La notizia è di quelle da far tremare i polsi e, perdonate la banalità, far battere il cuore. Il 23 dicembre 2020 la Carmat, azienda che sta sviluppando il cuore artificiale più avanzato al mondo, ha ricevuto il marchio CE che ne permette la vendita in Europa e in tutti i Paesi che riconoscono questa certificazione. Un “cuore” che nasce per sostituire quello vero, ultimo risultato di una serie di esperimenti che nel corso dei decenni sono stati fatti per riuscire ad arrivare a un risultato perfetto. Un percorso ancora in evoluzione e con qualche intoppo (che si traduce in morti); per questo ci siamo chiesti quanto possiamo fidarci e chi sono i destinatari, ad oggi, di questi cuori artificiali. Per farlo non c’è cosa migliore che ricostruire gli avvenimenti basandosi su fonti affidabili, ovvero gli studi ufficiali finora condotti, partendo però dalle basi: cos’è il cuore e come funziona?
Cos’è il cuore e come funziona?
Il cuore è un muscolo, si trova nella parte anteriore del torace ed è assolutamente fondamentale nel funzionamento dell’apparato cardiovascolare, garantito da una pompa che fa circolare in maniera ininterrotta il sangue (con il suo bel carico di ossigeno) lungo tutto il nostro corpo. Il cuore è dotato di quattro cavità (atrio e ventricolo destro, atrio e ventricolo sinistro) ed è esternamente composto da una componente muscolare chiamata miocardio, a sua volta ricoperto al di fuori da una membrana sierosa chiamata pericardio e internamente dall’endocardio. Gli atri hanno il compito di ricevere il sangue in arrivo nel cuore (nella fase di distensione o diastole) mentre i ventricoli quello di pomparlo all’esterno (fase di contrazione o sistole); la sezione destra è poi divisa dalla sinistra dal setto ventricolare, lamina in tessuto che separa il cuore in due parti. A tutto questo si aggiungono, infine, le valvole cardiache, necessarie per mantenere la direzionalità del flusso del sangue. Un lavoro ininterrotto che mescola i momenti di contrazione a quelli di rilassamento con una frequenza normale di 70 battiti al minuto; un meccanismo naturale che però grazie allo sviluppo in campo medico e tecnologico può essere sostituto da uno artificiale.
Storia del cuore artificiale
Ufficialmente il primo cuore artificiale impiantato con successo risale al 1982, fu progettato da un team composto dagli statunitensi Willem Johan Kolff e Robert Jarvik e il primo paziente/cavia (Barney Clark, un dentista in pensione che soffriva di una grave forma di scompenso cardiaco) sopravvisse, tra varie sofferenze, 112 giorni. Denominato Jarvik 7, questo cuore artificiale funzionava tramite alimentazione pneumatica a flusso pulsatile e il suo problema principale era dovuto a una consolle esterna di grandi dimensioni che costringeva il paziente a restare in ospedale. Le sperimentazioni continuarono comunque, pur con risultati alterni; la seconda cavia del Jarvik 7 andò avanti per 620 giorni, la terza morì di emorragia, mentre la quarta e la quinta vissero rispettivamente per altri 10 e 14 mesi.
Con l’inizio degli anni ‘90 la ricerca subì una decisa accelerata e le tecnologie videro un netto miglioramento, anche in termini di riduzione delle dimensioni. Nel 1990 Brian Williams, un adolescente della Georgia, fu il primo paziente VAD (ventricular assist device) a essere dimesso dall’ospedale, in attesa di trapianto di un cuore vero, con l’approvazione della Food and Drug Administration (oggi è sposato e ha un figlio), mentre nel 1993 fu avviato lo sviluppo del cuore CardioWest, evoluzione del Jarvik 7.
Uno sviluppo, durato fino al 2002, che ci porta fino ai giorni nostri, in cui l’obiettivo è avere un sistema che sostituisca in maniera definitiva il cuore del paziente con un TAH (total artificial heart). Commercializzato con il nome di SynCardia a partire dal 2004, CardioWest era secondo un aggiornamento del gennaio 2019 l’unico cuore completamente artificiale disponibile sul mercato, approvato negli Stati Uniti. Uno spazio che dovrà però ora condividere con Aeson Carmat TAH, il cuore artificiale che negli Stati Uniti è al momento disponibile esclusivamente nell’ambito di studi clinici ma che il 22 dicembre 2020 ha ricevuto il marchio CE che ne consente la vendita nell’Unione Europea e nei Paesi che riconoscono la certificazione.
Come funziona il cuore artificiale Aeson Carmat TAH?
La storia del cuore artificiale Aeson Carmat TAH parte nel 2008 ed è il risultato della collaborazione fra il prof. Alain Carpentier, noto cardiochirurgo francese, e l’azienda di ingegneria aeronautica e spaziale MATRAS. Aeson è un dispositivo dal peso di 850g e dal volume di 750 ml e riproduce forma e funzionamento classici del cuore. Questo TAH consiste quindi in una singola unità che viene inserita nel torace ed è suddiviso in ventricolo sinistro e destro, a loro volta composti da due differenti camere definite compartimenti. Questi ultimi sono divisi da una membrana ibrida, composta da polimeri sintetici e pericardio fissato in glutaraldeide, il cui movimento (che permette l’aspirazione e l’eiezione del sangue nel corpo) è assicurato da due motori elettrici.
Esattamente come in un cuore vero, poi, nell’attuale modello di Carmat si attua anche l’azione alternata tra diastole e sistole, aorta e arterie sono collegato al TAH con innesti vascolari sintetici e sensori di pressione, in grado di informare sul precarico e postcarico, mentre trasduttori a ultrasuoni misurano la posizione delle membrane. La frequenza dei battiti e volume della corsa sono quindi regolati da un algoritmo, mentre l’unidirezionalità del flusso è garantita dalle valvole biologiche Carpentier-Edwards, collocate all’ingresso e all’uscita dei rispettivi compartimenti. Le informazioni sull’andamento del TAH impiantato vengono poi visualizzate su una consolle che funziona con una batteria (dall’autonomia di 4 ore e dal peso di circa 4kg) indossata dal paziente, collegata con un cavo che dall’addome raggiunge il cuore attraverso un proseguimento percutaneo. Il team medico, infine, può utilizzare la consolle per controllare la protesi durante l’impianto e per monitorare il funzionamento del dispositivo.
Un cuore non per tutti
Il Carmat TAH fu testato per la prima volta tra il gennaio e il giugno 2013, su dodici vitelli femmine di 2-3 mesi di età e di razza Charolaise. Questi cuori artificiali furono impiantati attraverso un’apertura centrale dello sterno per garantire un adattamento anatomico adeguato e la loro durata prevista era di 4-10 giorni. Molti di questi vitelli, messi in gabbia subito dopo l’intervento, furono estubati il giorno successivo all’operazione e uno di loro riuscì a sopravvivere sino al decimo giorno, senza che si verificassero guasti al dispositivo. I vitelli utilizzati per questa sperimentazioni furono soppressi nei casi di malessere dell’animale (disfunzioni respiratorie o cerebrali) e l’analisi dell’espianto dei dispositivi non mostrò formazioni di trombi (coaguli di sangue) all’interno delle cavità sanguigne. Ulteriori esami (istologico e cerebrale) mostrarono infine dei microinfarti isolati in 2 dei 12 vitelli e nessuna deposizione tromboembolica.
Risultati complessivamente positivi che il 18 dicembre del 2013 portarono al primo trapianto umano di Aeson Carmet TAH su un paziente di 76 anni e il 5 agosto 2014 su un secondo di 68. Estubati nelle prime 12 ore successive alle rispettive operazioni, entrambi ebbero un rapido recupero delle funzioni respiratorie, circolatorie e mentali ma già il 23 dicembre il primo paziente si presentò con un tamponamento cardiaco (un accumulo di sangue nel sacco pericardico e di pressione sufficiente a compromettere il riempimento cardiaco) e fu costretto a sottoporsi a un nuovo intervento, dopo il quale, per via di disturbi emorragici, dovette sospendere gli anticoagulanti. Differente l’andamento del percorso di vita dei due pazienti con il loro cuore artificiale, seppur con un esito identico. Il primo morì dopo 74 giorni per colpa di un guasto del dispositivo, il secondo, dopo aver sofferto di insufficienza renale e versamento pericardico che richiedeva drenaggio, fu dimesso dall’ospedale a 150 giorni dall’intervento. Quattro mesi dopo, però, lamentò una bassa gittata cardiaca e nonostante la sostituzione con un altro Aeson morì per insufficienza multiorgano.
Nel gennaio 2019 i miglioramenti dei prodotti Carmat erano notevoli e l’azienda annunciò che dei primi 10 pazienti a cui era stato impiantato un cuore Aeson, il 70% di loro aveva raggiunto quello che in gergo tecnico è chiamato un endpoint, con la sopravvivenza a sei mesi dall’impianto, senza che si verificassero episodi di ictus, sanguinamento grastrointestinale o infezione da trasmissione, eventi avversi comuni con questi dispositivi.
Nonostante l’obiettivo da parte di Carmat sia quello di rendere il proprio cuore artificiale Aeson una soluzione definitiva per il paziente, ad oggi il dispositivo è stato approvato dalla CE solo per i pazienti affetti da insufficienza cardiaca biventricolare terminale che non rispondono più alle terapie convenzionali e che potrebbero essere sottoposti al trapianto di cuore nei 180 giorni successivi all’impianto. Malgrado poi il marchio di garanzia europeo, il cuore artificiale di Carmat è sempre in fase di analisi e nel dicembre 2021 dovrebbe terminare lo studio ‘European Clinical Evaluation of the Carmat Total Artificial Heart’ (ADVANCEHF), giunto alla Fase 3, in cui un team di scienziati coordinato dal professor Finn Gustafsson sta valutando gli effetti del cuore artificiale Aeson Carmat TAH in 20 pazienti. Questi studi, al momento, non registrano effetti avversi ma l’obiettivo di Carmat, nel creare un cuore artificiale come soluzione definitiva per i pazienti, non è stato ancora evidentemente raggiunto.
D’altra parte coloro che si sono sinora sottoposti all’operazione sono persone affette da un’insufficienza cardiaca terminale che hanno urgente bisogno di un cuore “nuovo”; poter godere di un sostituto artificiale è una opportunità importante, indipendentemente dal livello di sviluppo raggiunto.
Il futuro è il cuore senza fili
All’orizzonte, intanto, il futuro e un pezzo di presente sono wireless, senza fili. Dato il rischio esistente di infezione, nel momento in cui il cavo esce dall’addome, è stato sviluppato da Levitus Cardio, una med-tech con sede a Israele, un cuore artificiale che non ha bisogno del passaggio sottocutaneo di un cavo. In pratica, oltre al ventricolo artificiale, viene impiantata intorno al polmone destro una bobina elettromagnetica a cui arriva l’energia necessaria attraverso il torace, grazie a una cintura che viene indossata dal paziente per alcune ore. Una volta ricaricata, la bobina alimenta il funzionamento del cuore artificiale per 8 ore, durante le quali la persona può condurre una vita normale, potendosi liberare della cintura e del resto della strumentazione esterna per la ricarica.
Riassumendo. La soluzione Aeson Carmat TAH rappresenta sicuramente un’eccellenza e lo studio, sopracitato, in cui non si sono registrati sinora effetti avversi è, insieme al marchio CE, segnale di garanzia. Detto questo: ad oggi ancora non esiste il cuore artificiale “dei sogni” ma le ricerche avanzate in materia ci rendono ottimisti per il futuro e quello che fino a non moltissimo tempo fa poteva sembrare fantascienza potrebbe diventare realtà.
È la ricerca, bellezza
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