Il diabete mellito: di che si tratta?

Percorriamo una panoramica sulla malattia metabolica più nota: cause, sintomi, trattamento.

diabete mellito

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    Il diabete è, purtroppo, tristemente noto ai più. Nelle classifiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si colloca in top ten tra le cause di morti a livello mondiale (9a, stando ai dati del 2019). L’aggettivo mellito (derivante dal latino mellis, miele) fa riferimento ad una prima caratteristica: elevati livelli di glucosio nel sangue, ovvero iperglicemia. Questo lo contraddistingue dal diabete insipido, dal momento che anche le urine assumono sapore dolce (ebbene sì, in antichità l’assaggio fungeva da diagnosi). L’alterato tasso di glucosio deriva da qualche disfunzione legata all’insulina: è l’ormone principale nel metabolismo glucidico, prodotta nelle cellule β del pancreas (isole di Langherans). 

    Le tipologie di diabete mellito

    Tipo 1

    Questa tipologia è caratterizzata da un deficit di insulina, dovuta alla distruzione delle cellule β. Rappresenta circa il 5-10% dei casi, chiamato anche diabete insulino-dipendente o giovanile. La velocità di distruzione delle cellule è piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire in maniera rapida come i bambini e gli adolescenti, o più lenta negli adulti (in questi rari casi si parla di LADA: Late Autommune Diabetes in Adults). La demolizione è di tipo autoimmune: gli anticorpi si direzionano con fare ostile verso le cellule

    Tipo 2

    Due tratti distintivi:

    • insufficiente produzione di insulina da parte del pancreas,
    • inadeguata risposta all’insulina (insulino-resistenza).

    Da qui la definizione di diabete insulino-indipendente. Il diabete di tipo 2, un tempo raro fra bambini e adolescenti, è diventato più comune. L’obesità rimane il principale fattore di rischio (causa un certo grado di insulino resistenza). L’insorgenza dei sintomi è più graduale rispetto al tipo 1, per cui rende difficile e tardiva la diagnosi.

    Gestazionale

    Caso particolare di tipo 2, che colpisce le donne in gravidanza. Qualora non venga rilevato e trattato, può aumentare il rischio di gravi complicanze sia per la donna sia per il feto. Si ha incapacità di produrre sufficiente insulina, necessaria in quantità maggiori in quanto la placenta produce un ormone che rende l’organismo meno rispondente all’insulina stessa. 

    Le cause

    Si è notata molta variabilità nell’incidenza dei tipo 1, per cui molto spesso è attribuita origine idiopatica. Le cause rimangono ancora poco chiare, ma potrebbero essere legate a fattori ambientali (influenza di dieta e nazionalità). 

    Ci sono anche fattori genetici, individuati in una predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri (tipo 1), oppure nell’insensibilità all’azione dell’insulina (tipo 2). Si possono anche ereditare difetti nelle cellule β o negli enzimi coinvolti nei vari processi. Alcuni farmaci possono disturbare la produzione di insulina, come anche alti livelli di alcuni ormoni (ormone della crescita, glucagone, cortisolo).

    Sintomi

    Tipicamente:

    • sete (polidipsia),
    • aumentata quantità di urine (poliuria),
    • sensazione di stanchezza (astenia),
    • offuscamento della vista,
    • perdita di peso,
    • aumentata frequenza di infezioni.

    La carenza di energia deriva dal mancato assorbimento di zucchero. Le altre cellule, non potendo disporre di glucosio, cercano vie alternative per produrre energia. Vengono metabolizzati i grassi, ma con notevole produzione di corpi chetonici, che conducono ad uno stato di acidosi. Si può arrivare al coma (chetoacidosico) e alla morte, se non trattato. Il glucosio ha anche potere osmotico, per cui con la sua escrezione si crea una profonda disidratazione.

    Le complicazioni

    Nei pazienti diabetici si instaurano sintomi gravi e difficilmente controllabili. Le complicanze riguardano vari distretti e possono essere:

    Rappresentano la principale causa di morte per diabete, per questo la diagnosi è importante farla in fase più precoce possibile. La capacità di intaccare la circolazione affligge i vasi più grandi fino a quelli più piccoli, portando alle varie conseguenze.

    Trattamento

    La diagnosi avviene tramite:

    • livelli di glucosio ematico (si aggira sopra i 180 mg/dl),
    • misurazione dell’emoglobina glicata (a lungo andare, il glucosio circolante si lega ai globuli rossi).

    Il tipo 1 conduce anche ad una vera e propria assenza di insulina, che quindi si rende indispensabile per il trattamento. Nel tipo 2 invece i tassi di insulina possono essere normali o addirittura superiori, per cui il trattamento avviene tramite ipoglicemizzanti (alcuni di recente coinvolgimento legislativo) o alcune iniezioni di insulina (esistono le versioni ad azione rapida, media e lenta).

    Alcuni dei farmaci utilizzati sono:

    • metformina: riduce la quantità di glucosio rilasciata nel sangue dal fegato;
    • sulfaniluree: agiscono stimolando la liberazione di insulina e ne sensibilizzano i tessuti periferici;
    • gliptine (inibitori DPP-4): impediscono la metabolizzazione del GLP-1, un ormone che stimola la produzione di insulina;
    • megletinidi: stimolano il rilascio di insulina dal pancreas nel sangue.

    Anche la prevenzione svolge il suo ruolo, a prescindere dal tipo di diabete. Si include in essa:

    • controllo dei livelli di glucosio, anche tramite una combinazione di attività fisica e dieta;
    • controllo di pressione sanguigna e lipidi per ridurre i rischi cardiovascolari;
    • check-up regolare di occhi, reni e piedi (piede diabetico).

    Fonti

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