Linfonodo sentinella, alleato nella lotta del tumore al seno: intervista al Dottor Luini

Prendersi cura dell’organo femminile per antonomasia, la mammella, appunto, è la missione di Alberto Luini, chirurgo allo Ieo (Istituto Europeo di Oncologia), tra i massimi esperti italiani e internazionali.

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    A breve uscirà il suo nuovo libro “Conosci il tuo seno”, scritto per Mondadori insieme a Giovanna Gatti Luini e Francesca Morelli, perché prendersi cura dell’organo femminile per antonomasia, la mammella, appunto, è la missione di Alberto Luini, chirurgo allo IEO (Istituto Europeo di Oncologia), tra i massimi esperti italiani e internazionali.

    Ma chi è, in poche parole, il Dottor Luini?
    Senior Consultant di Senologia Chirurgica all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, a Luini si deve l’ideazione, insieme a Giovanni Paganelli, della metodica ROLL per l’individuazione delle lesioni mammarie non palpabili, ora usata in tutto il mondo. È anche co-ideatore del team multidisciplinare del “nipple sparing mastectomy”, ovvero una mastectomia sottocutanea con tecnica modificata che, in condizioni di sicurezza, conserva il complesso areola-capezzolo, e della radioterapia intraoperatoria con elettroni (ELIOT) nel carcinoma al seno. Ha partecipato in prima persona a tutti gli studi clinici sulla chirurgia conservativa della mammella e ha alcuni insegnamenti universitari e di alta formazione sul territorio italiano. È un divulgatore appassionato: il suo prossimo libro “Conosci il tuo seno” (Mondadori) uscirà a gennaio 2021.

    Professor Luini, la tecnica del linfonodo sentinella è una procedura che consente di sapere, con un esame poco invasivo, se il tumore originato nel seno ha iniziato a diffondersi ad altri organi?

    Il tumore può raggiungere altri organi attraverso la via del sangue oppure attraverso la via linfatica: il linfonodo sentinella è il primo linfonodo che riceve la linfa dalla zona dove si è sviluppato il tumore primitivo, quindi il suo stato è un buon indice della probabilità di diffusione linfatica. Non ci dice nulla, però, sulla via del sangue.

    Secondo Lei, è una procedura sicura e attendibile? 

    Si è dimostrato utile e sicuro sia in termini di attendibilità sia dal punto di vista del rischio di effetti collaterali della procedura. È una tecnica che funge da indicatore, ci aiuta a intuire lo stadio di progressione della malattia e a prescrive le eventuali cure farmacologiche.

    Cosa ha cambiato la sua scoperta e come ci si muoveva prima dell’avvento del linfonodo sentinella? 

    In precedenza l’intervento consisteva in una dissezione ascellare completa, cioè nella rimozione di tutti i linfonodi dell’ascella. Usare la tecnica della biopsia del linfonodo sentinella ha ridotto molto l’ampiezza della chirurgia, quindi l’impatto per la paziente è decisamente inferiore: meno fastidi, rischio quasi azzerato di gonfiore e di parestesie (cioè sensazioni sgradevoli) sotto l’ascella e nel braccio. Quando riduciamo in modo efficace l’ampiezza di un intervento e lo rendiamo conservativo (come abbiamo fatto con la quadrantectomia) otteniamo una cura precisa ma meno pesante per la qualità della vita dei pazienti.

    Il sistema linfatico è un sistema di drenaggio diffuso in tutto l’organismo che raccoglie i fluidi presenti nei tessuti e li cede al sistema circolatorio. Cosa accade quando viene colpito dalla malattia? 

    Esistono malattie primitive del sistema linfatico e malattie che lo interessano in quanto sistema di conduzione e raccolta della linfa, e non alludo solo a malattie tumorali. È chiaro che trattandosi di un sistema diffuso in tutto il corpo rappresenti una delle principali vie di diffusione di qualunque malattia o agente infettante, però possiamo anche considerarlo una delle fondamentali vie di cura: così come trasporta nel corpo la malattia, ugualmente sa trasportare i farmaci e le cure.

    I linfonodi costituiscono delle stazioni lungo questa lunga rete e svolgono un importante ruolo nel funzionamento del sistema immunitario?

    Sì, i linfonodi sono stazioni sulla via linfatica: le cellule del sistema immunitario maturano o risiedono (in parte) lì, e sono il baluardo contro le infezioni e le aggressioni patologiche al corpo fisico in generale. La risposta immunitaria a qualunque disturbo coinvolge molto anche i linfonodi, che infatti a volte si gonfiano per indicare un processo infiammatorio, infettivo oppure tumorale in atto.

    L’ascella rappresenta, quindi, uno degli snodi cruciali di questa rete: vi sono presenti diversi raggruppamenti di linfonodi ed è qui che giungono le vie di drenaggio che partono dal seno…

    Anatomicamente suddividiamo i linfonodi ascellari in tre livelli: primo, secondo, terzo. Il primo livello è quello più vicino all’area mammaria, il terzo il più profondo e lontano, dentro la cavità ascellare. In realtà la suddivisione serve per l’analisi istologica in caso di dissezione ascellare, per comprendere fino a dove sia arrivato un tumore mammario: l’intervento ascellare, oncologicamente corretto, consiste nella sola biopsia del linfonodo sentinella oppure nella dissezione completa di tutti i livelli, non si opera, se non raramente, un solo livello o due.

    In caso di tumore al seno, attraverso queste vie le cellule tumorali possono diffondersi ad altri organi?

    Sì e no. In teoria sì, e lo sappiamo, ma è anche vero che gli studi finora hanno dimostrato che un interessamento dei linfonodi ascellari non necessariamente implica un rischio molto elevato di diffusione a distanza. Consideriamo il coinvolgimento dei linfonodi ascellari un indice predittivo, questo è vero, ma esiste l’ipotesi che l’immunità presente nei linfonodi ascellari contribuisca a frenare il processo metastatico anche quando esistano linfonodi interessati dal tumore. In alcuni casi la biopsia del linfonodo sentinella probabilmente può anche essere evitata: gli studi sono in corso…

    Per fare la biopsia, tuttavia, devono attraversare, uno dopo l’altro, diversi linfonodi. Proprio su questa dinamica si basa la tecnica del linfonodo sentinella: se il primo linfonodo di questa catena (il linfonodo sentinella) non è stato raggiunto dalle cellule tumorali, allora è quasi certo che anche quelli più lontani siano puliti e che il tumore non abbia cominciato a diffondersi. Giusto? 

    È così: il rischio di salto di linfonodo, cioè di coinvolgimento di altri linfonodi se il sentinella è sano, è decisamente basso. Il linfonodo sentinella è davvero attendibile nel predire se gli altri linfonodi siano sani oppure no.

    Disporre di questa informazione consente non solo di impostare al meglio la terapia, ma anche di risparmiare alla donna un intervento con conseguenze potenzialmente serie: lo svuotamento del cavo ascellare, cioè l’asportazione di tutti i linfonodi ascellari…

    La terapia dopo la chirurgia deve essere personalizzata e molto mirata: vogliamo ottenere il massimo dell’efficacia oncologica con il minimo dei fastidi per la donna. Ecco perché lo stato del linfonodo sentinella resta molto importante: ci aiuta a scegliere cure che davvero siano adatte alla singola persona.

    Come si identifica il linfonodo sentinella?

    Si usa una tecnica definita linfoscintigrafia: si inietta sottocute nella mammella una minima quantità di un isotopo debolmente radioattivo che, seguendo la via linfatica della mammella, si blocca nel primo linfonodo ascellare.

    Poi?

    Il linfonodo, così identificato, viene poi rimosso praticando una piccola incisione sull’ascella e sottoposto ad appositi esami… Se non risulta infiltrato da metastasi significa che il tumore è circoscritto al seno o ha appena iniziato a espandersi: non è perciò necessario alcun intervento.

    Nei casi in cui il tumore ha cominciato a diffondersi è, invece, necessario ricorrere allo svuotamento del cavo ascellare. Quanti linfonodi devono essere interessati? 

    Se uno solo dei linfonodi definiti sentinella (possono essere due o tre, a volte quattro) è macroscopicamente positivo, cioè interessato dalla malattia, si esegue una dissezione ascellare completa. Si tolgono quindi tutti i livelli dei linfonodi ascellari.

    La biopsia del linfonodo sentinella può essere eseguita prima dell’intervento o meglio durante l’intervento al seno. In base a cosa si decide? 

    Non posso elencare parametri che entrano nella cura personalizzata (altrimenti non sarebbe personalizzata), però una diagnosi certa di tumore al seno, con conferma anche citologica o istologica, può portare alla decisione di togliere prima il linfonodo sentinella e poi il tumore mammario. Usualmente optiamo, comunque, per un intervento unico.

    Cosa comporta, per una donna, essere svuotata dei linfonodi ascellari? 

    Un rischio maggiore di successivo gonfiore al braccio (linfedema) e parestesia, cioè fastidi, piccoli dolori, sensazioni di prurito, punture, anestesia (sempre al braccio). È un rischio che non si annulla, mai, negli anni successivi all’intervento: è necessario quindi adottare una grande cautela disinfettando subito le piccole ferite alla mano o al braccio, non esponendosi a temperature estreme e non sottoponendo quel braccio a sforzi con pesi eccessivi.

    Tumore al seno, numeri in crescita? 

    Il trend di crescita è in leggero aumento, ma diminuisce la mortalità.

    Cure nuove ne hanno modificato la mortalità? 

    La mortalità è diminuita, progressivamente, grazie all’effetto combinato della diagnosi precoce e delle terapie di eccellenza: ecco perché diffido molto quando qualcuno afferma che ormai le cure sono tutte uguali perché si seguono protocolli. L’eccellenza delle cure è personalizzata e si basa su esperienza lunga e su tanti casi: non è una quesitone di protocolli. In chirurgia, poi, meno che mai: niente protocolli, solo esperienza lunga esclusivamente in senologia chirurgica, possibilmente in un centro di riferimento internazionale. La chirurgia dipende anche dalla capacità del singolo operatore: come si fa a parlare di protocolli?

    Quanto incide il funzionamento o meno del sistema immunitario in queste malattie? 

    Incide, ma in modo complesso: per questo sconsiglio sempre le cure fai da te per rinforzare il sistema immunitario. Non dovremmo mai toccare un sistema che funziona da solo: solo i medici dovrebbero prescrivere eventuali “sostegni”, quando necessari. Il rischio è confondere le idee a un sistema che deve rispondere a stimoli precisi senza esagerare, senza diventare lesivo per il corpo stesso.

    Carattere, determinazione, voglia di lottare e di vincere possono fare la differenza sulla malattia? 

    Consapevolezza soprattutto. Il pensiero non può e non deve essere totalmente immerso nella malattia: la vita è basata su tanti eventi, tante relazioni, tanti stimoli. Essere consapevoli dei problemi significa anche non permettere alla malattia di diventare l’unica realtà, l’unico argomento, l’unico pensiero. Mantenere altri stimoli, passioni, dubbi, problemi contribuisce a non lasciarsi monopolizzare dall’idea del tumore. La cosiddetta voglia di lottare dovrebbe essere la voglia di riprendersi la vita con la sua complessità e la varietà degli aspetti.

    Parliamo di prevenzione. Quando è giusto cominciare a prevenire e come?

    In linea generale, a 30 anni: ecografia mammaria e visita senologica annuali.
    Dai 40 in poi: mammografia, ecografia mammaria e visita senologica. La mammografia ogni due anni oppure ogni anno (dipende dalla situazione), ecografia e visita ogni anno.
    Dai 50 in poi mammografia, ecografia, visita ogni anno.
    Si smette con l’ecografia solo quando sono i radiologi a dirlo: la ghiandola mammaria negli anni viene sostituita da tessuto adiposo e diventa interamente leggibile con la mammografia.

    Un consiglio alle donne? 

    Prevenire e in ogni caso combattere per tornare a stare bene.

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