Palestre: un anno in lockdown

Un'inchiesta per scoprire le cause e le ripercussioni delle palestre chiuse che adesso rischiano di fallire

palestre chiuse

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    È passato esattamente un anno da quando le palestre e in generale tutti i centri sportivi, le piscine e le scuole di danza, hanno chiuso i battenti a causa dei numerosi contagi che agli inizi di Marzo 2020 avevano dato un primo campanello d’allarme di quello che poi è stato il lockdown.
    Inizialmente le prime palestre che hanno dovuto chiudere sono state quelle della regione Lombardia, fulcro della prima ondata, a seguire i centri di tutte le altre regioni italiane.
    In poco tempo le luci di molte attività commerciali, dei ristoranti, dei cinema e teatri e di tutti i centri sportivi si sono spente per cercare di arginare una pandemia che tuttora imperversa nel nostro paese. Ma se molti di questi sopracitati hanno avuto la possibilità di riaprire, eccezion fatta per cinema e teatri, adottando norme di prevenzione igienico sanitarie prontamente stabilite dalle istituzioni, nel caso dei centri sportivi e soprattutto delle palestre la questione si è fatta decisamente più complicata.
    Infatti a seguito dei primi, più difficili, tre mesi di chiusura, le palestre hanno visto la luce di una prima riapertura solo a fine Maggio 2020, quando, lo sanno gli addetti ai lavori come il pubblico comune, l’attenzione di una bella fetta di pubblico intenzionata a rimettersi in forma nell’occasione della bella stagione, è già persa. Senza considerare questo fatto, la maggior parte dei gestori ha dovuto affrontare costi non indifferenti per la messa in sicurezza dei propri centri, quando già le poche risorse economiche scarseggiavano.
    Contingentamento, misurazione della temperatura, distanza in sala attrezzi e in sala corsi, divieto di usare spogliatoi e docce, costante sanificazione degli strumenti e degli spazi, tempi limitati di permanenza per ogni cliente.
    Queste misure preventive, unite al clima di paura, di incertezze che, oramai respiriamo già da un po’, non hanno permesso di tornare alla normalità e hanno causato una grossa perdita economica per tutte le palestre d’Italia.
    L’abbassamento dei contagi estivo poi non ha comunque aiutato poiché la maggior parte dei frequentanti ha preferito l’attività all’aperto o semplicemente ha smesso di frequentare per andare in vacanza.
    Qualche speranza era ancora viva a Settembre 2020 ma il mese successivo tutte le palestre, sottoposte a controlli accurati da parte delle forze dell’ordine, sono state chiuse nuovamente e a tutt’oggi non è chiaro quando riapriranno.
    Per fare chiarezza su una questione tanto articolata e irrisolta ho ascoltato e riunito i pareri di alcuni professionisti del settore.

    Bisogna chiarire innanzitutto il fatto che lo sport è variegato e si svolge in molteplici luoghi, non solo nelle palestre. Infatti gli impianti sportivi in Italia sono circa 148 mila e includono: palestre, piscine, campi sportivi (calcio, tennis, calcetto, bocce), impianti polivalenti e piste per l’atletica leggera. Questo per dire che le palestre rappresentano una fetta dello sport che conta circa 5mila club in Italia.
    Inoltre essendo quello delle palestre un ambiente frammentato e costellato da molte tipologie di forme societarie ( ASD, SSD, SPA, SSDARL ) ho contattato alcune delle associazioni che fanno capo e danno voce sia ai centri sportivi in toto sia nello specifico alle palestre.

    ANIF, Associazione Impianti Sport e Fitness, nasce nel 1996 grazie alla partecipazione di un gruppo di imprenditori sportivi sostenendo e rappresentando da sempre il settore Wellness, fitness e della salute nei confronti delle Istituzioni e della società.
    Il suo Presidente, Giampaolo Duregon, raccontandomi della sua associazione e degli sforzi fatti finora per raggiungere una quota di 650 associati si è detto molto preoccupato riguardo la situazione economica delle palestre e in generale del mondo sportivo:

    “È da Marzo 2020 che i centri sportivi sono considerati come categoria a rischio di assembramento al pari di altre attività quali le discoteche, gli ambienti fieristici, teatri e cinema. I centri sportivi, intendo centri polivalenti composti da palestre, piscine e campi sportivi, sono chiusi ormai da un anno. Nella fattispecie le palestre sono le attività che ne hanno risentito di più, come anche le piscine, chiuse per tre mesi a primavera poiché dopo tutti i protocolli di riapertura, che sono stati fatti anche dalla nostra associazione e dopo aver investito molti soldi per dare sicurezza e creare sicurezza, hanno dovuto chiudere nuovamente. Il protocollo severo, controllo temperatura, mascherine e distanziamento ha significato contingentare sempre di più gli ingressi e lavorare alla metà rispetto al normale.
    Quindi nel momento della riapertura, Giugno 2020, le palestre hanno ricominciato a lavorare ma con un flusso inferiore al 50%.
    A questo poi si aggiunge una nuova chiusura del 25 Ottobre 2020 e si aggiungono altri mesi di chiusura. Sommando i mesi di chiusura sono otto e quindi il flusso economico è pari a zero e altri cinque mesi aperti con flusso economico equivalente alla metà del solito.”

    Qual è la perdita economica?

    “La perdita economica, a livello globale, è pari a più di 10 miliardi di euro, questo è il danno economico che hanno subito i 100mila centri sportivi e alle palestre è andata anche peggio; Il settore infatti in questa situazione ha dovuto lasciare a casa un milione di persone.”

    Alla base della decisione delle chiusure di molti luoghi considerati a rischio assembramento c’è la decisione del CTS ( Comitato Tecnico Scientifico) istituito il 5 Febbraio 2020 con competenza di consulenza e supporto alle attività di coordinamento per il superamento dell’emergenza Covid 19.
    A tal proposito ho chiesto al Presidente Duregon cosa ne pensasse:

    “Riteniamo di non essere pericolosi per la diffusione del contagio per molti, ragionevoli motivi: innanzitutto perché usiamo tutte le attenzioni che ci sono state richieste, infatti chi frequenta un centro sportivo ha una propensione e una massima attenzione alla salute e si protegge dentro e fuori dal centro sportivo e infine perché osservando la distanza si è in totale sicurezza. Per questi motivi chiediamo continuamente di riaprire, lo stiamo direttamente chiedendo all’unico interlocutore che abbiamo al momento. Ovvero il presidente del consiglio Mario Draghi. Infatti in questo momento lo sport è di competenza del Presidente Draghi fino a quando l’incarico non sarà affidato ad un sottosegretario.* Quindi aspettiamo che ci sia una delega allo sport per convincere chi di competenza alla riapertura, perlomeno quando saranno riaperti cinema e teatri, il 27 di Marzo.
    Già di per sé i centri sportivi sono un presidio alla salute e le malattie cardiache, respiratorie e il diabete, che in Italia purtroppo producono 350 mila morti l’anno e spesso sono curate, a livello preventivo ovviamente, con l’esercizio fisico.
    Purtroppo, considerando la situazione al momento, prevediamo che circa 10/15mila centri sportivi su tutto il territorio italiano non riapriranno più.”

    Ma dove sono i dati dell’incidenza di contagio da Covid nell’ambito delle palestre?

    L’ho chiesto anche ad Andrea Pambianchi, presidente di CIWAS ( Confederazione Italiana Wellness e Attività Sportive) confederazione che nasce proprio durante il primo lockdown ma che, già dal 2017, vanta una rete di imprese. Il suo obiettivo è quello di tutelare, far crescere e proteggere il settore del wellness, delle attività sportive e della salute in un momento in cui sono particolarmente deboli a causa della divisione che ha contraddistinto per anni le realtà sportive d’Italia.

    “La risposta alla questione è semplice: i dati del CTS non ci sono. Non si capisce ancora sulla base di quali considerazioni abbiano preso la decisione di farci chiudere. I controlli effettuati ad Ottobre 2020, svolti fra l’altro per controllare se ogni centro rispettasse le norme di sicurezza anti-covid, sono tutti andati bene.
    Le palestre si erano già adattate alle norme igienico sanitarie, come le piscine che erano già abituate a controllare lo standard del ph, oppure a contingentare gli ingressi con il tornello.
    Erano e potrebbero essere i posti più tracciati. Inoltre sono state chiuse talmente tanto tempo che tutti i centri sportivi non hanno minimamente influito sull’andamento dei contagi, né in positivo, né in negativo.
    Le attività di palestre, piscine, centri sportivi e scuole di danza, sono strettamente legate alla salute e alla prevenzione.”

    Ad oggi le palestre che chiudono definitivamente quante sono?

    “Le palestre già a Novembre e Dicembre avevano cominciato a vendere attrezzature online per cercare di salvare il salvabile e avere un po’ di liquidità per pagare l’affitto ed evitare lo sfratto. Le palestre sono in zona rossa dal 9 Marzo 2020 sostanzialmente, se non per un breve periodo di pochi mesi, e adesso si può dire che dopo un anno dal primo lockdown le palestre in chiusura saranno il 30% in Italia. Tutto questo ha causato e causerà povertà, disoccupazione, sedentarietà, facendo perdere il business principale di tante famiglie che poi tra l’altro sono anche difficilmente ricollocabili in altri settori.”

    Ci sono palestre però che in questo periodo sono riuscite a sopravvivere sfruttando l’online?

    “Sfruttare l’online è difficile, non è un business valido. Oltretutto in questo periodo molte palestre non possono far pagare per le lezioni online poiché c’è tutta la questione degli abbonamenti sospesi, o ancora attivi, magari qualcuno lo sta facendo a pagamento ma per pochi euro a lezione che certo non coprono le spese di un centro chiuso da un anno.
    Un futuro dell’online della palestra ci sarà sicuramente, ma non rappresenterà una fonte di guadagno accettabile.”

    Che tipo di aiuto è arrivato alle società sportive in questo ultimo anno?

    “Al momento non sappiamo che tipo di sostegno verrà dato in seguito alla formazione del nuovo governo. Prima della crisi di governo però il decreto ristori è stato assolutamente mal calcolato: non tenevano cioè conto dell’incasso istituzionale.
    Palestre e piscine hanno infatti due tipologie di incassi, quelli istituzionali che sono gli abbonamenti (il 95% dell’incasso) e poi ci sono gli incassi commerciali ( Gadget, bibite, e altri tipi di servizi). Alcuni sostegni sono stati calcolati sulla base dell’incasso commerciale e quindi assolutamente insufficienti. Il Fondo perduto invece è un aiuto che va ad appianare la voragine degli incassi istituzionali, però non ha raggiunto tutte le attività. ”

    Quanto ha influito e quanto influirà il clima creatosi intorno alle palestre nel momento della riapertura?

    “Questo lo abbiamo già sperimentato a Settembre quando è rientrato solo il 30% dei clienti.
    C’è stata una riduzione del bacino d’utenza inquietante. Purtroppo chi non è un frequentatore di palestre assiduo e non sa il lavoro che c’è dietro la messa in sicurezza di una semplice sala attrezzi, giustamente si spaventa e procede con molta cautela prima di rimettere piede in un luogo che è stato chiuso dalle istituzioni per mesi.”

    Per questo, secondo la sua opinione, in un piano di ripartenza quale sarebbe la mossa giusta da parte delle istituzioni per far ripartire il settore?

    “Innanzitutto sarebbe necessario bloccare gli affitti e prevedere dei sostegni calcolati in maniera corretta, stabilire inoltre delle detrazioni per chi decide di frequentare assiduamente la palestra e una campagna di comunicazione sull’importanza, a livello di salute, di fare attività fisica.”

    “In questo momento la cosa più importante è creare un tavolo permanente di dialogo con le istituzioni perché c’è veramente il rischio che un settore intero venga spazzato via.”

    Dal Nord al Sud Italia tutte le palestre e genericamente i centri sportivi sono stati colpiti dalla difficoltà di questo momento storico, per questo ho contattato più imprenditori del settore per capire quanto questa situazione di chiusura abbia inciso sulle loro attività.
    A Milano le palestre e i centri sportivi hanno chiuso anche prima, Livio Leardi, proprietario di 10 centri fitness “Get Fit”, ha visto la chiusura di tutti i club il 24 Febbraio 2020. Prima del lockdown le sue palestre contavano circa 35 mila iscritti e davano lavoro a più di 700 collaboratori.
    “Ipotizzo, con un 5% di margine di errore, che in tutto l’arco di tempo in cui siamo stati chiusi la perdita di fatturato, subita dai miei centri, sino ad oggi sia di circa 18 milioni di euro. Dopo il primo lockdown saranno rientrati circa un 60% dei clienti che avevamo prima ma ad Ottobre il clima è cambiato e per la paura del virus, instillata dall’aumento dei casi, la frequentazione era già diminuita moltissimo. C’è stata una comunicazione errata, come se fossimo un centro di contagio quando in realtà abbiamo adottato tutti i protocolli che ci sono stati chiesti, rendendo i nostri ambienti sicuri e soprattutto sempre sanificati a dovere. Vero è che nei miei centri possono entrare 1000 persone al giorno, però siamo aperti dalle 6:30 fino alle 23.00 di sera, facendo entrare 100 persone ogni ora su superfici di 3/4mila metri quadrati, sta di fatto che offriamo ambienti ampi per tutti. In più con i tornelli e tramite controlli incrociati dei gestionali, siamo in grado di tracciare chiunque entri in palestra monitorare sia l’orario della frequenza sia le persone con cui il cliente entra in contatto”.

    In Toscana invece, come nel resto dell’Italia, i centri sportivi hanno chiuso il 9 Marzo 2020, nonostante ciò la situazione non cambia e la voragine economica in cui sono state trascinate le palestre è indefinibile, anche per imprenditori minori come Tommaso Bertaccini, proprietario della palestra “Athletic Club” a Scandicci (FI), che conta circa 500 iscritti.
    “Riaprire in un momento come questo, se riapriremo ad Aprile o a Maggio, in cui magari saremo zona gialla, sarà comunque un bagno di sangue: riapriremo con il personale ridotto all’osso, visto che non puoi dare uno stipendio pieno a tutto il personale in un momento simile e con molti clienti in meno, sarà comunque un salasso economico. Parlo soprattutto delle palestre indoor come la mia, che non hanno la possibilità di condurre lezioni all’aperto.
    Ogni mese la situazione va peggiorando, anche perché quando riapriremo non avremo modo di avere nuovi incassi con le iscrizioni, ma anzi i clienti vorranno recuperare i mesi persi durante l’ennesima chiusura.”

    Allo stesso modo Nicola Andreini, proprietario della palestra femminile “Solo Lei” a Pistoia afferma di lavorare da 28 anni nel settore del Fitness e di non aver mai vissuto una crisi del settore così ampia.
    “La prima crisi l’abbiamo sentita nel 2008 ma solo a livello di contrazione della spesa, non si trattava della demolizione di un settore intero. Adesso stiamo cercando di sopravvivere, nessuno è andato in piazza, nessuno ha cercato di ribaltare la situazione, abbiamo accettato i ristori che altro non sono che una minima parte di quello che abbiamo perso, al contrario servirebbe un indennizzo, o meglio un risarcimento.”

    Germano Bondì, vice-presidente ANIF e presidente ANIF della regione Sicilia, gestisce impianti indoor e outdoor . La sua attività, arrivata oggi ad una perdita di fatturato di circa un milione di euro, comprendeva lo svolgimento di varie discipline, dove si alternavano tutte le fasce di età.
    “Se consideriamo quanto è importante lo sport nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza, così come la scuola, vedremo che tutto questo avrà un impatto psico-fisico devastante. Quello che succederà, dopo aver tolto la socialità e lo sport ai giovani sarà un aumento catastrofico delle patologie psicologiche ed un aumento esponenziale dell’obesità infantile, dettato anche ovviamente, dall’alimentazione scorretta. Inoltre tenere una popolazione totalmente inattiva non agevolerà di certo la diminuzione del contagio. Questo comparto è stato, a torto, maggiormente intaccato perché ci hanno messo nelle condizione di riaprire a maggio 2020 e ci hanno costretto a chiudere dopo pochi mesi, prima di tutti gli altri, senza alcuna analisi reale di quella che era la situazione epidemiologica.
    Come Anif Sicilia sono all’interno del tavolo tecnico presso l’assessorato allo Sport della regione Sicilia, dove abbiamo presentato un disegno di legge al parlamento regionale, essendo a statuto speciale, per le “Palestre della salute”. Per noi è importante che quantomeno la regione riconosca le strutture sportive con determinati requisiti un’attività essenziale per la salute. In caso passasse il disegno di legge entreremo finalmente nei LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza).”

    I Livelli essenziali di assistenza sono le prestazioni, i servizi e le attività, che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini gratuitamente o tramite un ticket con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale. Effettivamente questo sarebbe un grande passo per i centri sportivi, ribaltando la loro posizione considerata quasi all’ultimo livello di assistenzialità sanitaria.

    Anche Francesco Salvini, general manager e personal trainer della palestra “Passa l’Acqua” a Fano, conferma che l’obiettivo di qualsiasi centro sportivo è quello di curare la salute dei propri clienti:
    “Nella mia palestra il target è quello di persone che non sono mai state in palestra o non sono mai state costanti, quindi sono quei soggetti che altrimenti diventerebbero obesi, oppure lo sono già e prendono molti farmaci, o persone che soffrono di problemi articolari molto seri. Queste persone ora ricadono sulla sanità pubblica, in un periodo già martoriato, cosa che non succedeva quando ci era permesso di fare attività di prevenzione e talvolta con l’allenamento, addirittura di alleviare i sintomi di alcune patologie. Andavamo ad aiutare tante persone, innalzando le loro difese immunitarie. Potremmo e vorremmo ancora fare del bene con tutte le dovute accortezze, che non ci siamo mai rifiutati di prendere.”

    Per dare maggiore importanza a quanto detto finora sul ruolo che hanno lo sport e l’attività fisica nelle nostre viste ho contattato Lodovica Perina, psicologa clinica, che mi ha dimostrato quanto, psicologicamente, l’assenza dello sport sia stata cruciale in un periodo di sedentarietà come quello che tuttora stiamo vivendo:
    “Dall’inizio della pandemia sono aumentati tanto i disturbi d’ansia, connessi anche ai disturbi del sonno ed è aumentato il numero di persone affette da patologie del disturbo dell’alimentazione. Sicuramente la mancanza di attività fisica ha portato solo effetti negativi perché ha rotto una routine nella vita delle persone e come succede sempre, rompendo una serie di abitudini quotidiane, si va a creare del disagio e uno scompenso sulla gestione della giornata.”

    Sui giovani quanto ha influito la chiusura di molti centri sportivi e in generale la mancanza di un luogo di svago?

    “Sui giovani ha influito moltissimo, perché non potersi più allenare insieme, da un punto di vista di relazioni sociali, ha dettato un taglio su quello che è un contesto fondamentale nella crescita e nello sviluppo del bambino e dell’adolescente.
    Per quanto riguarda l’aspetto legato al benessere fisico, che comporta l’attività sportiva, ovviamente la mancanza di un qualsiasi centro sportivo aperto e la possibilità di poter fare solo lezioni online, poco frequentate perché demotivanti, sta portando a livelli alti di sedentarietà che si ripercuoteranno sul fisico e sulla salute di tutte le persone.
    Lo stop all’attività fisica porterà al peggioramento soprattutto delle condizioni di persone affette da patologie pregresse ed è sicuramente una rottura di un ritmo che porterà successivamente a dei danni.”

    Quanto è importante la palestra come LUOGO, deputato non solo al benessere e alla salute, ma anche come spazio in cui potersi sfogare e allontanare dall’ambiente familiare?

    “È importantissimo, se si pensa anche soltanto quanto è importante per una persona cambiare luogo durante la giornata: prima c’era il luogo del lavoro, quello della famiglia, c’era lo spazio in cui allenarsi e quello dell’aperitivo con gli amici. Adesso tutti i nostri spazi si sono fondamentalmente ridotti ad una casa, che per quanto possa essere grande, con il giardino e con molti vani, è un solo spazio in cui tutto si concentra. Infatti una buona regola per vivere meglio questo periodo sarebbe quella di dividere, quanto e se possibile, gli spazi della casa a seconda delle nostre attività.”

    Quanto è importante anche nella fascia dei più anziani l’attività fisica?

    “Anche per l’anziano la palestra è molto importante soprattutto se si soffre di malattie reumatiche, patologie cardiache o legate al sistema scheletrico, sicuramente le palestre favorivano il benessere anche di questa fascia d’età. Inoltre a livello psicologico l’anziano si sentiva più sicuro e più in salute oltre che socialmente parlando, come per i bambini, più connesso con gli altri. Adesso senza palestre e senza centri di aggregazione, l’isolamento si ripercuote sul loro mondo e sulla loro quotidianità, facendoli sentire più soli e con l’aggravante che la maggior parte di loro non è ferrato come noi nella tecnologia forse sono quelli che stanno soffrendo ancor di più la solitudine.
    Nell’anziano aumenta infatti più la depressione piuttosto che i disturbi d’ansia come nelle altre fasce d’età.”

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