L’anticorpo monoclonale che blocca le metastasi ossee

Un'équipe internazionale porta a casa risultati sorprendenti nella lotta contro il tumore al seno

nuove scoperte prevenzione cancro seno

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    A inizio gennaio la pubblicazione su Oncogene, una sezione di Nature, nota rivista scientifica. Lo studio sull’anticorpo monoclonale che arresta le metastasi ossee originate dal tumore al seno porta la firma di un team internazionale formato da Francesco Pantano, del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, un’équipe dell’Inserm di Lione, una dell’Institut Curie di Parigi e una dell’Università di Amburgo.

    I progressi degli ultimi anni

    Sono state circa 55.000 le persone colpite dal tumore alla mammella nel 2020 in Italia. Nonostante la mortalità per questo tipo di cancro sia in calo (-0,8% ogni anno) e la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi abbia raggiunto l’87%, sono ancora circa 12.300 i decessi annui secondo le stime dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica).

    Negli ultimi, la lotta ai tumori ha fatto progressi considerevoli, specialmente riguardo agli screening, alla diagnosi precoce e ai trattamenti adiuvanti. Purtroppo però il tumore al seno non è sempre curabile, soprattutto nei casi più aggressivi e in stadio avanzato.

    Le metastasi all’apparato scheletrico possono, infatti, comparire anche dopo anni dal termine della terapia: questo perché trattamenti chirurgici andati a buon fine non evitano del tutto le recidive della malattia. Ecco perché ostacolare la metastatizzazione ossea contribuirebbe a ridurre l’intensità del dolore e a migliorare l’aspettativa di vita.

    I risultati dello studio

    Integrin alpha5 in human breast cancer is a mediator of bone metastasis and a therapeutic target for the treatment of osteolytic lesions è lo studio in open access, consultabile online gratuitamente, a cui si deve la scoperta di un anticorpo monoclonale che blocca i processi di metastatizzazione ossea derivati dal cancro al seno. I sorprendenti risultati della ricerca aprono la strada a nuovi trattamenti terapeutici senza precedenti.

    Con uno screening esteso sul genoma di pazienti affetti da tumore della mammella, il team di ricerca è riuscito a capire che la proteina integrina alfa 5 (ITGA5) è uno dei principali responsabili della metastatizzazione ossea che può provocare recidive anche dopo anni dalla fine delle terapie. L’integrina alfa 5 è l’ancora con cui la cellula tumorale si lega alla fibronectina, presente in alta percentuale nel microambiente osseo. Lo studio dimostra che il silenziamento dell’ITGA5 riduce la sopravvivenza delle cellule tumorali. Questo spiega, almeno in parte, perché alti livelli di ITGA5 nei tumori in fase iniziale determinano la comparsa di future metastasi ossee.

    Volociximab: l’anticorpo monoclonale

    Approdato a questa constatazione, il team di ricerca ha sperimentato il blocco dei processi recidivanti utilizzando Volociximab, l’anticorpo monoclonale noto come M200 oggetto di studio, prima su modelli in vitro, poi in vivo nei laboratori di Oncologia Traslazionale dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e dell’Inserm di Lione.

    È proprio nel primo step dello sviluppo metastatico che interviene questo anticorpo monoclonale. Volocixamab, già clinicamente testato e non tossico, si intromette fra le due molecole, l’integrina alfa 5 e la fibronectina, arrestando il processo di metastatizzazione. Lo stesso anticorpo monoclonale, in passato era stato oggetto di studio (in vano) come farmaco anti-angiogenico per inibire gli effetti della crescita tumorale provocati proprio dall’integrina alfa 5.

    Perché questo studio è un grande passo in avanti?

    Il cancro al seno può essere trattato con successo quando la malattia viene diagnosticata precocemente, ma la sopravvivenza del paziente diminuisce notevolmente una volta iniziata la diffusione metastatica. Per questo, la prognosi per i pazienti con metastasi ossee è generalmente infausta e accompagnata da complicanze scheletriche (fratture patologiche, dolore osseo, disabilità).

    Diversi studi hanno sottolineato che la disseminazione delle cellule tumorali fino al midollo osseo è un evento metastatico precoce e rappresenta un fattore prognostico di un esito clinico poco incoraggiante. Il midollo osseo funge da serbatoio in cui le cellule tumorali disseminate potrebbero sopravvivere in fase dormiente per lunghi periodi di tempo fino a quando le condizioni ambientali non sono sufficientemente adatte per la loro proliferazione. I meccanismi molecolari che regolano la metastatizzazione da parte delle cellule legate al tumore al seno sono, tuttavia, ancora da indagare.

    Grazie a questo sorprendente studio, la ricerca è riuscita a mettere in luce in modo ancora più accentuato quanto ogni forma tumorale abbia un comportamento specifico e aggredisca secondo strategie diverse. L’obiettivo che la ricerca si prefigge adesso è continuare ad analizzare da vicino i meccanismi biologici alla base di ogni cancro per curare i pazienti con trattamenti sempre più mirati.

    Per approfondire le ultime scoperte legate alla lotta contro il cancro al seno puoi leggere Nori: nuova diagnostica in 3D per curarsi e guarire dal tumore al seno e Linfonodo sentinella, alleato nella lotta del tumore al seno: intervista al Dottor Luini.

    Fonti

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