Scoperta una possibile cura contro i sintomi della sindrome di Down e autismo

È italiana la scoperta di un nuovo farmaco che inibisce la proteina NKCC1 responsabile del funzionamento di molte funzioni cerebrali.

Possibile cura sindrome down e autismo

Sommario
    Tempo di lettura Tempo di lettura terminato
    0
    Time

    “Negli ultimi decenni, lo sviluppo di farmaci in campo neuroscientifico ha avuto difficoltà a individuare nuove classi di molecole efficaci. La scoperta di composti chimici atti ad alleviare i sintomi di malattie neurologiche è stata notevolmente ostacolata dal fatto che i pochi farmaci attualmente utilizzati clinicamente sono stati definiti frutto di “Serendipity”, ovvero scoperta casuale dopo vari tentativi, quindi il meccanismo d’azione di questi farmaci è spesso poco compreso. In questa ricerca, viene sfruttato il riposizionamento farmacologico, ovvero l’utilizzo di un farmaco già noto per curare sintomatologie diverse dal foglio illustrativo, come mezzo per valutare rapidamente e in sicurezza il nuovo obiettivo farmacologico NKCC1 e tutte le sue implicazioni in modelli animali e in pazienti umani. Riportiamo quindi una strategia integrata per la progettazione di un Inibitore di NKCC1, sicuro e selettivo, studiato in vivo. Questo composto ha il potenziale per diventare un candidato farmaco clinico per il trattamento di diverse condizioni neurologiche nei pazienti. Infine questa strategia unita alla scoperta di nuovi farmaci ha l’obiettivo di rilanciare l’invito alla sperimentazione farmacologica nel difficile campo della neuroscienza.”

    Una scoperta italiana

    Questo è quello che si legge nella finestra introduttiva all’articolo pubblicato il 10 Luglio 2020 sulla rivista Chem (Cell Press). I ricercatori dell’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) hanno scoperto un nuovo composto chimico che ha tutte le carte in regola per diventare un farmaco utile a combattere i sintomi tipici di alcune condizioni neurologiche, come sindrome di Down e autismo. A questa ricerca hanno lavorato insieme due team italiani, guidati rispettivamente da Laura Cancedda e Marco de Vivo, presso l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

    Laura Cancedda è a capo del brain Developement and Diasease Laboratory dell’IT e anche assistant scientist presso il Dulbecco Telethon Institute. Marco De Vivo è a capo del Molecuar Modeing and Drug Discovery Laboratory dell’IT. La scoperta inoltre è stata supportata dalla fondazione Telethon e ha beneficiato in parte dei finanziamenti dell’European Research Council.

    Cos’è la proteina NKCC1 ?

    Il nostro corpo è dotato di proteine (NKCC) in grado di trasportare ioni di sodio, di potassio e cloruro attraverso la membrana cellulare. In particolare la proteina NKCC1 è ampiamente distribuita in tutto il corpo, ma si trova più comunemente nella membrana basolaterale, cioè la parte della membrana più vicina ai vasi sanguigni. La porzione basolaterale della NKCC1 dà la capacità di trasportare sodio, potassio e cloruro dal sangue alla cellula. Nel cervello questa proteina trasporta sostanze, tra le quali ioni di cloro, regolandone la corretta concentrazione che è cruciale per le funzioni cerebrali. In condizioni come sindrome di Down, autismo e anche epilessia, la concentrazione di queste sostanze nel cervello è alterata a causa del funzionamento anomalo di NKCC1. I ricercatori esperti dell’IT hanno dunque cercato molecole che interagissero con NKCC1 per normalizzarne il comportamento. Ma per fare ciò, i team scientifici De Vivo e Cancedda, si sono concentrati su un farmaco preesistente, dagli effetti diuretici, che già in passato aveva dimostrato come riuscisse a migliorare ed alleviare alcune difficoltà cognitive della sindrome di Down.

    Perché lavorare su un farmaco preesistente ?

    Le scoperte farmacologiche in campo neuro-scientifico procedono lentamente a causa dei molti fallimenti riscontrati dalla ricerca di classi di nuove e piccole molecole efficaci, per questo motivo le cause farmaceutiche difficilmente concedono la loro approvazione per questo tipo di sperimentazione. Infatti per ora i risultati positivi sono stati rilevati solo su modelli animali e non su pazienti. Proprio per questo motivo il suddetto riposizionamento farmacologico è molto utile per riuscire a sperimentare anche sull’uomo.

    Si legge nelle conclusioni dell’articolo su Chem:

    “Abbiamo collegato questa sperimentazione alla progettazione assistita, tramite computer, di nuove molecole, che si basano sui meccanismi di azione del farmaco preesistente. Facendo questo, abbiamo scoperto un nuovo composto ARN23746 che funziona da inibitore della proteina NKCC1, privo degli effetti diuretici iniziali, ha infatti una solubilità e stabilità metabolica eccellenti e non induce tossicità in seguito a trattamento cronico.”

    In questo modo è stato possibile estrapolare la molecola che riesce a inibire e a regolare le funzioni di NKCC1 da un farmaco che aveva tutt’altro compito e, per eliminare gli effetti diuretici e sfruttare al meglio le potenzialità del farmaco sul cervello, è stato fondamentale l’uso di tecnologie computazionali così da analizzare la struttura della molecola e identificare i siti funzionali che le conferiscono attività diuretica e quelli che agiscono sulla proteina.

    Gli esperimenti animali

    In conformità con il Ministero della Salute Italiano e seguendo le linee guida dell’UE per la sperimentazione sono stati usati topi, circa cinquanta fra maschi e femmine, controllati quotidianamente da un veterinario che ne manteneva la salute e il comfort. I topi sono stati sistemati in gabbie filtrate in una stanza a temperatura controllata con circa 12 ore di buio e 12 ore di luce e con accesso “ad libitum” a cibo e acqua. Sono stati fatti incrociare femmine e maschi con caratteristiche genetiche tali da ottenere una prole che mostrava comportamenti correlati ai sintomi fondamentali dell’autismo. In seguito è stata iniettata la medicina nei topi ogni giorno e, dopo un’ora dall’iniezione, sono stati sottoposti a veri e propri test comportamentali. In breve vengono testate le capacità del topo, al quale viene somministrata la medicina, nel riconoscimento e nelle capacità mnemoniche nel posizionamento di oggetti, nell’approccio con altri topi (comportamento sociale) e nel modo di comportarsi quando vengono a contatto con intrusi. Inoltre viene controllato il modo di muoversi; infatti spesso in seguito alla somministrazione del farmaco non hanno più presentato il movimento di “scavare e sotterrare” in continuazione o quello di leccare e mordicchiare insistentemente zampe e corpo tipico dei topi che mostrano sintomi di autismo.

    Risultati e sperimentazione clinica

    Sulla sperimentazione animali i test hanno avuto tutti esiti positivi. È stato dimostrato come il farmaco allevia in modo significativo sia le difficoltà di memoria e di apprendimento tipiche della sindrome di Down, sia i problemi di socialità e i comportamenti ripetitivi dello spettro autistico. A quanto pare però ci vorrà ancora un po’ di tempo, si ipotizza un paio d’anni, prima che vengano fatti test anche su pazienti. Gli effetti della nuova molecola potrebbero portare ancora più benefici se la terapia venisse somministrata precocemente, nel periodo in cui il cervello deve ancora del tutto svilupparsi. Il candidato farmaco quindi dovrà essere sottoposto prima a studi preclinici avanzati, in modo da procedere con studi sull’uomo e arrivare al farmaco finale. Purtroppo i fondi non sono ancora proporzionali alla mole di lavoro da dedicare a questa scoperta e De Vivo annuncia: “ stiamo pianificando di lanciare una nuova start-up dedicata al progetto”.

    Fonti

    Lascia il tuo commento

    Non verrà mostrata nei commenti
    A Good Magazine - Newsletter
    è il contenuto che ti fa bene! Resta aggiornato sulle malattie digitali