pre-trapianto. In altre parole, l’utilizzo terapico di questo farmaco sembrerebbe garantire un tasso di sopravvivenza senza peggioramento della malattia maggiore rispetto alla chemioterapia.

    Cancro in età giovanissima: la leucemia linfoblastica acuta

    La leucemia è un tumore del sangue, anche detto neoplasia del sangue, che si localizza nei vari tessuti del corpo umano. La causa generale della leucemia è un malfunzionamento del midollo osseo: produce una quantità troppo elevata di globuli bianchi con mutazioni genetiche, con un DNA “rovinato”.

    La neoplasia linfoblastica acuta, nello specifico, è una forma rara che si origina dai linfociti, un tipo particolare di globuli bianchi, definita “acuta” perché la progressione della malattia avviene molto rapidamente. Se non curata immediatamente, può portare chi ne soffre al decesso anche nel giro di pochi giorni.

    I più colpiti sono proprio i piccoli, bambini e bambine fra 3 e 5 anni: ogni anno vengono diagnosticati in Italia circa 400 nuovi casi.

    Tredici paesi, per un totale di 47 centri di ricerca sono stati coinvolti in questo studio,  arrivato ormai alla fase 3 di sperimentazione. 108 soggetti minori di 18 anni, la maggior parte dei quali di 5 anni, con alto rischio di ricaduta nella leucemia linfoblastica sono stati coinvolti negli esperimenti con il farmaco Blinatumomab tra novembre 2015 e luglio 2019 e dopo quasi due anni dalla fine della somministrazione della cura i risultati sono stati molto positivi: il 69% dei malati trattati con il medicinale, rispetto al 43% di coloro che hanno fatto chemioterapia, è ancora vivo e il cancro non è ricomparso.

    Il farmaco è più sicuro

    Tra i firmatari c’è anche uno dei volti noti del Consiglio superiore di sanità, il Dottor Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica all’RCCS Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma. In un intervento al Corriere della Sera online ha spiegato: «La leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B è una forma particolarmente aggressiva che colpisce bambini e adulti. La recidiva si presenta in  circa il 15% dei pazienti più piccoli che hanno già svolto un ciclo di chemioterapia: prima questa si presenta, minori sono le possibilità di recupero». Per questo motivo, quindi, allargare le possibilità che la recidiva non compaia è uno dei fronti di ricerca su questa grave  malattia ed è proprio qui che si inserisce il farmaco Blinatumomab.

    Dai risultati, infatti, si può dedurre che l’utilizzo del Blinatumomab come medicinale di supporto successivo al ciclo di chemioterapia che ha ridotto o eliminato il tumore, è più affidabile e meno tossico di ulteriori cicli di chemioterapia. In questo modo, insomma, le possibilità che i pazienti che necessitano di un trapianto di cellule ematiche possano essere iscritte alla lista e arrivare a farlo senza ricadute di sorta.

    Inoltre, tra i dati esposti nell’articolo, si legge che il 93% dei pazienti che hanno partecipato alla nuova sperimentazione immunoterapica con ancora un residuo di cellule tumorale, quindi potenzialmente recidivi, hanno raggiunto la negatività totale, rispetto al solo 24% dei pazienti sottoposti a nuovi cicli di chemioterapia. In generale, la stima di sopravvivenza di chi ha preso il Blinatumomab rispetto agli altri è stata 81% a 56%.

    In breve, se anche altri studi sul Blinatumomab – come quello sulla terapia di consolidamento pubblicato sempre su Jama – continueranno a confermare questa tesi, il farmaco potrebbe diventare una validissima alternativa alla chemioterapia per la cura della leucemia linfoblastica acuta. Anzi, potrebbe essere anche meglio.

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