Pillola Pfizer anti-Covid: le ultime novità

Dalla statunitense Pfizer ora arriva anche l’antivirale Paxlovid che riduce il rischio di ospedalizzazione e morte da Covid-19

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    Fino a questo momento l’uscita dalla pandemia che ha colpito tutto il mondo, a partire da marzo 2020, passava, da un punto di vista medico, esclusivamente dai vaccini.

    Grazie al via libera di Ema ed Aifa ora però c’è un altro strumento per contrastare il Covid-19 e consiste nella pillola antivirale Paxlovid che secondo i test sembra essere efficace anche contro l’ultima variante del virus, Omicron.

    A partire dal 4 febbraio è infatti iniziata, nel nostro Paese, la distribuzione dei primi 11.200 trattamenti di Paxlovid, l’antivirale anti-Covid prodotto dalla casa farmaceutica Pfizer, a cui ne seguiranno altri 588.800 nel corso di quest’anno, così come prevede il contratto firmato dal Commissario per l’emergenza Francesco Figliuolo e la casa farmaceutica statunitense.

    Paxlovid, già nel dicembre 2021, aveva avuto parere favorevole da parte del Cts, in virtù dei confortanti risultati su pazienti affetti da forme gravi di Covid e della sua efficacia contro quella che risulta essere la più diffusa delle varianti del Covid-19, ovvero Omicron.

    Paxlovid: cos’è e come va assunto

    Approvato dall’Ema, Paxlovid è il primo antivirale da assumere per via orale per contrastare l’infezione Covid-19 e, secondo i test, sarebbe risolutivo per i pazienti più gravi, riducendo in maniera significativa i casi di ricovero in terapia intensiva e morte.

    Questo farmaco abbassa significativamente le possibilità del Covid di moltiplicarsi all’interno dell’organismo e si basa su due principi attivi (contenuti in due diverse compresse), il PF-07321332 che appunto riduce la percentuale di riproduzione del virus nel corpo e il ritonavir che aiuta a prolungare proprio l’azione del PF.

    Per giungere alle conclusioni sull’efficacia di questo antivirale è stato realizzato uno studio che è stato eseguito su 1.039 pazienti a cui è stato somministrato Paxlovid o placebo, nei 5 giorni successivi all’inizio dei sintomi.

    Il risultato ottenuto è stato che solo lo 0,8 per cento dei pazienti, a cui è stato dato Paxlovid, è stato ricoverato per un tempo superiore alle 24 ore, contro il 6,3 per cento di chi invece ha ricevuto un placebo. Significativo anche il dato relativo ai decessi: non ce ne sono stati in chi ha ricevuto il Paxlovid contro i 9 nel gruppo di pazienti a cui è stato somministrato un placebo.

    La terapia prevede dunque l’assunzione di due pillole (quelle appunto che contengono il PF-07321332 e il ritonavir) per 5 giorni e può essere prescritto dai medici come trattamento domiciliare, al momento dei primi segni di infezione, nei pazienti ad alto rischio.

    Quali effetti collaterali e controindicazioni di Paxlovid

    Altri aspetti positivi legati a questo farmaco, che agisce sul virus indipendentemente dalle caratteristiche della proteina Spike, sono la sua efficacia anche contro Omicron e altre varianti e effetti collaterali generalmente lievi che sono stati rilevati.

    Va però letto il bugiardino che specifica, ad esempio, come la dose di Paxlovid debba essere ridotta nei casi di pazienti che presentano una compromissione renale moderata (che devono però essere avvisati di assumere le due compresse ogni 12 ore) e come questo antivirale non debba essere utilizzato da chi soffre di insufficienza renale moderata.

    Tra le controindicazioni di questo farmaco ci sono le concentrazioni plasmatiche di PF-07321332 e ritonavir che possono essere associate a una potenziale perdita di risposta virologica e resistenza e l’ipersensibilità a principi attivi o eccipienti, mentre reazioni avverse gravi possono insorgere quando il paziente che assume Paxlovid riceve contemporaneamente anche medicinali inibitori di CYP3A.

    Quest’ultimo mix può infatti portare, oltre a una perdita dell’effetto terapeutico stesso di Paxlovid, anche a reazioni fatali.

    Pillola Pfizer anti-Covid: il parere degli esperti

    Adkronos, in seguito al via libera di Ema e alla diffusione del farmaco in Italia, ha riportato, il 7 febbraio scorso, il parere degli esperti, da Pregliasco a Remuzzi rispetto a Paxlovid.

    Secondo il virologo Fabrizio Pregliasco che avevamo intervistato nei primi mesi della pandemia a proposito dell’immunità di gregge ‘finalmente abbiamo un’altra arma’ che non risolve il problema (‘le terapie non sono alternative alla vaccinazione che rimane elemento importante’) ‘ma […] ci apre una nuova prospettiva rispetto alla pesantezza della malattia in termini di sanità pubblica’.

    ‘Sarà fondamentale’, aggiunge Pregliasco, ‘un’organizzazione che permetta una veloce distribuzione del farmaco’ che, sottolinea il primario d’infettivologia al San Martino di Genova, Matteo Bassetti, ‘è molto simile ma anche più efficace dell’altro Molnupiravir, funziona meglio però su Omicron’ ed è quindi ‘un’arma in più per i medici per trattare Covid a casa’.

    ‘Un farmaco che’, prosegue Bassetti, ‘va gestito da mani esperte perché all’interno c’è anche un altro farmaco, il Ritonavir, che abbiamo usato moltissimo già nella terapia contro Hiv-Aids. Quindi è una terapia domiciliare delicata, va fatta attenzione all’interazione con altri farmaci, e secondo me andrà gestita dagli ospedali in collaborazione con il territorio’.

    Paxlovid, ‘se sarà opportunamente utilizzata’, evidenzia Massimo Clementi, professore di Microbiologia e Virologia all’Università-Vita San Raffaele di Milano, potrà ‘ridurre molto la pressione sui sistemi sanitari. Anche perché è un antivirale orale che può essere usato in casa e ha un’efficacia documentata’. Inoltre ‘funziona con una modalità abbastanza singolare: fa fare al virus degli errori e questi errori lo portano a non essere più in grado di essere infettabile, di replicare. Per questo si pensa che possa essere molto attivo contro la variante Omicron’.

    Anche per il medico Giuseppe Remuzzi, infine, ‘l’arrivo degli antivirali orali è un passo in avanti importante’ che però, come già sottolineato da Pregliasco, richiede per la sua distribuzione ‘un’organizzazione molto forte ospedale-territorio, e invece in tante parti del nostro Paese questo raccordo è debole’.

    In conclusione, al di delle paventate difficoltà a livello distributivo del farmaco che ha già iniziato a circolare, tra le altre, nelle strutture Meyer di Firenze e Spallanzani di Roma (il 5 febbraio veniva riportato la notizia che nell’istituto romano era stato curato il primo paziente in Italia con Paxlovid, un uomo di 54 anni), non possiamo non ribadire che si tratta evidentemente di un’ottima notizia, assimilabile per importanza a quella dell’arrivo dei primi vaccini.

    Un ulteriore step per contrastare ancora meglio questo virus entrato tragicamente a far parte della nostra esistenza da ormai quasi due anni.

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