Vaccino e Coronavirus: ne parliamo insieme alla nota divulgatrice scientifica Roberta Villa

Quali sono le tempistiche realistiche per la diffusione del vaccino? Come le fake news influenzano l’opinione delle persone? Ecco il punto di vista della nota divulgatrice scientifica

Intervista dottoressa villa sul vaccino del coronavirus

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    Quando ci scriviamo a fine aprile, via mail, con Roberta Villa, l’emergenza coronavirus è a un bivio: da una parte ci sono le prime timide riaperture del Governo nazionale, dall’altro si rincorrono gli aggiornamenti sulla ricerca di un vaccino

    La dottoressa Roberta Villa, giornalista laureata in medicina e chirurgia, una delle più note divulgatrici scientifiche italiane, ci aiuterà a fare chiarezza nel rumore delle (dis)informazioni che circolano in questo periodo. 

    Sulle pagine digitali di A Good Magazine le abbiamo chiesto di sintetizzarci come nasce un vaccino, quali sono i tempi per arrivare a trovarlo contro il Covid-19 e come le fake news stanno creando confusione sull’argomento. 

    Dottoressa Villa, non tutti forse conoscono quali sono le varie le fasi che portano allo sviluppo di un vaccino. Può riassumercele?

    Come qualunque farmaco, la sperimentazione clinica di un vaccino richiede una prima fase I, su un piccolo gruppo di persone, per accertarne la sicurezza, poi nelle fasi successive II e III, aumentano il numero delle persone a cui si somministra il vaccino, se ne verifica l’efficacia. Per capire se effettivamente il vaccino protegge dalla malattia è necessario coinvolgere un gran numero di persone e aspettare parecchio tempo per accertarsi che il gruppo vaccinato si ammali meno degli altri. 

    Per questo si sta ipotizzando di sottoporre i volontari più giovani a una “human challenge”, cioè una esposizione al virus per capire se il vaccino li protegge. Evidentemente questo approccio pone questioni etiche, per i rischi a cui comunque anche i giovani possono essere esposti, e scientifiche, perché non è detto che le persone più anziane rispondano poi allo stesso modo. 

    Arrivare alla somministrazione di un vaccino richiede tempo. In Inghilterra sono già partiti i test sperimentali, in Germania sperano di averlo pronto entro l’anno e anche in Italia si sta lavorando rapidamente. Ci sono delle tempistiche indicative per la fase della sperimentazione? Quali sono i fattori che incidono su queste tempistiche?

    Qualcuno prevede la possibilità di avere un primo vaccino per l’autunno. A me sembra una previsione ottimistica. C’è la volontà di accelerare le procedure burocratiche per l’approvazione, ma restano le difficoltà scientifiche. Inoltre, una volta che avremo il vaccino, resterà l’enorme difficoltà di produrne centinaia di milioni di dosi necessarie a proteggere tutto il mondo. Bisognerà stabilire delle priorità, per esempio agli operatori sanitari, e ci vorranno molti mesi, per non dire anni, per averne per tutti.

    A suo parere l’emergenza Covid-19, da questo punto di vista, innescherà un cambiamento sulle modalità di ricerca e sperimentazione dei vaccini?

    Già è così, perché l’emergenza Covid-19 ha portato a mettere in campo approcci completamente diversi dal passato per la produzione rapida di vaccini innovativi. È anche possibile che l’accelerazione delle procedure di approvazione si manterrà poi per altri prodotti in seguito, riducendo i tempi, e di conseguenza i costi, necessari per passare dal laboratorio agli scaffali delle farmacie. Questo fenomeno è da un lato positivo, ma dall’altro va governato con attenzione, per evitare scorciatoie che vadano a scapito della sicurezza. 

    Argomento Fake News. In questi giorni la prima paziente italiana (Elisa Granato) sottoposta al test sperimentale in Inghilterra, a Oxford, è stata addirittura dichiarata morta. Quanto e come questa controinformazione o, meglio, l’informazione falsa sta “lavorando” contro una corretta comunicazione sull’argomento vaccino contro il coronavirus?

    La disinformazione c’è sempre, ed è evidente che in un momento in cui la richiesta e l’offerta di informazione su Covid-19 è enorme e continua, per coprire h24 le reti televisive e pagine e pagine di giornali, aumenta anche lo spazio per le notizie false. L’emotività delle persone accentua l’attenzione per qualunque notizia, soprattutto se conferma i propri pregiudizi, speranze o paure. Il pericolo maggiore, a mio avviso, non sta tanto nella singola informazione falsa, ma in quella che è stata definita anche dall’Organizzazione mondiale della sanità “infodemia”, cioè questa valanga informativa, inevitabilmente caotica, in cui è difficile distinguere il vero dal falso, il probabile dal possibile, lo scientifico dall’aneddotico. Questo confonde le persone, e non le aiuta a capire i pochi messaggi chiave fondamentali per la protezione individuale e per il controllo sociale del contagio.

    Per approfondire l’argomento vaccini vi rimandiamo all’articolo dedicato, in cui vi spieghiamo le varie fasi di studio e di sperimentazione e perché ci vuole tempo per metterlo in commercio. 

     

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