Prevenire malattie infettive: cosa ci ha insegnato il Coronavirus

Perché le norme igienico-sanitarie dovrebbero essere sempre valide e quali sono le ragioni scientifiche per non ignorarle

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    Su un punto dovremmo essere tutti d’accordo: la cosa che ha rappresentato, e continua a rappresentare, una costante nel passaggio da Fase 1 a Fase 2, e che non ci dimenticheremo per molto tempo, è la lista delle principali raccomandazioni di prevenzione e norme igienico-sanitarie da rispettare nella lotta al contagio. Un insieme di regole e indicazioni, diffuse attraverso qualsiasi canale possibile con l’avvento del Coronavirus, divenuto ormai una sorta di mantra. Questa lista, però, non esaurisce la sua funzione con il COVID-19, che le ha comunque dato il risalto mediatico necessario e proporzionato all’emergenza.

    A una lettura meno superficiale, la lista diventa un prontuario della prevenzione delle malattie infettive dal fondamento scientifico, uno strumento che ognuno di noi deve tener presente per poter stare “in società” con consapevolezza. Proviamo quindi a fare questa lettura approfondita e a capire perché il valore del prontuario della prevenzione virale va nettamente al di là del Coronavirus. Prendiamo spunto dalle misure elencate nel sito del Ministero della Salute e raggruppiamole per temi.

    Norme relative all’IGIENE

    Lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni idroalcoliche, per almeno 40 secondi e senza saltare alcuna zona.
    Le mani sono gli arti che utilizziamo di più in assoluto durante tutta la nostra vita, per questo la grandezza del passaggio evolutivo che ci ha fatto acquisire il pollice opponibile è proporzionato alla quantità di germi che possono essere intercettati da questa parte del corpo; di questi, alcuni sono semplici organismi non patogeni che vivono di default sulla nostra pelle, altri sono i virus e i batteri che causano problemi di salute. Per evitare che i secondi arrivino più facilmente dentro il nostro organismo ogni volta, ad esempio, che portiamo le mani alla bocca oppure ci grattiamo naso e occhi, è necessario lavarsi le mani bene, così da ucciderli. Da qui deduciamo, tra l’altro, il significato di non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani (almeno non finché si è sicuri di aver igienizzato queste ultime), proprio perché occhi, naso e bocca sono i principali punti d’ingresso al nostro organismo. In assenza di sapone esistono gel igienizzanti o soluzioni idroalcoliche, riproducibili anche a casa mescolando secondo proporzioni acqua ossigenata, alcool etilico, glicerolo e acqua distillata; essenziale è che nel prodotto finale la quantità di base alcolica presente sia almeno il 60-70% del totale, altrimenti l’azione mortale sui germi non avrebbe effetto.

    Coprirsi bocca e naso quando si starnutisce o tossisce con fazzoletti monouso o usando la piega del gomito.
    Questa è un’abitudine da acquisire a monte per due motivi: sgravare le mani da un po’ del peso di eventuali batteri e virus che fuoriescono da noi stessi e bloccare la gittata del colpo di tosse o dello starnuto. In questo caso la prevenzione è a favore degli altri: ci auto-limitiamo un’azione potenzialmente contagiosa. Non possiamo mai essere sicuri al 100% di non portare infezioni, data anche la possibilità di vivere malattie in via asintomatica, perciò è bene non sottovalutare neanche un colpo di tosse isolato; d’altronde, a nessuno piace ricevere tosse o starnuti in pieno volto, si tratta anche di una questione di buona educazione.

    Pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol introduce il problema della sopravvivenza di un virus sulle superfici di oggetti e stanze.
    La capacità di una cellula virale di resistere staccata da un organismo in cui riprodursi è variabile, dipende dalla sua genetica e può tranquillamente cambiare con le evoluzioni che la cellula virale stessa subisce. L’attenzione dal punto di vista umano, di conseguenza, deve vertere sulla pulizia delle superfici che le nostre mani toccano: vanno bene disinfettanti anche a base di cloro, che deve essere diluito allo 0.1% (o fino allo 0.5% nel caso di servizi igienici) per poter contemporaneamente uccidere i germi e non provocare irritazioni all’apparato respiratorio in chi sta disinfettando. In casa propria la discrezione è certamente personale, basta controllare l’etichetta dei prodotti che si usano, oppure comprare candeggina o varechina e diluirla con acqua nella giusta misura.

    Norme relative al CONTATTO

    Evitare strette di mano e abbracci insieme a mantenere la distanza di almeno un metro nei contatti interpersonali sono le due misure straordinarie direttamente conseguenti a quelle del gruppo igiene.
    Puntano a far diminuire ancora di più la probabilità di contagio tra persone che non provengono dallo stesso ambiente, che non condividono solitamente spazi e abitudini e che di conseguenza non possono essere totalmente sicuri di risultare innocue l’una per l’altra. Avvicinare i volti in un abbraccio e stringere mani per salutare sono le due azioni di contatto più comuni di sempre, soprattutto per la cultura occidentale, eppure, purtroppo, sono i primi veicoli di contagio interpersonale e vanno limitati il più possibile in casi emergenziali. La distanza di almeno un metro è la pratica che dovrebbe impedire ad un mio colpo di tosse potenzialmente infetto di raggiungere l’altro vicino a me, è “un di più” rispetto al coprirsi il volto che però va rispettato in casi eccezionali. Prassi e buon senso ci fanno capire che sono misure di difficile adozione nella vita normale, gesti di riconoscimento fisico dell’altro e la vicinanza prossemica rientrano di diritto nella sfera sociale e umana di una persona, in pochi si augurano davvero che queste diventino regole fisse (la maggior parte di noi, anzi, tende a dimenticarsene facilmente); possono però essere uno spunto di riflessione per ognuno di noi: quanto riesco a resistere per la mia salute e quella degli altri? Posso cambiare qualcosa delle mie abitudini per aiutare la causa?

    Norme relative al ABITUDINI E COMPORTAMENTI

    Cominciamo dalla più semplice: evitare l’uso promiscuo di  bottiglie e bicchieri, in particolare durante l’attività sportiva.
    C’è poco da aggiungere, significa semplicemente che è consigliabile non condividere bicchieri con altre persone, tanto meno una bottiglia, neanche quando si tratta di un gesto amichevole, sarebbe un contatto indiretto tra due persone potenzialmente infette, rischioso tanto quanto il contatto diretto; meglio avere a disposizione un pacco di bicchieri in materiale biodegradabile in più, nel caso.

    Evitare luoghi affollati è la traduzione istituzionale di “non accalcarsi in un luogo” ed è anche la norma che ha portato con sé i problemi maggiori, tra gli altri, per il mondo dell’intrattenimento (cinema, teatri, locali da concerto) e per gli esercizi commerciali di vario genere.
    Meno persone nello stesso luogo è uguale a meno probabilità di diffusione del virus; come fare, però, a controllare il flusso? Come dividere la responsabilità tra chi usufruisce del servizio commerciale e chi lo esercita? Al singolo sta il buon senso di non aumentare il numero di persone già eventualmente presenti in un luogo, al commerciante sta il rigore nel far rispettare le regole dettagliate sul distanziamento sociale. Eppure, fin quando è possibile tenere un regime del genere?

    L’ultima norma è discussa tanto quanto il lavaggio delle mani, ovvero usare il più possibile la mascherina in qualsiasi occasione di incontro sociale, come ulteriore misura di prevenzione individuale.
    Dal punto di vista di una persona normale che decide di utilizzare una mascherina chirurgica – un discorso a parte va fatto per chi lavora in campo sanitario, che deve avere a disposizione mascherine filtranti (FFP) – il fattore prevenzione sta nel fatto che il respiro, e la conseguente emissione di droplet potenzialmente infetto, viene bloccato dal tessuto della mascherina, così diminuisce ancora di più la possibilità di contagiare, o di essere contagiati, e si fornisce una difesa alle proprie vie aeree. Anche questa, come per le misure relative al contatto, è una pratica non quotidiana, ovvero utile nel momento in cui una persona sa di essere malata e vuole proteggere come può chi le sta intorno, oppure quando ci si trova in una situazione in cui si sa che la circolazione di un virus è alta, come con il COVID-19 ma non solo. In entrambi i casi, indossare la mascherina senza coprire anche il naso o abbassarla ogni volta che ci si ferma a parlare con qualcuno equivale praticamente a non indossarla.

    Prevenire malattie infettive, il controllo della persona

    Alcuni di noi, probabilmente, già conoscevano e praticavano parte delle norme che abbiamo approfondito da prima dell’avvento del Coronavirus, altri forse no e hanno dovuto mettersi al passo il prima possibile. La maggior parte delle indicazioni igienico-sanitarie contenute nella lista non sono utili solo durante una pandemia, sono pratiche che, una volta fatte nostre, ci aiutano a proteggerci da qualsiasi tipo di virus, che sia questo un’influenza stagionale, una gastroenterite fino, in extremis, anche ai virus a trasmissione sessuale, se pensiamo all’importanza dell’igiene personale. Ancora, non assumere farmaci non prescritti, oppure non intasare il pronto soccorso passando prima attraverso il  medico generale sono altri due esempi di come possiamo aiutare noi stessi a stare bene senza aggiungere inutile carico di lavoro o pericolo ad altri.

    La risposta fondamentale alla domanda “Cosa ci ha insegnato il Coronavirus” sta proprio nel fatto che abbiamo imparato a controllare una piccola porzione del caos che ci circonda e possiamo farlo semplicemente esercitando consapevolezza e responsabilità, ognuno in quantità proporzionata alla funzione che ricopre nella società e al momento storico che vive. Non siamo vittime indifese o supereroi, siamo persone che possono collaborare il più possibile l’uno con l’altro, alle volte anche esercitando un po’ di pedanteria per ricordare a qualcuno di lavarsi le mani o coprirsi mentre tossisce una volta in più.

    Fonti

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