Personalità: attenzione a non banalizzare

La Personalità semplificata sulla base di un’informazione generica, facciamo chiarezza !

donna con lente di ingrandimento

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    Sul web sono annoverate spesso come personalità tossiche: il pettegolo, l’egocentrico, il criticone, il manipolatore, l’iracondo o la vittima per citarne alcune ma, l’elenco, potrebbe proseguire oltre.

    In questo articolo, proviamo a mettere ordine rispetto ad alcuni concetti psicologici, che spesso vengono utilizzati nel linguaggio comune spogliati del loro corretto significato, (come quello di personalità) e che, se utilizzati a sproposito, possono creare confusione e stereotipi.

    L’Identità

    L’identità coincide con l’unicità: tutto ciò che impedisce di confonderci con altre persone e che quindi ci rende riconoscibili e distinguibili dagli altri.

    L’identità è la nostra singolarità sia in termini fisici (pensiamo alle caratteristiche che ci contraddistinguono come il colore degli occhi, dei capelli, etc.) sia ciò che appartiene alla nostra identità psicologica, ( nonché alla nostra personalità) di cui parleremo nello specifico in seguito.

    L’identità può essere quindi scomposta in tre parti:

    1. l’identità somatica, che comprende il patrimonio genetico, (ossia tutte le caratteristiche che derivano direttamente dal nostro DNA)
    2. l’identità sociale, e cioè la posizione che come individui occupiamo nella società e che comprende il nostro nome e cognome, il nostro stato civile, la residenza, la professione che pratichiamo etc…
    3. l’identità psicologica,  che altro non è, che la nostra personalità.

    Personalità, temperamento o carattere?

    La personalità di ciascuno di noi, consiste non soltanto nel modo di capire e ragionare che ci contraddistingue e dunque nel nostro tipo e grado di intelligenza, ma anche nell’insieme di alcune caratteristiche:

    Le nostre disposizioni relazionali

    Le nostre predisposizioni attitudinali particolari ( alla musica, al disegno, alla matematica, etc.),

    I nostri gusti e preferenze di fondo

    Inclinazioni sessuali e una infinità di fattori che vanno dal modo di sorridere e di muoversi, alla eventuale predisposizione alla collera o alla depressione, alla stabilità o instabilità emotiva, alla tendenza alla dipendenza e all’insicurezza o, invece, alla fiducia di sé.

    “Nella storia della psicologia, al termine temperamento s’è sostituito il termine carattere e, successivamente, il termine personalità. In questa successione, è leggibile un graduale trapasso da una concezione <<fisiologica>> a una sempre più <<psicologica>> dove l’individuo è considerato in termini più globali e complessi di quanto non sia la sua semplice dipendenza dai fattori somatico-costituzionali” U. Galimberti

    Temperamento e carattere, quindi, altro non sono che sinonimi del più completo e complesso termine di personalità. Il temperamento fa riferimento principalmente alla componente innata della personalità, al substrato biologico; benché almeno in parte, modificabile dall’interazione con l’ambiente.

    Il carattere riguarda le caratteristiche della persona conformi ai valori e agli standard dei criteri sociali condivisi.

    E’ evidente quindi la complessità che si cela dietro al termine personalità, che può essere definita come l’insieme dei tratti comportamentali, emotivi, sociali e cognitivi che si delineano attraverso l’interazione di componenti biologiche, psicologiche e sociali che una persona esprime nel suo vivere quotidiano.

    I tratti sono pattern (modelli o schemi) costanti di percepire, rapportarsi e pensare rispetto a se stessi, gli altri e il mondo e si manifestano in una vasta gamma di contesti personali e sociali. 

    Psicologia dei tratti

    Lo studio relativo alla personalità assume prospettive diverse a seconda della scuola di pensiero.

    Ad esempio:

    Per le teorie sviluppate in ambito psicodinamico

    lo studio della personalità si focalizza sulle dimensioni profonde e inconsce dell’individuo.

    In ambito comportamentista 

    L’attenzione si sposta sulle componenti visibili ed esteriori della personalità, considerate il frutto di un apprendimento per condizionamento, in cui, l’apprendimento stesso, avviene attraverso l’associazione di stimoli e risposte.

    In ambito costruttivista invece, la personalità è data da un insieme di costrutti personali ossia degli schemi attraverso cui si interpreta la realtà, ottenuti dalle proprie esperienze personali, motivo per cui la visione della realtà è percepita in modo diverso da una persona all’altra.

    La comprensione moderna della personalità deriva dalla psicologia dei tratti; questi vengono collocati su un continuum che va da assente a grave: solo i tratti che raggiungono un certo grado di gravità sono considerati patologici.

    Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) soltanto quando i tratti di personalità sono rigidi e disadattivi e causano una significativa compromissione funzionale o un disagio soggettivo, denotano la presenza di un Disturbo di Personalità.

    Criteri per il Disturbo di Personalità in genere (DSM-5, 2019)

    1. Un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due (o più) delle seguenti aree:
    1. Cognitività (cioè modi di percepire ed interpretare se stessi, gli altri, e gli avvenimenti).
    2. Affettività (cioè varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta emotiva).
    3. Funzionamento interpersonale.
    4. Controllo degli impulsi.
    1. Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni personali e sociali.
    2. Il pattern abituale determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
    3. Il pattern è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta.
    4. Il pattern abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale.
    5. Il pattern abituale non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es. una sostanza di abuso, un farmaco) o di un’altra condizione medica (per es., un trauma cranico).

    Un Disturbo di Personalità quindi, va ben oltre la definizione di una persona che può, ai nostri occhi, apparire pettegola, egocentrica, manipolativa, iraconda o criticona: questi termini non vanno ad indicare l’esigenza di dover evitare una persona, né tantomeno di identificare in lei la presenza di un disturbo di personalità, che invece, per essere tale, richiede una valutazione a lungo termine di particolari caratteristiche individuali e di funzionamento. I tratti di personalità che definiscono e identificano la presenza di un disturbo, devono anche essere distinti dalle caratteristiche che emergono in risposta a specifici eventi stressanti o stati mentali transitori.

    Secondo il DSM-5, i disturbi di personalità di dividono in tre gruppi:

    nel gruppo A sono compresi il Disturbo Paranoide, Schizoide e Schizotipico caratterizzati da eccentricità nel comportamento e sospettosità

    nel gruppo B, invece, i disturbi con condotte comportamentali emotive, disregolate e drammatiche, quali il Disturbo Antisociale, Borderline, Istrionico e Narcisistico

    nel gruppo C sono presenti il Disturbo Evitante, Dipendente e Ossessivo-Compulsivo di personalità, identificabili in comportamenti inibiti ed ansiosi.

    E’ buona cosa quindi ricordare che per porre diagnosi di Disturbo Mentale e nello specifico di Disturbo di Personalità, è necessaria una lunga e accurata indagine da parte del clinico (psicologo o psichiatra) che emerge da un lavoro molto complesso e articolato. Come per qualsiasi altra malattia organica non è possibile basarsi su generalizzazioni né tantomeno cercare in internet strategie per classificare il proprio partner o le persone che ci circondano.

    Inoltre quando parliamo di disturbi di personalità, stiamo parlando di vere e proprie malattie, con una sintomatologia specifica, che richiede attenzione clinica come per qualsiasi altra malattia organica.

    L’unità, non l’uniformità, deve essere il nostro obiettivo. Raggiungiamo l’unità solo attraverso la varietà. Le differenze devono essere integrate, non annientate, non assorbite.

    Mary Parker Follett

    Fonti

    American Psychiatric Association, (2013). Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, (DSM-5), Washinghton, DC

    Casey P., Kelly B., (2013). Fish, Psicopatologia clinica, segni e sintomi in psichiatria, Ed. Ermes

    Galimberti U., (2006). Dizionario di Psicologia. Ed. UTET

    Jervis G., (2001). Psicologia Dinamica. Ed. Il Mulino, Manuali

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